Il fatto che non si parli molto di un modello che funziona non significa che “il contributo italiano” non abbia dato una grossa mano al contrasto e all’insicurezza alimentare nel mondo. Lo ha dichiarato il vice direttore generale della Fao Daniel Gustafson in occasione della presentazione a Bruxelles del Rapporto sulle crisi alimentari del 2017.
Secondo Daniel Gustafson, infatti, il tipo di sviluppo agricolo italiano è un modello «istruttivo per gli altri Paesi del mondo» e avere la sede Fao a Roma «ha avuto un enorme impatto» sui sistemi organizzativi facendo sì che lo Stivale cooperasse attivamente e in maniera incisiva per il contrasto dei problemi alimentari nel mondo.
Abbiamo parlato più volte di come conflitti, cambiamenti climatici e calamità abbiano dato origine a una preoccupante crescita di persone nel mondo ridotte a patire la fame, con un +25,9% dal 2015 al 2016. Un problema risolvibile solo se si mettono in campo forze e sinergie da parte dei Paesi che hanno capacità produttiva e organizzativa e il fatto che molte nazioni questo comincino a capirlo, secondo Gustafson, significa «un buon cambio di prospettiva e un passo avanti enorme».
Il vice direttore della Fao si è soffermato molto sull’apporto dato dall’Italia alla causa, spiegando come il nostro Paese mostrasse già in tempi meno bui un forte interesse per l’agricoltura globale, anche grazie all’impeccabile lavoro svolto dalle organizzazioni non governative. Si pensi, dice Daniel Gustafson, «alla presenza dell’Italia dove le crisi alimentari si erano manifestate già in passato e ora continuano a manifestarsi, come in Etiopia, in Somalia, in Sud Sudan».
Altro elogio di Gustafson dedicato al nostro Paese riguarda l’impegno profuso nelle produzioni locali, un esempio che a suo parere dovrebbe essere seguito da altre realtà. E, infine, ciò che si sta facendo sulla nostra Penisola riguardo i progetti che coinvolgono i giovani e l’agricoltura. Segno di lungimiranza, esempio virtuoso di concepire l’economia anche in maniera solidale.