Dal terzo rapporto annuale dell’Istituto Bertelsmann Stiftung curato da Daniel Schraad-Tischler e Christof Schiller, emerge come la giustizia sociale sia in leggero miglioramento nella maggioranza degli Stati dell’Unione Europea. Tale studio prende in considerazione 6 elementi d’analisi: prevenzione della povertà, equità dell’istruzione, accesso al mercato del lavoro, coesione sociale e non discriminazione, salute, giustizia intergenerazionale. Se da un lato il rapporto evidenzia un leggero miglioramento nel complesso, non mancano le criticità tra cui la più evidente è quella che fa riferimento a una forte iniquità diffusa tra i più giovani.
Quanto alla giustizia sociale, lo studio replica in sostanza quanto era stato rilevato nel 2015: i segnali positivi sarebbero da attribuirsi all’accesso nel mercato del lavoro in quasi tutti gli Stati Ue, compresi alcuni insospettabili come ad esempio Irlanda e Italia, che è al 24° posto della classifica generale e dunque molto indietro rispetto agli altri Paesi malgrado i miglioramenti.
La testa della classifica è occupata da Svezia, Finlandia e Danimarca. Seguono Repubblica Ceca – che ha attuato piani di interventi ritenuti molto validi in materia di prevenzione della povertà e salute – Olanda, Austria e poi Germania che hanno dato il meglio per quanto riguarda il mercato del lavoro. Nella posizioni più basse navigano invece gli Stati dell’Europa meridionale – Spagna, Portogallo, Italia e Grecia – e l’Irlanda. Indietro anche i Paesi dell’Est e in particolare la Romania, la Bulgaria e l’Ungheria. Il rapporto spiega come, nonostante la situazione generale di miglioramento, praticamente nessuna nazione membro Ue sia stata capace di tornare a una situazione di benessere pre-crisi, dunque riferita al 2008.
Lo studio parla dell’aumento dei “working poor”, definizione che indica tutti coloro che, nonostante un lavoro full time, restano a rischio povertà. Una percentuale in salita dunque, dal 7% del 2009 al 7,8% del 2015, mentre nel nostro Paese i “lavoratori poveri” costituiscono il 9,8% dei lavoratori a tempo pieno. Situazione, questa, che riguarda a sorpresa anche la Germania dove, sebbene gli ottimi punteggi ottenuti nell’accesso al mercato del lavoro e l’aumento dell’indice di giustizia sociale, gli occupati full time a rischio di povertà sono del 7,1%.
Ma l’aspetto più preoccupante mostrato dal rapporto riguarda i giovani, soprattutto quelli provenienti dai Paesi che hanno maggiormente risentito della crisi economica. Se in generale, infatti, la percentuale di giovani a rischio povertà è salita dal 26,4% al 26,9%, andando ad inquadrare la situazione dei soli Stati dell’Europa meridionale, scopriamo che Spagna, Grecia, Portogallo e Italia hanno subìto aumenti molto maggiori: dal 29,1% nel 2008 al 33,8% nel 2015.