I risultati elettorali ormai sono più che noti. Il Movimento 5 Stelle si attesta al 32%, il Partito Democratico attorno al 19%, la Lega è prossima al 18%, Foza Italia supera di poco il 14%, Fratelli d’Italia si ferma al 4,3%, Liberi e Uguali è poco al di sopra della soglia del 3% sia alla Camera sia al Senato. Il Centro Destra risulta la coalizione vincente. M5S il partito largamente più votato. Non decolla il progetto di Grasso. Sconfitta netta per il PD e i suoi alleati.
Eppure, con ogni probabilità, tra qualche anno i Governi della XVII legislatura (Letta, Renzi e Gentiloni) verranno ricordati come quelli che hanno salvato l’Italia dalla débacle economica e dal conflitto sociale. Tanto non è bastato a evitare la sconfitta elettorale della maggioranza uscente, del PD in primo luogo, ma anche di tutte le altre componenti del centro sinistra. L’elettorato non ha mostrato alcuna gratitudine, nessun apprezzamento, rivolgendosi con decisione ad altre proposte politiche. Alla luce dei risultati delle consultazioni del 4 marzo la ragionevole campagna elettorale della grande “forza tranquilla” si è dimostrata del tutto inefficace.
Come mai? Perché tanta “ingratitudine”? Eppure una lieve ripresa economica è in corso, numerosi traguardi sono stati raggiunti sia in alcune politiche sociali sia sui diritti civili. Perché un giudizio tanto severo?
Proviamo a formulare qualche ipotesi. La prima considerazione riguarda l’elemento territoriale. Nei mesi scorsi l’abbiamo ripetuto fino alla noia. L’Italia è sempre più divisa in due: un Centro Nord agganciato alla ripresa, un Mezzogiorno (sempre più ampio, dall’Abruzzo alla Sicilia e alla Sardegna) in grande affanno. Al di là di qualche dato congiunturale e di molto ottimismo di maniera, la forbice si allarga in termini di occupazione, reddito, infrastrutture, sanità, politiche sociali, scuola, pubblica amministrazione. La politica se ne è accorta troppo tardi e ha messo in campo strategie tradizionali che, forse, daranno qualche risultato tra diversi anni. Intanto è cresciuto nella popolazione il timore di un generalizzato arretramento sociale. Paura, rabbia, disillusione, risentimento: questi i sentimenti di milioni di cittadini del Sud. Questo il terreno di coltura del successo del Movimento 5 Stelle. Un’adesione temporanea, sia ben chiaro, come in fasi diverse è accaduto a vantaggio del Centro Destra e del Centro Sinistra.
Al Centro Nord il successo del Centro Destra sembra avere carattere strutturale. La Regione Lombardia – la locomotiva italiana – ha questo tipo di governo da oltre 20 anni e con Fontana si è assicurata un ulteriore periodo di stabilità. Salvini &Co, quindi, si candidano ad assolvere il difficile compito di governare la ripresa di uno dei territori più ricchi d’Europa agitando i temi della sicurezza e del contrasto all’immigrazione, rivendicando ad alta voce il principio trumpiano “prima gli italiani”.
C’è una seconda riflessione che i dati impongono. Appena dopo essersi allontanati dal baratro, tirato il primo sospiro di sollievo, gli italiani iniziano a valutare le conseguenze delle scelte politiche compiute. Allora è inevitabile constatare che i prezzi sociali per la “salvezza” sono stati elevatissimi, ovunque, per i giovani come per gli anziani. Le “politiche del buon senso” o, se preferite, il “riformismo morbido” ha imposto sacrifici durissimi rinviando sine die il tempo per combattere le diseguaglianze, per affrontare con decisione le grandi questioni sociali. Un tempo sempre annunciato che, nella realtà, viene costantemente rinviato. E la pazienza è finita. Meglio cambiare, affidandosi a promesse mirabolanti cui nessuno crede, che essere “traditi” nelle proprie aspettative giorno dopo giorno. Le categorie tradizionali sembrano inadeguate. Se il “riformismo morbido” viene percepito come la politica dell’establishment, il “riformismo radicale” non convince neppure l’affezionato elettorato di sinistra. Il PD, nelle sue diverse declinazioni (veltroniana, bersaniana, renziana), è figlio di un’intuizione generosa che non si è mai trasformata in programma e identità collettiva. Nessuno ha mai trovato tempo e voglia per elaborare un programma all’altezza dei nuovi tempi; nessuno ha mai trovato tempo e voglia per costruire una comunità di donne e uomini, luoghi di incontro e discussione; solo uno spasmodico impegno, a livello nazionale e territoriale, per affermare il proprio gruppo e, al più, governare mediazioni al ribasso.
In questo quadro, come è risultato evidente, nel centro destra e nel centro sinistra non c’è spazio per le formazioni intermedie (+Europa, Insieme, Noi con l’Italia, Civica popolare Lorenzin). Le sfumature, le diverse sensibilità culturali in tempi di polarizzazione vengono spazzate via, semplicemente non prese in considerazione. Alla faccia della retorica sulla valorizzazione delle differenze. Solo truppe coese e ben organizzate che, probabilmente, ben presto si dimostreranno fragili e incerte, come tutte le aggregazioni costruite sul potere e sull’imposizione.
Sappiamo bene che ora i tempi della politica appariranno serratissimi e, per questo, le riflessioni sul voto verranno frettolosamente archiviate o affidate a qualche ristretto nucleo di specialisti, naturalmente inascoltati dai politici di professione. Ma non sarebbe più saggio prendere tempo e analizzare con attenzione i segnali dell’elettorato? Farebbe bene a tutti: ai vincitori per comprendere meglio le fragilità che si nascondono anche dietro successi indiscutibili; agli sconfitti per trarre qualche utile lezione per ripensare strategie e comportamenti. Per i primi una scelta di saggezza, per i secondi un imperativo categorico.
Vignetta di copertina: Freccia.