Ci sono pochi animali al mondo che sono in grado di trasmettere un sentimento di grande forza e possanza e allo stesso tempo di dolcezza e tenerezza. Uno di questi è senza dubbio l’elefante che nonostante la stazza, forse per via del suo incedere un po’ goffo, o forse per il ricordo del cartone animato Dumbo o semplicemente per la sua intelligenza, crea indubbia simpatia a chi abbia la fortuna di trovarsi al suo cospetto.
Ma ci siamo mai chiesti quanto sia dannoso e traumatico, per gli elefanti, vivere una vita al servizio dei turisti? A fornire una risposta drammatica, che suona come un vero e proprio grido d’allarme, è l’associazione World Animal Protection che ha stilato un rapporto in cui si analizza in particolare la condizione di circa 3 mila pachidermi in Asia. Nel continente orientale, infatti, gli elefanti sono sfruttati al limite della crudeltà e nel documento si evidenzia come in 6 Paesi asiatici (Thailandia, Laos, Cambogia, Nepal, Sri Lanka e India), almeno tre esemplari su quattro vivono in condizioni “inaccettabili”, incatenati notte e giorno, senza cibo o cure adeguate.
World Animal Protection denuncia inoltre che gli animali utilizzati per le attrazioni turistiche vengono addirittura separati da cuccioli dalle madri e subiscono un crudele addestramento iniziale per diventare docili e sottomessi durante gli spettacoli o il trasporto dei turisti. Dei Paesi esaminati, il peggiore risulta essere la Thailandia che ospita tre quarti di tutti gli elefanti tenuti in cattività per attività destinate al turismo.
Per questa ragione l’organizzazione ha deciso di lanciare un appello indirizzato non tanto a chi sfrutta questi animali per fini economici, ma soprattutto ai turisti che stanno per visitare l’Oriente. A tal proposito, World Animal Protection riferisce di aver convinto già 160 compagnie di viaggio a sospendere la vendita e la promozione di questi pacchetti. «Se un animale selvatico si può cavalcare, si può abbracciare o se vi si può interagire», spiega Jan Schmidt-Burbach, autore del rapporto, «è probabile che ci sia di mezzo anche la crudeltà ».