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Economia circolare: l’atlante delle buone prassi italiane

Le buone prassi italiane in tema di economia circolare approdano in un atlante. E’ #circulareconomy made in Italy, la raccolta di 107 esperienze tra aziende, cooperative, start up, associazioni, realtà territoriali e Comuni che hanno investito su un nuovo modello produttivo e riciclano materie prime seconde.

L’iniziativa, presentata nei giorni scorsi a Bruxelles, al vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen e all’eurodeputata Simona Bonafè, relatrice del pacchetto sull’economia circolare, è promossa da Legambiente insieme ai campioni italiani dell’economia circolare. Scopo della missione, quello di sostenere la necessità di un accordo ambizioso tra Parlamento e Consiglio sul pacchetto rifiuti.

A distanza di un mese circa dall’approvazione a larga maggioranza del cosiddetto pacchetto sull’economia circolare, di cui vi avevamo già dato notizia (leggi l’articolo), attraverso cui sono stati innalzati i target di riciclaggio al 2030 a quota 70% per i rifiuti urbani e 80% per gli imballaggi, ecco che arriva dunque un Atlante che possa fungere da stimolo per tutti gli attori sociali.

L’atlante, come dicevamo infatti, racconta una serie di esperienza virtuose promosse a più livelli, dai privati per passare agli enti locali, senza tralasciare le realtà del Terzo settore.

«È fondamentale che in sede di Consiglio, l’Italia sostenga una riforma ambiziosa della politica comune dei rifiuti», commenta il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani. «Il nostro governo deve fare la sua parte affinché si realizzi quella che è una strategia moderna e sostenibile per uscire dalla crisi, senza nascondersi dietro le posizioni di retroguardia di alcuni Stati membri che contrastano gli obiettivi sostenuti dal Parlamento. Serve adottare immediatamente nuovi obiettivi europei di riprogettazione dei prodotti e di prevenzione, riuso e riciclo dei rifiuti per ridurre gradualmente il ricorso al recupero energetico, per archiviare lo smaltimento in discarica e per essere meno dipendenti dalle importazioni di materie prime».

A detta di Legambiente, dunque, l’Italia ha oggi tutte le carte in regola per fare da capofila in Europa in tema di economia circolare, come raccontano anche le 107 esperienze selezionate.

I tre settori su cui operano principalmente sono i rifiuti nel 62% dei casi, il riuso e il riutilizzo di beni (31%) e il sociale (27%), l’agricoltura (20%), l’industria (19%), il design (16%), start up e ricerca (15%). Il 65% contribuisce all’economia circolare riducendo l’utilizzo di materie prime vergini, il 53% previene la produzione di rifiuti e il 48% risparmia risorse (acqua, energia e materie prime) nella sua attività.

Il 43% produce materie prime seconde, il 34% le utilizza. Il 38% ricicla rifiuti in altri cicli produttivi e il 26% nello stesso. Il 36% svolge attività di riuso e riutilizzo dei prodotti, evitando che diventino rifiuti. Infine, rispetto ad ambiti più specifici, il 14% dei campioni lavora sullo spreco alimentare, il 13% produce biometano da scarti agricoli o zootecnici o da frazione organica dei rifiuti urbani.

A evidenziare gli ostacoli presenti oggi per l’Italia sul tema dell’economia circolare è invece Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente. «Si devono rimuovere nel nostro Paese gli ostacoli non tecnologici che frenano lo sviluppo di questo settore», commenta. «Non è più procrastinabile la revisione della nostra legislazione in materia, ancora oggi inadeguata e contraddittoria: dalle norme sulle materie prime seconde a quelle sul cosiddetto ‘end of waste’ e sulla semplificazione delle procedure autorizzative per promuovere il riciclo di quello che viene raccolto in modo differenziato ed evitare la beffa che parte di questi flussi tornino in discarica».

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Redazione