Gerusalemme è la capitale dello Stato di Israele? Certo, secondo la legge fondamentale israeliana, ma non per le Nazioni Unite e per molti Stati che hanno collocato a Tel Aviv le loro ambasciate. Forse Gerusalemme non sarà la capitale di Israele per le risoluzioni internazionali ma, di certo, lo è per la storia e, quindi, nessuno può ragionevolmente contraddire Netanyahu quando afferma che “Gerusalemme è sempre stata capitale di Israele”.
E Gerusalemme è la capitale della Palestina? Certamente no, perché non esiste uno Stato palestinese. Ma sarebbe giusto lo fosse? La risposta, per paradosso, è la stessa. Come afferma Abu Mazen ”Gerusalemme è la capitale eterna dello Stato di Palestina”.
Allora, ha ragione il presidente Trump quando sostiene che “oggi riconosciamo l’ovvio: Gerusalemme è la capitale d’Israele. È il riconoscimento della realtà, niente di più”? Anzi, “riconoscere la verità è (…) un passo verso la pace”, come ha sostenuto Netanyahu?
Oppure dobbiamo dar credito a Federica Mogherini che a nome della UE continua a ricordare che “l’unica soluzione realistica è basata su due Stati, con Gerusalemme capitale sia dello Stato di Israele sia dello Stato palestinese”?
I fatti sembrano essere da questa parte. Le istituzioni internazionali e la grande maggioranza degli Stati non sono disponibili a seguire Trump in quest’ultima avventura. Le aspettative dei palestinesi da troppi anni restano deluse per la caparbia opposizione della destra israeliana e dell’attendismo statunitense. Oggi il riconoscimento internazionale di Gerusalemme capitale d’Israele suonerebbe come un’intollerabile provocazione ai palestinesi e a quanti, in tutto il mondo, si sono fatti interpreti delle loro ragioni.
Allora l’appello di papa Francesco “alla saggezza e alla prudenza di tutti” non appare affatto ingenuo o scontato, soprattutto alla luce della considerazione che Gerusalemme è una “città sacra ai cristiani, agli ebrei e ai musulmani di tutto il mondo”.
Sì, Gerusalemme è la capitale di Israele e dello Stato palestinese, ma è anche un simbolo di incontro e dialogo che appartiene al mondo intero. Chi ha percorso le strade della Città Vecchia con cuore e mente liberi da pregiudizi non parlerà mai di città delle tre religioni monoteiste. Espressione astratta, da guida turistica, che non incontra i sentimenti delle persone. Gerusalemme è un luogo dove i confini perdono senso, dove le tradizioni si intersecano e si confondono, dove tutto è contiguo e indivisibile. Le partizioni amministrative appaiono prive di senso. I quattro quartieri – ebraico, musulmano, cristiano e armeno – sono testimonianza di storia, non lacerazione tra uomini.
Se non fosse per la follia dei nostri tempi il percorso dal Santo Sepolcro al Muro del Pianto alla Collina del Tempio si mostrerebbe a tutti nella sua essenza, un’esperienza irripetibile che pone ciascuno di noi a contatto con la storia e la ricerca spirituale. Al contrario, oggi sconsigliamo anche agli ignari turisti di passare da un luogo all’altro. Chiediamo anche a loro di prendere posizione. O da una parte o dall’altra, dimenticando che la Via Dolorosa, ad esempio, attraversa tanto il quartiere musulmano quanto quello cristiano. Oggi molti israeliani non sono mai stati nella “loro” capitale; altri scoraggiano la visita di parenti e amici.
Gerusalemme, per chi crede, è il luogo dove si cerca Dio. Per chi non crede è il luogo dell’incontro, del dialogo, un “grumo” di storia di inestimabile valore.
Non possiamo arrenderci a un insensato e pericolosissimo braccio di ferro sulla “proprietà” di Gerusalemme. La storia insegna che Gerusalemme è la capitale di Israele. La storia insegna che Gerusalemme è la capitale della Palestina. Dovremmo prendere alla lettera le parole di Netanyahu: “riconoscere la verità è (…) un passo verso la pace”. Purché la verità sia rappresentata nella sua interezza. E poi, tutti dovremmo prenderci cura di Gerusalemme perché lì si “nasconde” e si “svela” una parte di ciascuno di noi.
Vignetta di copertina: Freccia.