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Ecco perché occorre dimezzare la produzione di carne

Secondo un recente rapporto di Greenpeace, “Less is more: reducing meat and dairy for a healthier life and planet, and the scientific background”, «la produzione e il consumo globali di carne e prodotti lattiero-caseari deve essere dimezzata entro il 2050 per evitare pericolosi cambiamenti climatici e rispettare l’accordo sul clima di Parigi».

La nota organizzazione ambientale spiega inoltre come, in Europa, la riforma della politica agricola comune debba favorire la transizione dall’agricoltura industriale, essendo in grado al contempo di sostenere il sempre maggior numero di persone che sta spostando la propria produzione verso le piante, la carne e i prodotti biologici.

Attualmente in Europa ben 3 animali su 4 vengono allevati dalle solite grandi imprese zootecniche, a svantaggio delle piccole fattorie che nel tempo si sono viste costrette a ridurre le loro mandrie della metà. A questo proposito, il direttore della politica agricola di Greenpeace European Unit, Marco Contiero, ha osservato: «Le politiche agricole dell’Ue ci hanno spinto verso un limite ambientale. L’allevamento industriale di animali è una delle principali fonti di emissioni di carbonio, di inquinamento dell’acqua e atmosferico e causa gravi problemi di salute come la resistenza agli antibiotici. I nostri governi devono garantire che l’imminente riforma delle norme agricole acceleri il passaggio a un’agricoltura ecologica e a una minore, ma sostenibile, zootecnia, ritirando il sostegno alla produzione intensiva di animali».

Nel rapporto leggiamo come Greenpeace sostenga che «se lasciata incontrollata, si prevede che l’agricoltura produca il 52% delle emissioni globali di gas serra nei prossimi decenni, il 70% delle quali proverrà dal settore della carne e dei prodotti lattiero-caseari. L’allevamento di animali in Europa contribuisce già al 12-17% delle emissioni di gas serra dell’Ue. È anche una delle principali fonti di inquinamento idrico e atmosferico, in particolare da azoto e fosforo nell’acqua, e di ammoniaca e particolato fine (noto come PM2.5) nell’aria. L’inquinamento da azoto da solo costa all’Ue fino a 320 miliardi di euro all’anno».

Neanche troppo tempo fa, d’altronde, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e l’European centre for disease prevention and control hanno definito la resistenza agli antibiotici come «una delle maggiori minacce alla salute pubblica». Ma non basta: le due agenzie europee hanno rilevato negli animali d’allevamento la presenza di batteri resistenti ad antibiotici essenziali per curare gli esseri umani.

Published by
Milena Pennese