Esistono stupri di serie B? La violenza sessuale può essere più o meno grave a seconda della vittima o del carnefice?
Potrebbero sembrare domande provocatorie alle quali rispondere con un “Certamente no!”. Eppure negli ultimi giorni in più occasioni ci siamo trovati a pensare che, purtroppo, in alcuni casi sembra proprio così.
In particolare nelle ultime settimane sono due gli episodi che maggiormente hanno riempito pagine di giornali e servizi in tv: quello di Rimini e quello di Firenze. Purtroppo non si tratta di due casi isolati dal momento che i dati del Viminale raccontano di oltre 2300 stupri registrati in Italia tra gennaio e luglio 2017, ai quali si aggiungono le decine, se non centinaia, di episodi che per paura o per vergogna non vengono denunciati.
Si tratta di migliaia casi diversi tra loro che hanno colpito indistintamente ragazze giovanissime o donne mature (uno degli ultimi si è verificato in un parco del Milanese ai danni di una 81enne), che sono stati commessi in metropoli o piccoli paesi di tutto lo Stivale, da uomini italiani o stranieri, a volte molto vicini alle donne, perfino mariti o fidanzati, altre volte da perfetti sconosciuti. Casi diversi all’apparenza ma identici nella sostanza, perché uno stupro è sempre uno stupro, anzi va visto come un vero e proprio colpo mortale che colpisce la sfera più intima e delicata di una donna, segnandone per sempre la sua vita e condannandola a una morte, se non fisica, sicuramente psicologica.
Basterebbe questa constatazione per affermare con certezza che “No”, non possono esserci stupri di serie B. Eppure la cronaca ci racconta esattamente il contrario.
Prendiamo il primo caso mediatico eclatante, quello di Rimini: una banda di quattro ragazzi stranieri, quasi tutti minorenni, prima avrebbe aggredito una coppia di polacchi sulla spiaggia, malmenando l’uomo e violentando la donna, e poi si sarebbe scagliata con la stessa violenza contro una trans peruviana. Nel secondo caso, invece, quello di Firenze: due giovani americane riaccompagnate a casa da due carabinieri sarebbero state violentate dagli stessi militari nell’androne del palazzo.
In entrambi i casi è d’obbligo il condizionale; dopotutto parliamo di sei “presunti” stupratori, almeno fino alla condanna definitiva. Eppure l’opinione pubblica si è già espressa e a darle man forte sono, purtroppo, anche i mezzi di comunicazione.
Nel caso di Rimini è stato facile e immediato puntare subito il dito contro la ferocia del branco e la cattiveria “dell’uomo nero”, collegare lo stupro alla pericolosità degli immigrati e addossare la colpa addirittura al Governo, responsabile di “farli entrare a casa nostra”. Una netta – e a mio avviso assurda – distinzione è stata fatta poi anche tra le due persone vittime di violenza: il dramma vero è stato quello della donna polacca in vacanza con il fidanzato, mentre senza dubbio “meno grave” è la violenza subita dalla trans che dopotutto è una donna di strada. Come se lo stupro fosse normale se commesso ai danni di chi è già abituato a vendere il proprio corpo.
C’è poi il caso di Firenze. E qui la faccenda si complica! I due accusati non sono solo italiani, ma per giunta uomini delle forze dell’ordine e immediatamente scatta un assurdo sentimento di protezione nei loro confronti e di sospetto verso le due americane. “Erano ubriache e forse drogate”, “li hanno provocati”, “avevano sottoscritto un’assicurazione contro gli stupri”, “i due carabinieri sono innocenti fino a prova contraria”. Ecco che lo stupro passa in secondo piano perché forse siamo davanti a due “furbette” che vogliono incastrare i militari dopo averli sedotti o, al massimo, che se proprio sono state violentate, “se la sono cercata”.
Il classico doppiopesismo all’italiana, insomma, dove se a commettere un errore è “il buono” per antonomasia è necessario trovare quanto meno delle attenuanti.
Non spetta certamente a noi stabilire la verità su questi drammatici episodi, ma ciò che vogliamo evidenziare è che forse davvero ci sono stupri percepiti come più gravi di altri. A ben pensarci anche per noi è così, ma questa volta siamo in controtendenza. Riteniamo infatti che l’episodio di Firenze, se confermato dalla magistratura, sia senza dubbio più grave perché commesso da persone che in quel momento rappresentavano la legge e la sicurezza e alle quali le due ragazze americane hanno deciso di affidarsi proprio per sentirsi tutelate.
Ma ancora più grave è l’atteggiamento di certe testate giornalistiche che ci sentiamo di stigmatizzare con forza, volto solo a fomentare l’odio razziale e ad incentivare la curiosità “malata” di certi lettori con dettagli morbosi e crudi che nulla aggiungono al racconto ma che, al contrario, influiscono ulteriormente sul dramma di chi subisce violenza.
Il direttore
Vignetta di copertina: Freccia.