di Camilla Isotti.
Milano è ammaliante non solo perché offre ampia scelta all’interno della città (tra eventi, cultura, cinema e teatro non si ha mai tempo di fare tutto!), ma anche in termini “dintorni”.
Quando si avvicina l’estate, il caldo diventa insopportabile e i tacchi si sciolgono nell’asfalto, il cittadino milanese comincia ad avere necessità impellente di evasione durante il weekend, verso mete esotiche o, quando non sia possibile andare così lontano, o non si abbia già prenotato un biglietto per il Sud Italia o le isole, ci si accontenta di rifugiarsi nelle spiagge della Liguria oppure nei vicini laghi. Lo scorso weekend, visto che non ero tra i fortunati ad avere già prenotato biglietti né per il Sud né per altri lidi stranieri, ho optato per la seconda scelta e ho deciso di visitare quei gioielli delle Isole Borromee, ubicate nel Lago Maggiore, ovvero Isola Madre, Isola Bella e l’Isola dei Pescatori.
La vita sull’isola per chi viene da una metropoli ha sempre un altro sapore, un fascino tutto suo, dove il tempo sembra essersi fermato, se non fosse per gli orari dei motoscafi da tenere sott’occhio, a meno che non si desideri perderlo e restare una notte sull’isolotto (ipotesi comunque da non sottovalutare). La sensazione è come se le isole siano state create come piccole oasi in cui superare il métro-boulot-dodo (per utilizzare un verso famoso di Pierre Béarn), rappresentativo del ritmo di vita caotico quotidiano.
Visitare le Isole Borromee vuol dire avvicinarsi inevitabilmente alla storia della famiglia Borromeo, tra le più importanti a Milano, ma che forse non tutti sanno essere originaria di San Miniato, in Toscana, costretta a lasciare l’Italia centrale attorno al 1370 per Milano, in seguito alla messa al bando della famiglia e alla condanna a morte di Filippo (banchiere e politico italiano, secondo conte di Arona e figlio di Vitaliano I Borromeo), che nel 1367 aveva capeggiato la sollevazione della città contro Firenze. Non è mia intenzione richiamare tutto l’albero genealogico dei Borromeo, ma occorre sottolineare che il vero fondatore della fortuna dei Borromeo in Lombardia fu Vitaliano I (1391 c.a.-1449), a cui si devono i primi acquisti presso il Lago Maggiore (c.a. 1439 -1447). Sarà poi con Vitaliano VI (terzogenito di Carlo III e Isabella D’Adda), comandante militare di grande rilievo durante la Guerra franco-spagnola della prima metà del Seicento, che a partire dal 1650 si diede avvio al completamento e definizione del palazzo e dei giardini dell’Isola Bella. In particolare, la denominazione dell’isola prende spunto dal nome di Isabella d’Adda, moglie di Carlo III Borromeo, che gliela dedicò commissionando il palazzo all’architetto milanese Angelo Crivelli (proseguito poi dal ticinese Carlo Fontana).
Visitando il palazzo a Isola Bella la prima impressione è quella di trovarsi all’interno di un ambiente artefatto, quasi fiabesco, in cui l’inattuale ambiente risalente alla metà del VXII secolo diventa attuale e all’artificiosità delle decorazioni fluttuanti da una stanza all’altra si contrappone la natura del lago statico, che sta lì da sempre, mescolandosi con le originali vegetazioni del giardino botanico. Si può respirare la vita di corte, persino immaginare la contessa D’Adda correre tra le stanze maestose (magari annoiandosi, non è tutto oro quello che luccica!).
L’estetica barocca del palazzo irrompe in ogni stanza e non sembra essere contaminata dal tempo, irrealisticamente ancora lì, intatta con i suoi oggetti e i suoi molteplici ornamenti. In particolare, nella galleria del Generale Berthier (detta anche “Galleria dei Quadri”), potrete notare le preziose collezioni della famiglia Borromeo, tra cui dipinti di Raffaello, Correggio, Antonello da Messina e Tiziano. Proseguendo, resterete sopresi dalla splendida sala del Trono e delle Regine per le sue appariscenti decorazioni barocche, in cui il rosa fluo si mescola all’oro, ricordando lo stile di Maria Antonietta.
Per tutta la sua vita, Vitaliano VI ebbe sempre una forte passione per la cultura e la letteratura, divenendo patrono e mecenate di molte menti brillanti della sua epoca e fu senza dubbio un personaggio illuminato. È a lui che si deve il rivestimento delle grotte del palazzo dell’isola Bella con ciottoli bianchi e neri, frammenti di tufo, stucchi e marmi neri specchianti, depositarie di oggetti da collezione che lo appassionavano (tra cui statue cinesi, raccolte di conchiglie e alghe fossili, e reperti archeologici di indubbio valore, tra cui segnalo una piroga dell’età del ferro stupenda). Le ampie finestre senza infissi si aprono direttamente al livello del lago e avrete una sensazione di frescura, come se non ci fossero confini, sembrerà quasi che queste stanze provengano direttamente dai fondali marini; non a caso le grotte furono immaginate da Vitaliano VI come luogo in cui evadere durante le giornate più calde (e vi assicuro che anche voi lo ringrazierete).
Superato l’Atrio di Diana – l’elemento di raccordo tra lo spazio aperto del giardino e il palazzo – ciò che colpisce maggiormente è il Teatro Massimo, un’imponente struttura barocca, la cui sommità è dominata da un liocorno simbolo della casata Borromeo, cavalcato dalla figura allegorica dell’Onore. Giochi d’acqua, fontane e decorazioni di pietra a forma di conchiglie, accentuano l’immagine marittima. Ci sono anche pavoni bianchi che passeggiano tranquillamente nel giardino contribuendo a crearne un’immagine altamente suggestiva e fiabesca. Ai lati dell’anfiteatro, due ampie scalinate conducono alla terrazza che sorge a trentasette metri sul livello del lago, da cui potrete godere di un panorama bellissimo, dove l’immaginazione supera la realtà.
Le Isole Borromee sono comodamente raggiungibili in motoscafo, partendo da Baveno, oppure da Stresa. Per visitare Isola Madre e Isola Bella occorre tuttavia fare un biglietto, che consente l’accesso a Palazzo, Pinacoteca (nel caso di Isola Bella) e Giardino.
Sublime il giardino dell’Isola Madre, la più grande del Verbano, con le sue collezioni botaniche uniche per le essenze vegetali provenienti da ogni parte del mondo, persino un giardino di ninfee che richiama quello di Claude Monet a Giverny, nonché i suoi più noti dipinti presso il Museo dell’Orangerie, a Parigi.
All’interno del palazzo dell’Isola Madre potrete notare il salotto veneziano, caratterizzato da pareti decorate secondo la tecnica del trompe l’oeil che rimandano a un gazebo fiorito, i teatrini di casa con le splendide marionette, che venivano utilizzate per allietare le giornate, la collezione di porcellane e arazzi e nelle vetrinette accessori d’epoca, tra cui ventagli, guanti e piccole borse di un’epoca passata.
L’isola dei Pescatori con i suoi 100 metri di larghezza per 350 di lunghezza è la più piccola delle isole, la cui pacatezza dei vicoli stretti e sinuosi la rende tappa ideale da visitare dopo la sfarzosità delle isole precedenti. Unica tra le Borromee ad essere abitata durante tutti i mesi dell’anno, è caratterizzata da una piazzetta racchiusa da viuzze che conducono alla punta settentrionale dell’isola.
Sicuramente dobbiamo riconoscere a Carlo III Borromeo e Vitalino VI una capacità visionaria, senza tempo, una creatività da palcoscenico.
Visitando le isole si assapora la qualità di un’epoca che non c’è più, di un barocco iconico, forse ridondante se pensiamo al “minimal” odierno, ma piacevole alla vista, con un effetto caleidoscopico, in cui la semplicità insita nella natura si confonde amabilmente con la creazione dell’uomo e quasi non si riesce più a distinguere dove finisce uno e inizia l’altro.