“Felicità, Benessere e Bene Comune: quali direzioni per una società ricca di senso e capace di creare valore economico sostenibile?”. E’ questo il titolo dell’incontro svoltosi il 17 marzo all’Auditorium Conciliazione di Roma dove, in occasione della Giornata internazionale della felicità (20 marzo), economisti, filosofi, studiosi si sono dati appuntamento per analizzare i risultati del Rapporto dell’Onu sulla felicità (leggi l’articolo).
L’evento, organizzato dalla Fondazione Cortile dei Gentili in collaborazione con la Regione Lazio, rientra nella tre giorni promossa dall’Università Tor Vergata e l’Università Lumsa e apertasi con la Happiness conference, un incontro di studiosi sulle possibilità di misurare il benessere attraverso indicatori chiave andato in scena il 15 marzo alla presenza di studiosi provenienti da 17 diverse nazionalità che hanno illustrato i risultati di un centinaio di lavori sul tema della felicità.
La giornata di studio del 17 marzo, invece, ha visto i redattori del World Happiness Report 2016 dialogare con studiosi di altre discipline su felicità, qualità della vita e i loro indicatori, confrontandosi anche con i più recenti dati Istat sul benessere sostenibile nazionale, regionale e locale. Al dibattito hanno preso parte il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, Giuliano Amato, presidente della “Fondazione Cortile dei Gentili”, gli economisti Luigino Bruni (LUMSA), Stefano Zamagni (Università di Bologna), Leonardo Becchetti (Università di Roma Tor Vergata), il filosofo Sebastiano Maffettone (LUISS) e gli studiosi Jeffrey Sachs (University of Columbia) e John Helliwell (University of British Columbia)
Riportiamo di seguito la nota di presentazione dell’evento che riassume perfettamente il senso dell’incontro.
Il valore di un territorio – persino la sua attrattività e la sua competitività nella globalizzazione – non si riduce al PIL (il flusso dei beni e servizi prodotti e fatturati in un determinato intervallo di tempo) ma ricomprende più in profondità lo stock dei beni spirituali, culturali, relazionali, ambientali ed economici di cui una comunità può godere. Ed è questo benessere inteso in senso più ampio che influisce sulla soddisfazione di vita dei cittadini e decide in ultima analisi se un politico verrà o meno rielettoa scadenza di mandato.
Per questo motivo, proprio come gli esperti di marketing sono soliti compulsare la soddisfazione dei consumatori e non si accontentano dei dati sulle vendite, così statisti, economisti e politici, si guarda con sempre maggiore interesse ai nuovi indicatori di benessere, di senso della propria esistenza (eudaimonia), di soddisfazione di vita e di felicità.
Lo sviluppo dei nuovi indicatori (l’Istat pubblica da qualche tempo la fotografia del benessere equo e sostenibile a livello nazionale, regionale ed urbano) e il loro utilizzo come parametri di riferimento per la valutazione d’impatto delle politiche pubbliche locali e nazionali avanza rapidamente e rende necessario un approfondimento concettuale e filosofico.
Quali e quanti i rischi nell’utilizzo di indicatori di felicità dichiarata, nel sostituire un indicatore imperfetto con uno altrettanto imperfetto? Meglio il rischio di paternalismo con indicatori decisi da commissioni di esperti che decidono cosa è bene per i cittadini o quello del paradosso degli “schiavi felici” per il quale fenomeni di adattamento rischiano di allontanare l’indicazione della soddisfazione di vita percepita da un vero progresso umano e sociale? Quanto infine i dati sulla felicità dichiarata si avvicinano all’estremo dell’edonismo o, al contrario, riflettono una legge naturale dell’animo umano orientato alla virtù? In che modo gli indicatori di benessere tengono conto del bene comune e dell’interdipendenza esistente tra gli esseri umani? Non necessariamente le due cose coincidono. Per citare solo un esempio, adottare comportamenti ambientalmente responsabili può essere personalmente faticoso, ma contribuisce al bene comune e alla felicità pubblica.
L’approfondimento filosofico di questi temi non è fine a sé stesso in quanto lo scegliere una strada o l’altra in termini di indicatori incide in maniera fondamentale sulla direzione di marcia delle politiche economiche e sociali. Gli indicatori di benessere, una volta definiti, rappresentano delle vere e proprie tavole della legge “laiche” delle società moderne, per le quali tutto ciò che li accresce è “bene” e tutto ciò che li riduce è “male”.
Dall’incontro, promosso dal “Cortile dei Gentili” in collaborazione con la Regione Lazio, che commenterà i dati più recenti in materia (il rapporto BES dell’ISTAT e il World Happiness Report 2016 con la classifica della soddisfazione di vita dei paesi a livello mondiale) ci aspettiamo che i giornalisti, economisti e politici riflettano su questi temi fornendo spunti e piste di azione per la scelta dell’approccio più corretto al tema della costruzione di indicatori condivisi di felicità sostenibile.