In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa che si celebra proprio oggi, Amnesty International rilancia la sua campagna iniziata a febbraio per chiedere la liberazione di oltre 120 giornalisti imprigionati nelle carceri turche dopo il tentativo di colpo di stato nel luglio dello scorso anno. Insieme alla campagna promossa, Amnesty propone un rapporto intitolato “Il giornalismo non è un reato. La repressione della libertà di stampa in Turchia”.
Proprio in Turchia, quel Paese che persino secondo politici nostrani avrebbe dovuto a tutti i costi entrare nell’Europa Unita; quel Paese ormai così democratico e moderno. Quel Paese che ha detenuto abusivamente in prigione per 14 giorni Gabriele Del Grande, reporter, regista e blogger italiano, liberandolo solo dopo pressioni internazionali.
Quel Paese il cui Governo (appena rafforzato da un referendum presidenziale piuttosto discusso) non ama in modo particolare la libertà di stampa, che condanna i giornalisti al carcere o all’esilio, che quando li processa lo fa in modo sommario ma con la richiesta di pene severissime, come per Ahmet Altan, direttore del quotidiano “Taraf” accusato, insieme al fratello Mehmet di “aver inviato messaggi subliminali ai promotori del colpo di stato” durante un dibattito televisivo nel settembre 2016. Per lui e per altri 15 giornalisti è stata richiesta la pena dell’ergastolo. E in tutta sincerità non osiamo nemmeno pensare a come possano essere anche solo sette giorni all’interno di un carcere turco.
Oltre al carcere per i giornalisti e reporter, da luglio dello scorso anno sono stati chiusi oltre 150 organi di informazione e oltre 2500 operatori del settore e i giornalisti sono rimasti senza lavoro.
Il segretario generale di Amnesty International Salil Shetty ha dichiarato: «Un’ampia parte dei giornalisti indipendenti turchi è da mesi dietro le sbarre senza accusa né processo o rischia di essere giudicata sulla base delle vaghe norme anti-terrorismo. Oggi i nostri pensieri vanno a tutti i giornalisti in carcere, a quelli che subiscono minacce e rappresaglie, ma soprattutto a quelli della Turchia, dove la libertà d’espressione viene brutalmente imbavagliata. Chiediamo alle autorità di Ankara di rilasciare immediatamente e senza condizioni tutti i giornalisti che sono in carcere solo per aver fatto il loro lavoro».
Riportiamo per intero l’appello quanto afferma Amnesty International nel suo appello:
«I media indipendenti in Turchia non sono ancora morti, ma sono stati gravemente feriti. La repressione deve finire. I giornalisti e gli altri operatori dei media devono essere liberati da estese e punitive carcerazioni preventive. Devono poter fare il loro lavoro, perché il giornalismo non è un crimine.
Con oltre 120 giornalisti e altri operatori dei media in prigione, varie migliaia di disoccupati per la chiusura di oltre 160 aziende del settore, l’effetto dell’ultima ondata di erosione della libertà di stampa è chiaro: il giornalismo indipendente, in Turchia, è sull’orlo di un precipizio. Firma ora per chiedere alla Turchia di porre fine a questa repressione».
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