10 febbraio 2018 – Si celebra oggi la Giornata del ricordo delle vittime delle foibe – una pagina nera della nostra storia che più volte ha rischiato di essere sepolta sotto la coltre dell’oblio – grazie alla legge 30 marzo 2004 n. 92 “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Le foibe sono delle cavità naturali, dei pozzi, presenti sul Carso (altipiano alle spalle di Trieste e dell’Istria). La parola deriva da un termine del dialetto giuliano derivante, a sua volta, dal latino fovea che sta a significare fossa, cava e non grotta come riportato erroneamente da alcuni storici.
Per volere del maresciallo Tito e dei suoi partigiani, e in nome di una delirante necessità di pulizia etnica che avrebbe dovuto porre fine alla presenza italiana in Istria e in Dalmazia, oltre 10.000 persone hanno trovato la morte nelle foibe. Un genocidio sistematico che non si fermava di fronte all’età della vittima, al sesso, alla religione. Le persone venivano gettate nei pozzi con “la colpa” di essere italiani o contrarie al comunismo.
Il massacro delle foibe si situa storicamente nell’ambito della disputa tra italiani e popoli slavi per il possesso delle terre dell’Adriatico orientale, nelle lotte interne tra il crogiuolo di popoli che abitava quel territorio e nelle operazioni epurative jugoslave del dopoguerra.