Un’equipe di medici specializzati in cardiochirurgia e volontari della Fondazione Mission Bambini è partita dall’ospedale infantile Regina Margherita di Torino alla volta di Yangon, ex capitale della Birmania, per salvare la vita di diversi minori.
L’equipe è composta da un cardiochirurgo, un cardiologo, due anestesiste, un perfusionista (lo specialista che in sala operatoria tiene sotto controllo la circolazione del sangue) e un’infermiera. Tutti hanno preso una settimana di ferie per partecipare al programma «Cuore di bimbi» della Fondazione e sono arrivati a destinazione dopo 17 ore di volo. Ad attenderli bambini e genitori colmi di speranza.
Sono stati effettuati due interventi salvavita al giorno per sette giorni senza interruzioni. E poi visite, tante visite a piccoli cardiopatici, a nati con malformazioni cardiache, a bimbi sofferenti che dovranno purtroppo attendere la prossima missione di Cuore di bimbi.
Il programma di Mission Bambini coinvolge 70 pediatri in tutta Italia che, a rotazione, girano per il mondo due volte l’anno, formando delle equipe per intervenire nei Paesi più poveri. Quei luoghi dove si effettua chirurgia di emergenza magari con il gruppo elettrogeno che improvvisamente salta e si resta senza corrente elettrica, là dove mancano letti e le condizioni igienico sanitarie sono praticamente inesistenti. Purtroppo le risorse sono quelle che sono, non è possibile fare più di così e ci si affida a questi volontari che generosamente si mettono a disposizione in modo gratuito.
Si stima che ogni anno nascano 1 milione di bambini affetti da malformazioni congenite al cuore e di questi l’80% viene al mondo nei Paesi più poveri, dove non è possibile ricevere cure immediate. La metà di questi è destinata a non raggiungere il primo anno di vita, gli altri vanno incontro a gravi problemi di crescita e di sviluppo psicosomatico a causa di handicap respiratori e circolatori.
Oltre agli interventi e alle visite, come spiega la coordinatrice del progetto Giulia Albano, i medici fanno formazione impartendo lezioni e spiegazioni ai colleghi del posto, spesso affiancandoli in sala operatoria in modo che acquisiscano le tecniche che permetteranno loro di essere autonomi in futuro.
Solitamente i piccoli pazienti arrivano da lontano, da minuscoli paesini distanti anche centinaia di chilometri, seguiti da genitori e familiari angosciati e accampati per giorni nei corridoi dei luoghi di ricovero in attesa dell’arrivo dell’equipe specializzata. Paradossalmente sperano che il loro figliolo risulti così grave da essere operato subito affinché gli venga salvata la vita grazie a Mission Bambini.
Osserva però il professor Carlo Pace Napoleone, direttore della Cardiochirurgia a Torino e capo della squadra per Yangon: «Sono sempre colpito dalla dignità che incontriamo anche quando spieghiamo che l’operazione va rinviata, che ci sono casi più seri. Nonostante l’angoscia che quelle madri e padri si portano addosso, ci ringraziano, ci sorridono, ci sono grati. Credo nell’essere umano, nella generosità della maggioranza delle persone».
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