Gli eventi, pubblici o privati, sono uno degli strumenti più utilizzati in Italia per raccogliere fondi. Come fundraiser, ho sempre pensato – e negli anni me ne sono convinto -, che la buona riuscita di un evento sia data principalmente da tre fattori: i fondi raccolti, le relazioni attivate (con l’accrescimento della rete) e il lavoro di gruppo. A margine, aggiungerei la possibilità di ripetere l’evento, se ben riuscito (un po’ di lavoro risparmiato per la prossima volta).
Tanti ritengono che l’unico parametro del successo di un evento sia la raccolta di fondi, ma non è assolutamente così. Può essere convinto di questo solo chi raccoglie monetine (senza offesa per nessuno) ma se l’organizzazione intende utilizzare davvero il fundraising, allora deve considerare molto altro. Un buon contatto, un nuovo donatore, un nuovo volontario valgono molto di più di occasionali 10, 50 o 100 euro. Il donatore non è regolare se non arriva almeno alla seconda donazione. Tra la prima e la seconda donazione c’è bisogno di fidelizzarlo e questo vuol dire che il contatto va mantenuto vivo.
Una cena senza “censimento” dei presenti non ha senso. Io ho bisogno di dare un seguito al mio lavoro, alle strette di mano, a un brindisi, allo scambio veloce di parole e alla promessa di rivedersi. Non può risolversi tutto solo con musica e pasta con il sugo altrimenti si perdono di vista la mission e i progetti associativi, per non parlare dei princìpi del fundraising!