Il 17 dicembre a Milano Legambiente ha presentato il XVI Rapporto sulla qualità dell’edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi (leggi articolo).
I dati sembrano mostrare un complessivo aumento della consapevolezza sulla rilevanza del tema da parte di tutti gli attori istituzionali, si percepisce qualche timido segnale di miglioramento ma permangono ancora forti contraddizioni e profonde disparità tra le aree del Paese. L’azione del governo inizia a farsi più incisiva ma il percorso resta ancora lungo e pieno di ostacoli.
L’indagine annuale di Legambiente mette a disposizione un ricco panorama di informazioni sulla qualità dell’edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi scolastici della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di 96 capoluoghi di provincia (alcuni enti non hanno fornito dati completi). Per conoscere nel dettaglio lo stato dell’arte vi rinviamo al testo integrale.
Abbiamo scelto di proporre all’attenzione dei lettori la prima parte del Rapporto nella quale l’associazione ambientalista precisa il proprio punto di vista sull’evoluzione della situazione e, soprattutto, formula una serie di proposte utili all’azione del governo, delle istituzioni locali e degli stessi operatori del settore.
Cosa cambia con la pubblicazione dell’Anagrafe per l’edilizia scolastica
La diffusione dei dati della XVI Edizione di Ecosistema scuola avviene per la prima volta in presenza di una parziale pubblicazione dei dati dell’Anagrafe scolastica, che dovrebbe essere presentata integralmente entro gennaio 2016. Questo importante passo in avanti fatto dall’attuale governo e più volte da noi sollecitato, deve però compiersi interamente e con indicatori qualitativi omogenei che consentano la reale lettura dello stato degli edifici e dei bisogni di manutenzione e intervento.
Attualmente, infatti, sono ancora molte le incongruenze nella lettura e trasparenza dei dati sia sul versante dell’utilizzo ai fini della programmazione nazionale puntuale, sia ai fini di garantire accessibilità ai cittadini che vogliono conoscere la qualità delle scuole frequentate dai propri figli o nelle quali lavorano.
La prima e più grave incongruenza è la non esplicitazione dell’anno di raccolta dei dati dagli enti proprietari degli edifici e la diversa metodologia adottata nel raccogliere i dati stessi che rende l’attuale Anagrafe un insieme di banche dati che convivono in maniera disomogenea.
Finché l’Anagrafe non ci darà questa fotografia, riteniamo che Ecosistema Scuola svolga ancora una importantissima funzione di lettura dello stato di salute della nostre scuole e di quali difficoltà affrontano e passi in avanti fanno le amministrazioni proprietarie degli edifici scolastici nel loro complesso ruolo di mantenere e innovare un patrimonio edilizio di circa 41 mila unità.
Quindi proponiamo:
- che l’Anagrafe sia completata al più presto e che divenga di più facile e trasparente lettura per i cittadini, soprattutto evidenziando l’anno di rilevamento dei dati e il rapporto tra le certificazioni possedute e gli interventi successivamente realizzati;
- che si individui omogeneità metodologica e contemporaneità dei dati a cui le regioni devono rispondere una volta che l’Anagrafe sarà a regime.
Una situazione in evoluzione ma che non supera le storiche sperequazioni
L’attuale governo con la Struttura di Missione per il coordinamento e l’impulso nell’attuazione degli interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica ha avuto il grande merito di mettere ordine alla caotica situazione delle diverse fonti di finanziamento, che nel tempo si disperdevano fino a non tramutarsi spesso in azioni compiute e valutabili. Sono stati, infatti, più di 3600 gli interventi ammessi a finanziamento dal 2014 ad oggi, di cui più del 60% conclusi o in corso. Un insieme di risorse provenienti da più fonti che confluiscono in un fondo unico nazionale (D.L. 179/2012) che il Miur stima in un investimento complessivo per la messa in sicurezza e la manutenzione di edifici esistenti e per nuove scuole di circa 4 miliardi.
Questo cambio di passo viene registrato anche dai dati del campione dei Comuni presi in esame dalla XVI indagine di Ecosistema Scuola, con l’evidenza che l’entità degli investimenti complessivi sia in manutenzione ordinaria che straordinaria da parte degli enti locali è aumentata rispetto allo scorso anno, ma si differenzia ancora di alcuni milioni di euro in meno (circa 16 milioni per la manutenzione straordinaria e circa 10 milioni per la manutenzione ordinaria) rispetto agli anni 2010 e 2011, quando ancora non era presente il vincolo del patto di stabilità. L’esclusione dai vincoli di spesa degli interventi di edilizia scolastica per il 2016, lasciano prefigurare il riavvio di un autonomo investimento da parte dei soggetti proprietari degli edifici scolastici, che comunque rimane vincolato pesantemente alla capacità di programmazione degli enti stessi.
Le nuove opportunità di accedere a finanziamenti, infatti, dati con un metodo che prevede la richiesta diretta rispetto a opere già programmate, accentuano la difficoltà di quelle amministrazioni che non hanno capacità di pianificazione e tecnico operativa.
Si evidenzia, infatti, come i divari territoriali storici rispetto alla qualità dell’edilizia scolastica, come quello tra nord e sud, si ripetano anche in questa edizione dell’indagine: i capoluoghi del meridione e delle isole dichiarano di avere necessità di interventi di manutenzione urgente in media in 1 scuola su 2, contro una media di 1 scuola su 3 al nord e al centro. A questa urgenza però non corrispondono adeguati provvedimenti soprattutto nelle isole, che vedono solo poco più del 17% delle scuole interessate da interventi di manutenzione straordinaria in questi ultimi cinque anni.
Fra i comuni più virtuosi in edilizia scolastica al sud solo Chieti fa una performance tale da attestarsi al 15° posto, seguita da L’Aquila al 29° (che sappiamo ancora interessata dai fondi per la ricostruzione post sisma), e Lecce al 36°, ma fra i primi 13 posti permangono i capoluoghi di provincia del centro nord. La prima grande area urbana della graduatoria risulta essere Firenze, al 14° posto.
Ma al di là del posto in graduatoria si avverte nei dati raccolti per questa edizione che l’attenzione sta aumentando un po’ in tutto il Paese anche se con diversi strumenti e intensità di azione. Lo stesso aumento delle scuole che gli enti locali dichiarano aver bisogno di interventi di interventi di manutenzione urgente che passa dal 32,5% dello scorso anno al 39,1% di quest’anno è un indicatore certamente allarmante, ma che rivela probabilmente un monitoraggio più puntuale dello stato degli edifici scolastici stessi.
Certo è che le certificazioni, ad eccezione del dato riguardante la certificazione igienico sanitaria che aumenta di circa quindici punti percentuali rispetto all’anno precedente, arrivando a quasi un 73% di edifici che ne sono provvisti, fanno registrare miglioramenti modesti e non lasciano leggere uno scatto in avanti nella qualità della sicurezza che ci si aspetterebbe rispetto agli investimenti e agli interventi fatti. Questo potrebbe accadere sia perché ancora molti interventi finanziati non sono conclusi, sia perché rimane aperto il problema del rapporto fra una metodologia di programmazione fatta su una scala di priorità dei bisogni e la destinazione dei finanziamenti.
In tal senso è significativa l’alta percentuale di edifici scolastici del sud e delle isole, circa il 35%, che sono dotati di impianti per la produzione di energie rinnovabili. La stessa cartina georeferenziata messa a disposizione dal governo rispetto agli interventi fatti, mette in evidenza come paradossalmente al sud grazie ai fondi PON-POR specificatamente dedicati a queste regioni, ci sia una prevalenza di interventi fatti per rendere più sostenibili le scuole. Ma un impianto fotovoltaico non rende più sostenibile una scuola se non è accompagnato da interventi di efficientamento energetico e nel contempo di messa in sicurezza dell’edificio. Indicatore di questa “ambiguità” è quello che ci restituisce Ecosistema Scuola, che rileva come nel sud e nelle isole non ci sia nemmeno una scuola costruita secondo i criteri della bioedilizia e solo il 7% degli edifici scolastici del sud e l’1,1% delle isole utilizza fonti di illuminazione a basso consumo, e fronte di una media nazionale del 31,7%. Così come molti interventi e fondi destinati alle “Scuole belle”, sono andati ad incidere in situazioni che avevano prioritariamente bisogno di interventi strutturali ben più importanti.
L’indubbia positività di aver organizzato in un fondo unico i finanziamenti e di seguirne il buon esito, non supera però il nodo della programmazione e con esso il ruolo perequativo che il governo nazionale deve svolgere per garantire a tutti i cittadini scuole sicure e di qualità.
Rimane, infatti, ancora elevata la differenza fra diversi territori, ma anche a volte fra città della stessa regione, per pensare che i bandi per scuole sicure, belle, nuove e sostenibili riescano ad essere strumento di superamento di questi svantaggi strutturali che attengono più in generale alla capacità di governance di queste politiche.
Occorre individuare dei meccanismi per supportare e stimolare le amministrazioni inadempienti e renderle capaci di accedere ai finanziamenti sulla base di una programmazione di qualità che garantisca una modalità di monitoraggio e cura dell’edilizia scolastica.
In tal senso, va particolarmente monitorato il rapporto fra il riordino amministrativo delle Province e la loro capacità di tenuta della qualità della funzione strategica intorno alla qualità dell’edilizia delle scuole superiori. Il basso ritorno dei questionari per Ecosistema Scuola temiamo che sia un indicatore di una difficoltà da parte degli uffici competenti delle diverse Province di dare riscontro rispetto alle ordinarie attività di monitoraggio.
Quindi proponiamo:
- che l’accesso ai finanziamenti venga reso possibile solo a quelle amministrazioni che possiedono un’Anagrafe degli edifici scolastici costantemente aggiornata e che hanno definito una scala di priorità di interventi edificio per edificio;
- di prevedere forme di supporto a quelle amministrazioni che non riescono a esprimere capacità tecnica ai fini dell’accesso a fonti di finanziamento e all’organizzazione di metodologie di monitoraggio e programmazione;
- di applicare sistematicamente, per avere accesso ai finanziamenti, un modello a punteggio per l’autovalutazione integrata della sostenibilità degli interventi di riqualificazione, in modo da poter massimizzare i benefici ambientali attesi a parità di budget investito.
- di privilegiare quella progettualità che unisce la messa in sicurezza all’efficientamento energetico della struttura con l’obiettivo di ridurre del 50% i consumi rispetto alla situazione pre-ristrutturazione;
- attivazione di piani di formazione per tecnici delle amministrazioni rispetto a sistemi di riqualificazione e di costruzione basati su indicatori legati alla sostenibilità e alla vivibilità degli edifici;
- formazione di figure professionali interne ed esterne alla scuola capaci di assumere il ruolo di “facilitatori” dei percorsi di progettazione partecipata e di coordinatori delle azioni di controllo e monitoraggio degli standard di qualità dell’edilizia scolastica.
I servizi, meno diffusi e meno green
Dalla lettura della qualità dei servizi messi a disposizione delle nostre scuole da parte delle amministrazioni, vediamo che i due servizi principali, la mensa e il trasporto, nel tempo stanno gradualmente peggiorando in termini di qualità e sostenibilità. Se infatti, nel 2012 erano l’8,5% i pasti interamente bio, oggi sono il 5,3%. In diminuzione significativa anche le mense che servono acqua di rubinetto che nel 2010 erano ben il 70,8%, ridotte nel 2014 a meno del 56%. Lo scuolabus rimane un servizio presente soprattutto nelle regioni dell’Italia centrale per una scuola su due, mentre il dato nazionale vede una flessione della disponibilità di scuolabus dal 32,6% del 2010 al 25,8% di oggi. Questo comporta un maggiore utilizzo nel percorso casa scuola del mezzo privato, che sta generando nelle nostre città in prossimità degli edifici scolastici, problemi di gestione della sicurezza, della salubrità e della qualità della vita degli studenti. Poche ancora le condizioni strutturali che danno autonomia di mobilità ai ragazzi, dalle piste ciclabili nei pressi della scuola, che sono presenti in meno del 10% degli edifici, alle transenne parapedonali presenti in poco più del 7% delle scuole.
Questa graduale contrazione dei servizi e della loro qualità è spia della sofferenza dei Comuni a mantenere gli standard qualitativi di pezzi importanti del welfare, tanto che ciò che attiene alla scuola viene sempre a gravare di più sulle spalle delle famiglie con un significativo aumento delle tariffe su mensa e trasporti, acuito anche dalla non revisione dei parametri da parte degli enti locali rispetto al nuovo controverso calcolo dell’ISEE.
Quindi proponiamo:
- di stimolare le amministrazioni al rispetto delle direttive sul Green Public Procurement e all’adozione di capitolati di appalto per i servizi scolastici improntati alla sostenibilità piuttosto che all’offerta a ribasso.
L’osservatorio per l’edilizia scolastica e il ruolo delle associazioni civiche
Con la legge 107/2015 all’interno dell’Osservatorio per l’edilizia scolastica previsto già nella legge Masini del 1996, è consentita, su specifiche tematiche, la partecipazione delle organizzazioni un riconoscimento che certamente sottolinea il valore del lavoro di trasparenza e sensibilizzazione fatto dalle associazioni verso i cittadini, ma anche di competenze acquisite in questi anni di azioni che, dalla L. 23/96 ad oggi, riteniamo “sostitutive” piuttosto che “sussidiarie”.
Ci auguriamo che questa nuova stagione delle politiche per l’edilizia scolastica utilizzi a pieno regime strumenti strategici come l’Anagrafe e l’Osservatorio per l’edilizia scolastica, in quanto cabina di regia per programmare gli interventi e orientare le risorse e che si riesca a stabilire una sana relazione di sussidiarietà orizzontale.
La presenza nell’Osservatorio di associazioni civiche fra cui Legambiente, deve porsi nell’ottica di un ponte fra il lavoro delle istituzioni e i cittadini e della costruzione di una cultura civica intorno alla qualità dello stato degli edifici, della gestione e fruizione sicura e sostenibile delle nostre scuole.
Per fare questo occorre uscire però da una logica emergenziale, che ancora oggi caratterizza gli interventi, per andare a ridefinire verso quali obiettivi e modelli di governance ci si vuole orientare, e da una logica autoreferenziale, in cui l’istituzione non riconosce l’importanza del ruolo di altri soggetti sociali. Un lavoro culturale e di potenziamento delle forze in campo, di cui ci aspettiamo si faccia promotore l’Osservatorio, che deve assumere la partecipazione e il coinvolgimento di soggetti non istituzionali, come metodologia strategica e non come una mera azione formale, per una innovativa governance dell’edilizia scolastica.
Un ottimo banco di prova di questa capacità sarà la futura gestione dalla Giornata Nazionale per la sicurezza nelle scuole, istituita quest’anno con un decreto dal Ministro Giannini e che sarà celebrata il 22 novembre di ogni anno, che ci auguriamo possa essere un momento aperto, collettivo e diffuso per azioni di formazione e sensibilizzazione ad una cittadinanza consapevole e responsabile.