Il 15 novembre 2014 la Gazzetta Ufficiale della UE ha pubblicato la Direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio – del 22 ottobre 2014 – in materia di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni. In coerenza con gli orientamenti espressi in materia di responsabilità sociale delle imprese nella Comunicazione n. 681/2011 l’Unione vincola “le imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico” a includere “nella relazione sulla gestione una dichiarazione di carattere non finanziario contenente almeno informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell’andamento dell’impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto della sua attività”. Si tratta di un intervento di sicura rilevanza che entrerà in vigore “a decorrere dall’esercizio avente inizio il primo gennaio 2017 o durante l’anno 2017”.
Nel quadro del dibattito maturato in merito, proponiamo all’attenzione dei lettori l’abstract di un documento della Fondazionale Nazionale dei Commercialisti dal titolo Rendicontazione non finanziaria e asseverazione dei report di Corporate Responsibility nelle società quotate. Dinamiche internazionali e confronto con la situazione italiana su diffusione, tipologie, standard adottati e provider dell’attività di asseverazione.
Questo lavoro intende verificare il livello e le modalità di diffusione, nel contesto italiano e internazionale di primarie società quotate, del reporting non finanziario e delle attività di asseverazione di report di corporate responsibility (CR). Tale verifica si basa su un’indagine comparativa tra i dati e le informazioni disponibili in database di organizzazioni internazionali e quelli raccolti con indagine diretta (per quanto riguarda le società quotate italiane) relativa ai documenti informativi volontari pubblicati nei siti internet delle stesse società o dei Gruppi cui appartengono.
In particolare, l’analisi è stata orientata a comprendere le dinamiche internazionali e nazionali del reporting e dell’asseverazione dei report CR con riguardo alla loro diffusione, alle modalità con cui sono effettuati (tipologie e strumenti), agli standard adottati e, con riguardo all’asseverazione, ai provider che la svolgono.
La comprensione dello stato dell’arte e dell’evoluzione di comportamenti di disclosure “non-financial” (e quindi di informazioni environmental, social, governance (ESG) e di sostenibilità) nelle società quotate italiane vuole rispondere al duplice obiettivo:
Le ipotesi di questa ricerca possono essere così riassunte:
La verifica di tali ipotesi risponde all’opportunità di comprendere quali spazi vi siano in questo contesto per ulteriori sviluppi dell’attività professionale nell’erogazione di servizi finalizzati alla consulenza e alla pianificazione di processi di sustainability reporting, all’elaborazione dei relativi report (o alla predisposizione di altri strumenti di comunicazione web-based) e all’esecuzione delle attività di asseverazione dei documenti di rendicontazione CR.
Non tragga in inganno la circostanza che la norma europea sia attualmente circoscritta alle imprese di grandi dimensioni e di interesse pubblico. La redazione e l’asseverazione dei report non-financial di società e aziende sono attualmente, in buona parte, appannaggio delle grandi imprese di revisione contabile o sono svolte da dipartimenti interni alle stesse aziende; nondimeno il cambio di passo induce a ritenere che la cerchia di imprese e di organizzazioni soggette a forme di comunicazione non-financial obbligatorie possa essere ampliata nel prossimo futuro: dagli studi di contesto e dalla valutazione d’impatto della Commissione europea in base ai quali la direttiva 2014/95/UE è stata sviluppata, emerge proprio il “trascurabile” valore degli oneri amministrativi connessi alla raccolta e alla pubblicazione delle informazioni in questione, anche (e a maggior ragione) in rapporto ai benefici conseguenti alla crescita di consapevolezza degli stakeholder sulle attività delle società quotate, responsabili di oltre un terzo dei costi esterni ambientali generati a livello planetario.