Ci sono malattie molto pericolose che spesso, tuttavia, vengono sottovalutate. Una tra queste è l’epatite, una malattia molto contagiosa e che colpisce ogni anno migliaia di persone, molte delle quali addirittura non sanno di essere state infettate. In vista della Giornata mondiale dedicata all’epatite, in programma domani 28 luglio, il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc) ha deciso di lanciare una campagna che ha come titolo “Eliminate hepatitis”.
Utopia? No, dal momento che la speranza è di poter debellare questa patologia entro il 2030, grazie alla diffusione dei vaccini e alla sempre maggiore azione di sensibilizzazione volta a prevenirne il contagio. Il problema, però, risiede proprio in quella fascia di popolazione mondiale che non sa di avere la malattia. In Europa secondo le stime ci sono quasi 9 milioni di persone affette da epatite B o C cronica, ma molte di queste non sanno di avere l’infezione.
Secondo l’Ecdc sono circa 4 milioni i pazienti con il virus C, mentre 4,7 hanno il B. Nel 2015 ci sono state sul territorio europeo 60mila nuove diagnosi delle due infezioni, con quelle da HCV in crescita del 4%. Non si tratta tuttavia di una crescita dovuta a un innalzamento dei livelli di contagio, rassicurano dal Centro europeo, ma dalle maggiori attività di test che fanno emergere i casi nascosti.
Nei vari Paesi la proporzione di malattie non diagnosticate va dal 45% all’85% per l’epatite B e tra il 20 e l’89% per il C. In Italia le stime parlano di circa un milione di casi con oltre il 50% di persone che però non sa di essere infetta.
«Servono sforzi maggiori per ridurre le sofferenze e i costi generati dall’epatite in Europa», afferma il commissario alla Salute Vytenis Andriukaitis. «Insieme dobbiamo aumentare gli sforzi per la prevenzione e per i test, e raggiungere le persone più vulnerabili per ridurre le disuguaglianze».
L’invito è dunque quello di sottoporsi al test per scoprire se si è affetti da questa infezione, così da prendere tutte le precauzioni possibili per evitare di contagiare altre persone, a cominciare dai nostri familiari che, vivendo a stretto contatto con noi, hanno un alta possibilità di contrarre a loro volta la malattia.