Si chiama “Gran Casinò – Storie di chi gioca sulla pelle degli altri”, ed è lo spettacolo teatrale di Fabrizio De Giovanni che sta percorrendo il nostro Paese in lungo e in largo allo scopo di «dissuadere le persone dal giocare, dalle slot machine ai casinò, dalle lotterie ai gratta e vinci. Il gioco è una dipendenza, simile alla tossicodipendenza soprattutto quando si cominciano a vincere piccole somme».
Un fenomeno che negli ultimi anni ha avuto una crescita incredibile, d’altronde è un dato di fatto che quanto più un Paese si trovi in difficoltà economiche, tanto più fioriscano le lotterie. Contrariamente, quando esiste un benessere diffuso le ragioni di scommettere sulle partite di calcio, mettersi in fila dal tabaccaio per acquistare file e file di gratta & vinci, bere un caffè al bar col sottofondo musicale di slot machine che paiono impazzite, le ragioni di tanto accanimento, dicevamo, non ci sono.
E non è solo la psicosi del gioco d’azzardo a rappresentare un problema, ma soprattutto l’inevitabile strascico di fango che segue: famiglie che si impoveriscono perché uno dei membri è vittima della dipendenza e non riesce a smettere, anziani che affidano alla dea sbadata i pochi soldi della loro pensione, adolescenti che emulano i più grandi. Un problema sociale, non ci piove. Ma dietro tutto questo c’è, come il titolo stesso dello spettacolo teatrale denuncia, chi gioca sulla pelle degli altri, chi insomma si arricchisce ben consapevole di tanta povertà, chi specula sui sogni di ricchezza di una vita più confortevole.
Così Fabrizio De Giovanni chiama in causa il teatro sociale, si rivolge direttamente al pubblico nella speranza di svegliare le coscienze. Argomenta, racconta, spiega circostanze, lancia cifre e dati da far impallidire tanto sono alti, spiazza con i suoi monologhi, fa dei nomi, si serve di spezzoni di film. E se la prende, inevitabilmente, con le pubblicità di giochi on-line divenuti una forma di persecuzione, presenti a tutte le ore su tutti i canali.
Stiamo parlando di un fenomeno presente ovunque, «tanto nelle grandi città quanto nelle province, assistiamo a una proliferazione dell’offerta del gioco d’azzardo legale, sostenuta da una promozione pubblicitaria sempre più massiccia e aggressiva», argomenta Fabrizio De Giovanni.
Servono risposte dal mondo politico, è innegabile, ma serve anche la consapevolezza che raggiunge le folle e le invita a riflettere, confrontarsi, aprire gli occhi. Uno spettacolo teatrale che è una perla rara in questo senso, senza se e senza ma, scagliata contro una piaga sociale che non guarisce da sola. Tutte queste ragioni hanno spinto la compagnia teatrale itineraria a portare in giro per l’Italia un messaggio, una speranza, una voce forte, anzi due. Perché la sceneggiatura è di Ercole Ongaro e Fabrizio De Giovanni che tornano a ricordarci: «L’azzardo non è un gioco».