«Nelle ultime settimane nel nostro ospedale in Libia abbiamo assistito a gravi episodi di violenza compiuti dalla polizia. Per questa ragione, in accordo con il ministero della Sanità libico, abbiamo interrotto le attività. Restiamo a disposizione per intervenire in altre zone del Paese». Attraverso questa nota Emergency informa della chiusura del centro che un anno fa aveva aperto le porte ai numerosi feriti, vittime degli scontri a fuoco dovuti anche alla presenza dell’Isis. La Onlus di Gino Strada si trovava a 150 chilometri da Bengasi che, solo negli ultimi mesi ha dovuto piangere centinaia di morti, che sarebbero stati di più se lo staff sanitario dell’Onlus non fosse intervenuto.
E pensare che prima dell’arrivo di Emergency questo ospedale non esisteva più, al suo posto le macerie lasciate dalle numerose guerriglie. Così il governo di Tobruk aveva chiesto aiuto, che la struttura fosse rimessa in sesto in modo da poter accogliere i numerosi bisognosi di cure mediche. Allora Emergency aveva risposto a questo appello, mettendo in piedi in tempi record tutto l’occorrente tra cui anche due sale operatorie e un discreto numero di posti letto.
Dal 12 ottobre a oggi – meno di un anno, in effetti – l’Onlus ha preso in cura 1.500 persone, ha effettuato 500 interventi e ha avuto anche il tempo per la formazione professionale degli operatori sanitari libici. Questo centro era il 4° specializzato in chirurgia di guerra, dopo i due che si trovano in Afghanistan e il terzo nella Repubblica Centrafricana.
Emanuele Nannini, vice coordinatore dello staff, ha parlato di una decisione sofferta, figlia della mancanza di condizioni adeguate per andare avanti e garantire la sicurezza dei pazienti e del personale. Tuttavia l’ospedale è funzionante e pertanto sarà ancora operativo anche se mancheranno i volontari di Emergency a gestirlo, in compenso il personale formato dalla Onlus cercherà di svolgere al meglio il proprio lavoro. Nannini aggiunge inoltre che il ministro della Sanità libico ha più volte provato a risolvere l’incresciosa situazione finché anch’egli ha dovuto convincersi della realtà delle cose e congedare Emergency che però non si rassegna e assicura di «valutare le opzioni per riprendere al più presto l’attività in Libia».