In Italia le nuove forme di finanziamento delle imprese stanno prendendo piede. Il crowdinvesting – sottoinsieme del crowdfunding, che si realizza quando investitori finanziari diffusi, tramite una piattaforma internet abilitante, rispondono a un appello diretto alla raccolta di risorse per un progetto, in cambio di una remunerazione del capitale – fino al 2012 era un fenomeno inesistente, ma in poco tempo ha preso il volo fino a raggiungere nel 2015 una raccolta di risorse a livello mondiale pari a circa 28 miliardi di dollari. A dare conferma di ciò è il 1° Report italiano sul Crowdinvesting presentato dall’Osservatorio CrowdFunding della School of Management del Politecnico di Milano.
Tale report fornisce una fotografia precisa sulla situazione del settore nel nostro Paese, che consente sia di valutare i primi risultati di scelte di policy che hanno permesso anche in Italia di avviare questa nuova industria, sia di individuare limiti e potenzialità, in un’ottica comparativa rispetto agli altri Paesi.
Nel rapporto si distinguono tre forme di crowdinvesting: l’equity crowdfunding, ossia l’appello indirizzato al pubblico di internet per finanziare progetti offrendo come controparte la sottoscrizione online di quote partecipative del capitale; il lending crowdfunding, ossia l’appello per finanziare online progetti offrendo come controparte il rimborso futuro del capitale e la remunerazione attraverso un tasso di interesse; e infine l’invoice trading, ossia l’appello per finanziare un’impresa tramite l’acquisto online di sue fatture commerciali.
Ecco la fotografia delle tre tipologie di crowdinvesting.
Equity crowdfunding
L’investimento avviene attraverso la sottoscrizione di capitale di rischio e a tutti gli effetti l’investitore diventa socio dell’impresa. In Europa il mercato di riferimento è il Regno Unito, in cui la principale piattaforma è CrowdCube che ha raccolto sinora più di 168 milioni di sterline. In Italia, invece con la recente riforma del Regolamento Consob, all’equity crowdfunding possono accedervi startup e PMI innovative, a condizione che la campagna sia diffusa su piattaforme autorizzate e soltanto nell’ultimo trimestre sono arrivate sul mercato 11 offerte. Ciò dovrebbe portare il mercato alla soglia di 9 milioni di euro entro l’anno, attualmente siamo a quota 5,565 milioni. Fino al 15 giugno 2016 in Italia risultavano autorizzati da Consob 19 portali di equity crowdfunding, con 48 campagne di startup lanciate e 19 chiuse con successo. Le richieste maggiori sono arrivate dalla Regione Lombardia e l’obiettivo principale della raccolta è lo sviluppo commerciale, 28 casi, a cui segue l’investimento produttivo, 18 casi. In media, l’obiettivo di raccolta è di poco superiore a 300 mila euro. Si tratta di dati che mettono in evidenza il forte divario con il mercato del Regno Unito, dove soltanto lo scorso anno ne sono stati raccolti ben 332 milioni.
Lending crowdfunding
L’investimento avviene tramite la sottoscrizione di un prestito, con un contratto che prevede le modalità di rimborso e remunerazione del capitale attraverso il riconoscimento di interessi. Solitamente la piattaforma di lending seleziona il prestito attribuendo un rating, ossia una stima, e lo ripartisce fra una molteplicità di investitori, per frazionarne il rischio. Nel mondo, lo scorso anno i portali di lending hanno raccolto più di 25 miliardi di dollar e il leader di mercato è la statunitense Lending Club. Nel nostro Paese, invece, ci sono quattro piattaforme, che hanno mediato in tutto l’erogazione di 28,3 milioni euro, con una durata media dei finanziamenti fra i 30 e i 40 mesi e il tasso annuo nominale (TAN) di circa il 6%, più precisamente tra 5,7% e 7,7%. Secondo il report le prospettive in Italia sono quelle di uno sviluppo sensibile, che richiede una riforma del regime di tassazione.
Invoice trading
In questo caso non si tratta di un’operazione di raccolta di capitale, ma dal punto di vista finanziario è molto simile in quanto prevede attraverso internet la cessione di una fattura commerciale, rivolta allo smobilizzo del capitale circolante; anche in tal caso viene prospettata una remunerazione sull’operazione, che si concretizza nella differenza fra valore di liquidazione della fattura e prezzo di acquisizione. Attualmente le imprese italiane che si sono avvalse di questa opportunità sono soltanto 40, con 220 fatture cedute per un importo totale di 11 milioni di euro, a fronte di 20 investitori. Si tratta di numeri ancora molto lontani rispetto a quelli registrati nel Regno Unito.
In allegato il testo integrale del 1° Report italiano sul Crowdinvesting.