Quanto sono vivibili le città italiane? A rispondere a questa domanda è la XXII edizione di Ecosistema Urbano, la ricerca di Legambiente, realizzata in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, e avente come oggetto proprio la vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani.
Lo studio dell’associazione ambientalista fotografa uno scenario tutt’altro che roseo, con la maggior parte delle città “ingessate e pigre” e con le “aree urbane che arrancano e faticano a rinnovarsi in chiave sostenibile ed essere culle di una rigenerazione urbana capace di migliorare la qualità dei singoli e della comunità”.
Il Dossier evidenzia anche un marcato divario tra Nord e Sud, dove le performance ambientali del primo sono senza dubbio migliori rispetto a quelle del Mezzogiorno, seppur con le dovute eccezioni.
Ai primi posti della classifica, in questa ventiduesima edizione del Rapporto di Legambiente, sono Verbania (leggi l’articolo), Trento, Belluno, Bolzano, Macerata e Oristano, mentre fanalino di coda sono la calabrese Vibo Valentia e le siciliane Catania, Palermo, Agrigento e Messina.
Quanto ai settori che influiscono maggiormente sulle buone performance dei comuni italiani, e principalmente su quelle dei capoluoghi di provincia al di sotto degli 80 mila abitanti, si tratta principalmente della raccolta differenziata, dell’utilizzo delle energie rinnovabili e della diminuzione degli sforamenti nelle concentrazioni di NO2, di PM10 e di ozono nell’aria grazie anche a condizioni metereologiche favorevoli alla dispersione degli inquinanti. Decisamente più deboli, invece, i settori della mobilità sostenibile e della rigenerazione delle periferie attraverso la creazione di eco-quartieri e il rilancio del patrimonio edilizio.
Fatta questa breve sintesi e in attesa della presentazione ufficiale dei dati del Rapporto, prevista per il 26 ottobre a Benevento e slittata al 4 dicembre a causa del maltempo, proponiamo di seguito due paragrafi tratti dalla parte iniziale del dossier di Legambiente (leggi il testo integrale). Nel primo caso si tratta di un contributo che offre una lettura d’insieme dei dati e dei fattori analizzati nel Rapporto, mentre nel secondo paragrafo l’attenzione è focalizzata sulle città che hanno ottenuto almeno 7 in pagella.
Una lettura d’insieme
Osserviamo l’andamento generale per alcuni degli indicatori più significativi del rapporto cominciando dai tre indici legati all’inquinamento atmosferico. La rilevazione della concentrazione di polveri sottili (PM10) conferma il lieve miglioramento medio già registrato nella passata edizione, ma se si considerano i superamenti annui del limite dei 50 g/mc troviamo ancora 33 capoluoghi che superano i 35 giorni consentiti dalla normativa nell’arco dell’anno e cinque di questi arrivano a oltre 75 giorni di superamenti della soglia, da segnalare in negativo tra questi: Frosinone (110 superamenti), Torino (94) e Alessandria (86).
Per il biossido di azoto (NO2) sebbene sia confermato anche in questa edizione il calo della media nazionale che si ferma a 29,25 g/mc (32,56 g/mc nella passata edizione e 34,92 nel 2012), e solo due città facciano registrare valori medi oltre i 50 g/mc (La Spezia con 64 g/mc e Torino con 52 g/mc), rimangono comunque quasi un terzo del totale (sono 27 città) i capoluoghi in cui almeno una centralina ha rilevato concentrazioni medie annue superiori ai 40 g/mc.
Il miglioramento più evidente per quel che riguarda gli inquinanti atmosferici è quello dell’ozono (O3) dove quasi si dimezzano i capoluoghi che superano i limiti consentiti (sono 28 rispetto ai 51 della passata edizione), ma sono ancora sei le città che, almeno in una centralina, fanno registrare superamenti della soglia di guardia per la salute pari o maggiori a due volte il valore obiettivo. Da segnalare i picchi negativi di Genova (87 giorni all’anno di superamento del limite giornaliero) e di Rimini (64 giorni). Precisiamo che per quel che riguarda i numeri dell’ozono di Taranto si è scelto di mettere “nd” per una evidente incongruenza tra i dati forniti dal comune e quelli pubblicati dall’Arpa Puglia.
La media dei consumi idrici domestici resta sostanzialmente la stessa della passata edizione (154,44 litri al giorno pro capite), Ascoli Piceno è l’unica città che riesce ad arrivare sotto i 100 litri giornalieri per abitante (99,6 litri), seguita da Pistoia (108,4 litri) e Prato (109,2 litri). Sono ancora quindici, però, le città per le quali non sono disponibili i dati (erano 16 per il 2013) e quattro capoluoghi (erano sei lo scorso anno) fanno registrare consumi superiori ai 200 litri per abitante al giorno di acqua potabile consumata: Catanzaro, Milano, Pavia e Reggio Calabria che è l’unica a superare addirittura i 350 litri procapite al giorno.
Salgono dai sette dalla passata edizione ai nove di quest’anno i capoluoghi nei quali le perdite della rete idrica sono pari o inferiori al 15% dell’acqua immessa (Ascoli Piceno, Foggia, Macerata, Milano, Monza, Piacenza, Pordenone, Udine e Trento). Dodici (erano 16 lo scorso anno) invece le città nelle quali le perdite sono superiori al 50% (Bari, Cagliari, Catania, Catanzaro, Cosenza, Frosinone, Grosseto, Latina, Matera, Palermo, Rieti, Salerno). Che la situazione delle idriche delle nostre città non sia però allegra lo si nota guardando alle 51 città in cui ancora più del 30% dell’acqua immessa in rete non arriva ai rubinetti dei cittadini.
Uno dei pochi indici in cui si nota un generale e costante lento miglioramento è quello della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti il cui valore medio è 43,90% (era di 41,15% nella passata edizione e di 39,26% due anni fa). Pordenone è l’unico capoluogo a superare l’80% di rifiuti raccolti e differenziati (85,4%), seguito da Trento (79,3%), Belluno (78,8%), Mantova (76,7%), tutti oltre il 75%. Prestare attenzione a come, quanto e cosa si getta via è una pratica che si sta lentamente diffondendo nel nostro Paese. Troviamo infatti percentuali sorprendenti di rifiuti raccolti in maniera differenziata in città del sud, come le campane Benevento e Salerno entrambe oltre il 65% o in capoluoghi come Oristano o Teramo, che superano il 60%, città molto distanti, anche geograficamente, dall’essere abitualmente considerate al top nelle politiche ambientali. C’è però ancora molto cammino da fare se pensiamo che l’obbiettivo del 35% di raccolta differenziata, previsto dalla normativa per il 2006, resta quasi un miraggio per trentasei capoluoghi e che, di questi, sono nove quelli che non arrivano nemmeno al 10% di rifiuti raccolti in maniera differenziata.
I viaggi effettuati con il servizio di trasporto pubblico restano sostanzialmente gli stessi, anzi, in media fanno registrare complessivamente un lieve calo. Tra le grandi città spicca solo Venezia che cresce ancora (629 viaggi per abitante annui, erano 592 l’anno passato). Milano cala (457 viaggi per abitante all’anno rispetto ai 474 dello scorso anno), mentre Catania, Messina, Palermo e Taranto non raggiungono i 50 viaggi per abitante all’anno. Tra le città medie superano i 150 viaggi/abitante annui solo Brescia e Trento, come lo scorso anno, i valori peggiori invece sono per Alessandria, Brindisi, Grosseto, Latina che non arrivano nemmeno a 15 viaggi per abitante nell’arco dei 12 mesi. Per quel che riguarda invece i comuni più piccoli c’è Siena che continua a confermare, nonostante un calo evidente, numeri in linea con le migliori esperienze di città più grandi (160 viaggi per abitante all’anno, ma erano 219 nella passata edizione) seguita da Pavia (96 viaggi per abitante all’anno come l’anno passato) e Lecco (71 viaggi per abitante all’anno, erano 57 nella scorsa edizione).
Nei nostri centri urbani è la mobilità privata a farla ancora troppo da padrona e ad ostacolare la diffusione di modalità di trasporto più leggere, sostenibili e integrate con i mezzi pubblici. A dimostrazione di ciò basta guardare i numeri legati alle modalità di spostamento in ambito urbano e alle auto circolanti. Per quel che concerne gli spostamenti privati motorizzati, il modal share, solo un capoluogo dichiara che meno di un terzo (il 30%) degli spostamenti totali dei suoi abitanti viene effettuato con mezzi privati motorizzati: Bolzano. Veramente troppo poco. Poi Genova (36%), Milano (37%) e Foggia (38%) tutti sotto il 40% di spostamenti effettuati con mezzi privati a motore. Sono invece 47 le città in cui la metà o più degli spostamenti privati vengono effettuati dai loro cittadini con mezzi a motore (auto o moto). A dimostrare invece come sia ancora lontano un livello minimo di qualità e pianificazione ci sono i quattordici capoluoghi in cui questa percentuale è uguale o maggiore al 75%. Per le auto vale il ragionamento fatto per il trasporto pubblico ma all’inverso: le auto circolanti in media confermano sostanzialmente i dati dello scorso anno, anzi, si registra una lievissima ma costante crescita se paragonata agli ultimi anni. Infatti il tasso medio di motorizzazione dei comuni capoluogo italiani si attesta a livelli praticamente doppi di città come Parigi o Berlino, con 64,9 auto ogni 100 abitanti (erano 64,8 lo scorso anno e 64,4 due anni fa). Oltre al caso particolare di Venezia (42 auto ogni 100 ab), solo Genova e La Spezia registrano un tasso inferiore o uguale a 50 auto per 100 abitanti. Le città che superano la soglia delle 60 auto ogni 100 abitanti sono passate dalle 64 della passata edizione alle 68 di quest’anno.
Un altro timido segnale in controtendenza è quello legato all’estensione media delle isole pedonali che sale a 0,40 m2 per abitante (erano 0,36 m2 per abitante nella scorsa edizione) e risultano essere sette (erano sei l’anno passato) i comuni che superano la soglia di 1 m2 per abitante. Troppo poco se si pensa che sono ancora novanta le città nelle quali i cittadini hanno a disposizione meno di un metro quadrato a testa. Chiudiamo con quel che concerne la potenza di solare termico e fotovoltaico installata su edifici comunali, un altro dei pochi dati lievemente incoraggianti ma ancora molto lontano da livelli ottimali: salgono a diciassette (erano sedici lo scorso anno) i capoluoghi che possono contare su dieci o più kiloWatt provenienti da impianti installati su edifici comunali ogni 1.000 abitanti. Salerno è la migliore, con 181 kW installati ogni 1.000 abitanti, seguita da Padova, Massa e Pesaro con circa 30 kW/1.000 ab. ma sono ancora 23 le città che non arrivano nemmeno a 1 kW/1.000 abitanti e di queste otto restano ferme a zero.
Le città da almeno 7 in pagella
Verbania occupa la prima posizione in graduatoria. Il capoluogo piemontese totalizza quasi l’83% (82,75%) dei punti assegnabili (sui 100 relativi a una ipotetica città ideale) principalmente collezionando buone performance negli indicatori più significativi del rapporto, a cominciare dai tre relativi all’inquinamento atmosferico che messi assieme pesano per il 23% del punteggio finale. Solo un giorno all’anno, in media, di superamento dei limiti per l’ozono; buone anche le medie delle concentrazioni sia dell’NO2, che si fermano a 22 g/mc, che del PM10 con 14 g/mc che valgono per Verbania il primo posto nella graduatoria dedicata alle polveri sottili a pari merito con Pisa. Si conferma poi elevato e di qualità il livello di raccolta differenziata dei rifiuti con il 72% della spazzatura avviata a recupero, che valgono per Verbania il sesto posto (era seconda lo scorso anno) nella specifica classifica ma solo perché, come dicevamo, ci sono città che lentamente ma costantemente stanno raggiungendo finalmente livelli ottimali. C’è poi, per il piccolo capoluogo del nord-ovest del Piemonte, il buon quinto posto nella graduatoria dedicata al livello di infrastrutturazione per la ciclabilità che, con oltre 24 metri equivalenti ogni 100 abitanti (24,03), la collocano dietro solo a Mantova, Reggio Emilia, Cremona e Lodi. Ancora tra le migliori poi, è Verbania, per quel che concerne i metri di suolo destinati ai pedoni che, con 2,10 (erano 2,12 nella scorsa edizione) metri quadrati procapite, fanno dei cittadini del capoluogo piemontese i secondi in assoluto nel Paese, dietro soltanto alla città pedonale per eccellenza: Venezia.
Al secondo posto troviamo Trento dove da segnalare in positivo ci sono indubbiamente le basse medie delle polveri sottili, che restano ampiamente sotto i limiti; la percentuale di acqua dispersa dalla rete, è più che dimezzata rispetto allo scorso anno: appena il 15% (era il 33% nella passata edizione), segno di un evidente miglioramento; l’ulteriore crescita della percentuale di rifiuti raccolti in modo differenziato: Trento è seconda solo a Pordenone con 79,3% (lo scorso anno era al 70,9%). Merita un cenno, nel generale immobilismo dei numeri del tpl, anche la conferma del secondo posto del capoluogo trentino tra le città di medie dimensioni nei passeggeri trasportati annualmente dal trasporto pubblico con 173 viaggi per abitante all’anno.
Terza è Belluno che colleziona buoni risultati nei tre indici legati all’inquinamento atmosferico, soprattutto per quel che concerne le polveri sottili dove fanno meglio dei suoi 16 g/mc solo tre città (Pisa, Verbania, Enna); nei due indici riguardanti i rifiuti, in particolare la percentuale di rifiuti differenziati della città veneta cresce ancora e arriva al 78,8% (era al 70,6% nella passata edizione), fanno di meglio solo Pordenone e Trento; per i passeggeri trasportati dal servizio di trasporto pubblico dove, nell’appiattimento generale, si conferma tra le migliori tra le piccole città (è quinta).
Bolzano è quarta grazie a performance più che buone in quasi tutti gli indici più significativi del rapporto ed eccelle in alcuni dei più “pesanti”. Balza agli occhi il fatto che proprio il capoluogo altoatesino è l’unica città con solo il 30% di spostamenti urbani effettuati con mezzi privati a motore, nessuno fa meglio. Bolzano è tra le città con i valori più bassi di polveri sottili (è terza a pari merito con Belluno e Nuoro) con 16 g/mc di media e fa salire ancora la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti, arrivando al 67,4%, era al 54,8% nella scorsa edizione e al 46% due anni fa, una vera scalata. In crescita, sempre nel capoluogo altoatesino, i passeggeri trasportati dal servizio di tpl che fanno di Bolzano la terza, assieme con Rimini, tra le città di medie dimensioni con 144 viaggi per abitante all’anno.
Al quinto e sesto posto si piazzano rispettivamente, un po’ a sorpresa, due città del centro Italia, la marchigiana Macerata e la sarda Oristano, anche loro con punteggi che vanno oltre il 70% di punti assegnabili. Macerata arriva quinta grazie al panel abbastanza completo delle risposte inviate e al fatto che centra buoni risultati in tutti e tre gli indici legati all’inquinamento atmosferico rimanendo di molto sotto le medie per le polveri sottili e il biossido di azoto e addirittura non facendo segnare superamenti delle medie nell’arco dell’anno per quel che riguarda l’ozono, indice nel quale è prima assieme a altre dodici città. Le perdite della rete idrica del capoluogo marchigiano, altro dato meritevole di essere segnalato, sono tra le più basse in assoluto, e valgono il secondo posto nella graduatoria dedicata con appena il 6,9% di acqua dispersa, fa meglio solo Foggia. Altri balzi in avanti Macerata li fa sia per quel che concerne la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti, dove è ventiduesima ma con il 60,3% di Rd (lo scorso anno era appena al 47,8%), che nella diffusione del solare termico e fotovoltaico su edifici pubblici dove la città marchigiana è settima con 18,55 kW installati ogni 1000 abitanti.
Anche per Oristano, sesta, si può dire che le buone performance in alcuni dei settori più importanti dello studio sono alla base del suo punteggio finale. Da segnalare ci sono i numeri del biossido di azoto, ampiamente nei limiti, e che valgono per la città sarda il settimo posto nella graduatoria dedicata con 14 g/mc; poi l’assenza di superamenti annui per l’ozono, come Macerata. Ancora in positivo c’è poi, anche in questo caso, l’aumento della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti che passa dal 54,8% della scorsa edizione all’attuale 61,3%; il fatto che Oristano fornisce finalmente risposta sulla tipologia di spostamenti urbani dei suoi residenti e che questi spostamenti avvengo solo per il 50% con mezzi privati motorizzati; il quinto posto nella graduatoria legata all’estensione della superficie pedonalizzata che sale a 1,22 metri quadrati procapite (era appena 0,40 mq/ab nella passata edizione) e il sesto posto nella graduatoria dedicata alla diffusione del solare termico e fotovoltaico su edifici pubblici, con 19,19 kW ogni 1000 abitanti.