Si era già scoperto, tramite studi mirati, che alcune sostanze stupefacenti potevano aiutare in determinate terapie mediche. Si è trovato quindi un utile impiego della Cannabis contro gli effetti collaterali importanti della chemioterapia, l’uso della Ketamina contro il disturbo bipolare e l’Lsd per combattere efficacemente l’ansia. È ora la volta dell’utilizzo dell’Ecstasy per combattere la sindrome da stress post traumatico, che riceve il titolo di «terapia rivoluzionaria» (breaktrough therapy) da parte dell’FDA degli Usa, la più importante agenzia mondiale che si occupa di prodotti alimentari e farmaci.
Questo titolo – che definisce le terapie che potenzialmente possono cambiare il corso di una malattia – velocizza enormemente l’approvazione del farmaco per la sua immissione sul mercato.
«Non è un passo così grande dal punto di vista medico – commenta David Nutt, neuropsicofarmacologo dell’Imperial College di Londra -, è noto da 40 anni che queste droghe sono medicine. Ma è un passo enorme per l’accettazione sociale».
La rivista scientifica Science, inoltre, riferisce che l’agenzia USA ha anche approvato il progetto di due studi di fase 3 (quella finale) sulla sostanza, che coinvolgeranno 200/300 persone e che verranno finanziati dalla Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (MAPS), un consorzio di ricercatori specializzati proprio nelle possibili applicazioni mediche di molecole cosiddette proibite, tant’è che sta finanziando anche sperimentazioni ulteriori sulla Ketamina, del cui uso parlavamo in apertura.
I test di questa fase potrebbero cominciare il prossimo anno in primavera, dovrebbero concludersi in tre anni e avranno un costo di 25 milioni di dollari. Niente in confronto ai costi sociali della malattia. Nei test che sono stati condotti sino ad ora l’Ecstasy è stata utilizzata insieme alla psicoterapia, facendo assumere al paziente piccole dosi della sostanza durante le sedute e quindi sotto la supervisione di uno specialista.
L’Ecstasy in quelle quantità si è dimostrata in grado di eliminare la connessione tra stimoli sensoriali – un odore, un suono o un sapore – e il ricordo traumatico a essi collegato che spesso scatena reazioni psicotiche. Assumendo la sostanza durante le sedute, il paziente può quindi rievocare il ricordo e rielaborarlo, senza pericolose ripercussioni.
Spiega il fondatore del consorzio, Rick Doblin, che finora sono state trattate, in test di fase due, 107 persone che in media hanno sofferto di disturbo da stress post traumatico per ben 17,8 anni; delle 90 persone ancora reperibili dopo un anno, ben 61 non avevano più il disturbo. Il che corrisponde a una percentuale di tutto riguardo, pari a circa il 70%.