Nei giorni scorsi si è concluso il primo corso di formazione, in Abruzzo, per tutori volontari di minori stranieri non accompagnati promosso dall’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza. In quell’occasione abbiamo già avuto modo di analizzare questa importante figura (leggi l’articolo), ma abbiamo sentito l’esigenza di approfondire maggiormente il tema andando ad intervistare Filomena Albano, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, alla quale abbiamo rivolto anche altre domande per conoscere quanto di buono fatto e quanto ancora da fare per tutelare il più possibile i diritti dei bambini e degli adolescenti nel nostro Paese.
Chi sono i tutori volontari e perché questa figura è così importante?
E’ una novità prevista da una legge di recente approvazione, la Legge 47/2017, che prevede che mentre prima il tutore era prevalentemente una figura istituzionale, o un avvocato , adesso si vada a valorizzare la relazione tra la persona adulta di riferimento e il ragazzo, nella consapevolezza che è appunto la relazione a rappresentare il canale per un’integrazione più veloce e più rapida. In questo senso il tutore volontario è una figura che nasce dal basso. E’ un esempio di cittadinanza attiva o di genitorialità sociale, come l’abbiamo definita noi, che chiama ognuno di noi in gioco, perché ognuno di noi può raccogliere la sfida di diventare una guida, un punto di riferimento per ragazzi che sembrano grandi, perché sono adolescenti, ma che sono completamente disorientati all’arrivo nel nostro Paese. Nella nostra campagna pubblicitaria noi, come Autorità, diciamo che sono ragazzi che hanno affrontato il mare e il deserto ma che adesso devono affrontare la normalità in un Paese che non conoscono, un Paese complesso anche per noi che ci siamo nati e cresciuti. Questa normalità si può affrontare con l’aiuto di una persona adulta che ha ricevuto molto e che è disposta a mettersi in gioco e a ridare qualcosa di quello che ha ricevuto.
L’Autorità Garante nazionale si è fatta carico di promuovere il primo corso in Abruzzo perché in questa regione non è stata ancora istituita la figura del garante regionale. A chi spetta la nomina e perché è fondamentale che ogni regione abbia il proprio garante?
La legge 47/2017 prevede che l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza di cui io sono titolare, debba intervenire in via temporanea nelle regioni prive di garante regionale. Devo dire che l’Abruzzo non solo è una regione priva di garante regionale, ma è una delle due sole regioni in Italia priva proprio di una legge istitutiva del garante regionale. Quindi è un passo ancora indietro. Il secondo elemento che sottolineo è che nel momento in cui la legge è entrata in vigore e noi ci siamo attivati subito, non le nascondo con tante difficoltà nell’organizzare corsi di formazione in regioni per le quali non abbiamo nessuna prossimità territoriale, altre regioni dove pure mancava il garante lo hanno nominato, e le faccio l’esempio del Molise, dove la nomina è avvenuta nel corso dell’estate, e della Sardegna, dove il garante è stato nominato un mese fa. Allo stato manca la Toscana, come regione che ha la legge ma non ha il garante, e l’Abruzzo e la Valle d’Aosta, prive di leggi. Nella Valle d’Aosta il problema è circoscritto perché il numero di minori è veramente esiguo, tant’è che ho dato la delega alla garante piemontese, anche perché il tribunale che gestisce l’elenco è unico. Il caso dell’Abruzzo, quindi, direi che è il caso più eclatante perché manca proprio la legge. Per rispondere alla sua domanda, a chi spetta la nomina, dipende dalla legge regionale. Nella stragrande maggioranza delle regioni, la nomina spetta al Consiglio regionale con alcune eccezioni come la Sicilia, in cui la nomina è di competenza della Giunta. Nel caso dell’Abruzzo è proprio l’iter normativo che manca e quindi spetterà alla legge definire profilo, compiti del garante e anche modalità di nomina. Auspico che la Regione si attivi quanto prima per procedere in questa direzione perché è ovvio che una prossimità sul territorio rappresenta un vantaggio per l’infanzia e l’adolescenza.
Recentemente sono stati presentati i dati del terzo rapporto del Gruppo CRC sull’attuazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia. Qual è la fotografia che emerge?
Questo è il primo anno che, accanto al Rapporto del gruppo delle 96 associazioni che fanno parte della CRC e che svolgono un importante ruolo di monitoraggio sull’applicazione della Convenzione sui diritti del fanciullo in Italia, anche l’Autorità Garante ha espresso il parere previsto dalla sua legge istitutiva in merito al rapporto governativo alle Nazioni Unite. Il nostro parere riflette quanto riportato nel monitoraggio della CRC, da cui emerge un quadro estremamente frastagliato, in particolare perché manca una governance complessiva nelle politiche in materia di infanzia e di adolescenza. Il segmento infanzia e adolescenza è infatti spezzettato all’interno di tante amministrazioni dello Stato: il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero dell’Interno per quanto riguarda l’immigrazione, Ministero della Giustizia, Ministero dell’Istruzione, Salute, Dipartimento Pari Opportunità, Dipartimento per la Famiglia e così via. E’ invece necessario che tutti i soggetti che si occupano di infanzia – istituzioni pubbliche a ogni livello e privato sociale – facciano rete per mettere in atto politiche di sostegno e inclusione che non si limitino alla gestione dell’emergenza ma rispondano a una visione strategica di lungo periodo. Una cabina di regia unitaria consente anche di monitorare l’efficacia degli interventi e il funzionale impiego delle risorse.
E’ dei giorni scorsi la firme di un protocollo che vi vede protagonisti insieme a Save the Children. Cosa prevede questa partnership?
L’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza si interfaccia con molte istituzioni e realtà associative che si occupano di tutela dei diritti dei bambini. Tra queste c’è senza dubbio Save the Children con la quale l’Autorità Garante ha già avviato una collaborazione ben collaudata anche nell’ambito dei corsi di formazione per i tutori volontari. Questo protocollo è dunque un ulteriore tassello per proseguire e implementare questo percorso già avviato volto alla realizzazione di iniziative congiunte a tutela dei diritti dei bambini nel nostro Paese: dalla promozione della figura dei tutori volontari dei minori stranieri non accompagnati al contrasto alla povertà minorile ed educativa, passando per la prevenzione di abusi e maltrattamenti nei confronti dei bambini ad azioni volte a favorire la loro partecipazione nelle scelte che li riguardano.
Un nuovo anno sta per iniziare. Qual è l’augurio che vuole rivolgere a tutti i bambini, italiani e stranieri, che vivono in Italia?
Il miglior augurio che posso rivolgere è che tutti i bambini e gli adolescenti che vivono in Italia vengano considerati a prescindere dalla loro cittadinanza e nazionalità. Che venga rispettato, dunque, il principio di uguaglianza e che non ci sia alcuna forma di discriminazione.
Quale è, a tal proposito, il punto di vista dell’Autorità Garante in materia di Ius soli?
Oggi nel nostro Paese bambini e ragazzi che crescono, giocano e studiano insieme hanno uno status diverso a seconda delle origini dei loro genitori: introdurre nel nostro ordinamento lo Ius soli significa colmare questa differenza di condizione e dare piena attuazione al principio di non discriminazione, sancito dall’articolo 2 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Non solo, ha il significato di un importante passo in avanti in termini di inclusione e integrazione, perché la cittadinanza attribuisce senso di appartenenza a una comunità.
Infine, qual è secondo lei il fattore più importante per il raggiungimento della felicità pubblica?
Credo che per raggiungere la felicità pubblica ognuno di noi debba porsi degli obiettivi, anche piccoli. Ma soprattutto che il raggiungimento di un qualsiasi obiettivo venga visto non soltanto come punto di arrivo, ma come tappa di un percorso più lungo da compiere per migliorarsi e migliorare la società.