La notizia è rimbalzata su tutti i mezzi di informazione: dal prossimo 20 settembre sarà possibile visitare la Tenuta presidenziale di Castelporziano, un vero e proprio polmone verde di 6 mila ettari a 25 chilometri di distanza dal centro di Roma, prenotando l’accesso direttamente sul sito del Quirinale. Le visite saranno organizzate e curate da studenti universitari, adeguatamente formati, insieme a volontari di WWF, Italia Nostra, Legambiente e Lipu.
Come è possibile leggere sul sito del WWF sono previsti sette percorsi, cinque naturalistici e due di carattere storico-artistico e archeologico.
“Il percorso storico-artistico (disponibile da metà gennaio a metà giugno e da metà settembre a metà dicembre e della durata di circa quattro ore e mezzo) comprende: museo archeologico, Castello, residenza storica e salone dei trofei, Chiesa di San Filippo Neri, Coffee house e limonaia, giardino storico della Regina con gli antichi mosaici, roseto, antico fontanile, mostra delle carrozze.
Come è possibile leggere sul sito del WWF sono previsti sette percorsi, cinque naturalistici e due di carattere storico-artistico e archeologico.
“Il percorso storico-artistico (disponibile da metà gennaio a metà giugno e da metà settembre a metà dicembre e della durata di circa quattro ore e mezzo) comprende: museo archeologico, Castello, residenza storica e salone dei trofei, Chiesa di San Filippo Neri, Coffee house e limonaia, giardino storico della Regina con gli antichi mosaici, roseto, antico fontanile, mostra delle carrozze.
Quello archeologico, (disponibile da metà settembre a metà novembre e da metà marzo a metà giugno) prevede, dopo la visita del museo archeologico, lo spostamento, con la navetta in località Tor Paterno, per visitare la villa imperiale e l’acquedotto romano. Poi, percorrendo via del Telefono e via delle Riserve, si giunge al fontanile della dogana. Il percorso, della durata di cinque ore e mezzo, si snoda in diversi ambienti di interesse naturalistico della Tenuta.
I percorsi naturalistici disponibili da metà settembre a metà novembre e da metà marzo a metà giugno sono organizzati in modo da limitare l’impatto sull’area naturale protetta. Le visite saranno effettuate a rotazione in quattro aree distinte: Capocotta – Via Antica, Malafede, Tor Paterno, Malpasso”.
Il Presidente di Italia Nostra Marco Parini, in proposito ha dichiarato: “Italia Nostra esprime il suo ringraziamento e il suo compiacimento al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la decisione di aprire al pubblico la tenuta di Castelporziano. (…) Questa iniziativa è di fondamentale importanza perché consente di aprire al pubblico un’area di grandissima dimensione, circa 6 mila ettari, un polmone verde fondamentale per il territorio in perfette condizioni di cui già dal 1970 Antonio Cederna sul Corriere della Sera ne invocava l’apertura al pubblico”. Infatti, per decenni Cederna si è battuto perché l’intera area della tenuta di Castelporziano venisse dichiarata riserva naturale e aperta al pubblico perché, come scriveva sul Corriere della Sera, il 21 luglio del 1970 “L’apertura al pubblico di Castelporziano assumerà un grande significato urbanistico, culturale, sociale. La tenuta, infatti, assieme a Castel Fusano e Capocotta, costituisce praticamente l’ultima grandiosa testimonianza di quelle che furono le selve impenetrabili che una volta ricoprivano quasi tutto il litorale tirrenico. Alla meravigliosa consistenza naturalistica si aggiunge il valore storico archeologico. Si presenta, oggi, un’occasione che possiamo definire storica: se si agirà con la dovuta competenza e maturità culturale, può cominciare da qui la riconciliazione degli italiani con la natura, con conseguenze sulla situazione generale”.
Di seguito la descrizione della Tenuta tratta direttamente dal sito del Quirinale.
Il Presidente di Italia Nostra Marco Parini, in proposito ha dichiarato: “Italia Nostra esprime il suo ringraziamento e il suo compiacimento al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la decisione di aprire al pubblico la tenuta di Castelporziano. (…) Questa iniziativa è di fondamentale importanza perché consente di aprire al pubblico un’area di grandissima dimensione, circa 6 mila ettari, un polmone verde fondamentale per il territorio in perfette condizioni di cui già dal 1970 Antonio Cederna sul Corriere della Sera ne invocava l’apertura al pubblico”. Infatti, per decenni Cederna si è battuto perché l’intera area della tenuta di Castelporziano venisse dichiarata riserva naturale e aperta al pubblico perché, come scriveva sul Corriere della Sera, il 21 luglio del 1970 “L’apertura al pubblico di Castelporziano assumerà un grande significato urbanistico, culturale, sociale. La tenuta, infatti, assieme a Castel Fusano e Capocotta, costituisce praticamente l’ultima grandiosa testimonianza di quelle che furono le selve impenetrabili che una volta ricoprivano quasi tutto il litorale tirrenico. Alla meravigliosa consistenza naturalistica si aggiunge il valore storico archeologico. Si presenta, oggi, un’occasione che possiamo definire storica: se si agirà con la dovuta competenza e maturità culturale, può cominciare da qui la riconciliazione degli italiani con la natura, con conseguenze sulla situazione generale”.
Di seguito la descrizione della Tenuta tratta direttamente dal sito del Quirinale.
La Tenuta di Castelporziano
L’ambiente naturale
La Tenuta Presidenziale di Castelporziano, dista circa 25 Km dal centro di Roma e si estende su una superficie di 60 Km2 (6039 ettari) comprendendo alcune storiche tenute di caccia quali “Trafusa, Trafusina, Riserve Nuove e Capocotta”.
Si estende ormai quasi alla periferia della città fino al litorale romano, comprendendo circa 3,1 Km di spiaggia ancora incontaminata.
Castelporziano è in parte delimitata dalla via Cristoforo Colombo, che collega la capitale ad Ostia, dalla strada statale Pontina e dalla strada statale litoranea Ostia Torvaianica.
A Castelporziano sono presenti la maggior parte degli ecosistemi costieri tipici dell’ambiente mediterraneo. Si incontrano, infatti, procedendo dal mare verso l’entroterra, un tratto di spiaggia ancora integra, dune recenti sabbiose con le tipiche piante pioniere e colonizzatrici che svolgono un’azione attiva di consolidamento delle sabbie, dune antiche stabilizzate con ampie zone umide retrodunali ed aree a macchia bassa ed alta con le tipiche specie sempreverdi ed aromatiche; di seguito si attraversa l’ambiente a lecceta, le pinete di pino domestico, il bosco misto planiziale (bosco misto di pianura) di querce (tipico delle pianure costiere), la sughereta, i pascoli per gli allevamenti del bestiame domestico e le aree per le coltivazioni estensive dei cereali.
La maggior parte dell’estensione è occupata dal bosco planiziale igrofilo (bosco di pianura legato ad ambienti umidi), caratterizzato dalla presenza di querce sempreverdi e caducifoglie e da specie più prettamente igrofile, in prossimità delle zone umide.
È questo uno degli ultimi lembi, ancora di elevata qualità ambientale, di quelle vaste foreste e dei boschi che un tempo, nell’antichità, si estendevano lungo tutta la costa laziale.
La particolarità di Castelporziano è soprattutto legata alla compenetrazione del querceto tipico del clima mediterraneo e del querceto tipico del clima continentale. Tra le querce sempreverdi sono ampiamente diffuse il leccio, la sughera e la quercia crenata, ibrido tra cerro e sughera. Tra le querce caducifoglie si segnala il cerro, la farnia ed il farnetto, mentre nelle zone umide più fresche si rinvengono il pioppo, il frassino ossifillo, l’acero, il carpino bianco e il carpino orientale tipico degli ambienti costieri mediterranei.
Il sottobosco è particolarmente ricco degli arbusti propri della macchia mediterranea con piante aromatiche e in prevalenza sempreverdi: corbezzolo, cisto, erica, ginepro, lentisco, mirto, fillirea, alloro, alaterno e ginestra.
Il bosco (misto planiziale), tra gli ecosistemi più delicati da tutelare, si estende per circa 2300 ettari, gli ambienti a macchia mediterranea, bassa ed alta, ricoprono una superficie di circa 500 ettari, la lecceta occupa un’area di 261 ettari soprattutto nella zona retrodunale e il bosco di sughera interessa un’area di circa 460 ettari. I boschi si alternano a radure e praterie naturali, costituendo associazioni vegetali di grande varietà ambientale.
Le pinete di pino domestico, realizzate con rimboschimenti artificiali, si estendono per circa 750 ettari con finalità di consolidamento delle dune sabbiose ed a protezione dai venti marini nell’area retrodunale, con caratteristiche produttive per la raccolta dei pinoli, con valenza naturalistica associata al leccio ed alla macchia mediterranea e con aspetto monumentale soprattutto per le pinete secolari. Il pino domestico, sebbene di introduzione artificiale, costituisce ormai un elemento fondamentale del paesaggio italiano, introdotto dagli antichi romani anche per la produzione di pinoli, che sono sempre stati oggetto di raccolta nel periodo invernale.
Negli ambienti meno accessibili la foresta è ricca di esemplari vetusti e di alberi monumentali. Un recente censimento ha individuato 29 alberi monumentali tra i più significativi per dimensioni e portamento, appartenenti a 7 specie diverse.
Dal punto di vista biologico ed ecosistemico sono di particolare interesse le “piscine”, specchi di acqua naturale che testimoniano l’antica presenza di ambienti umidi, di boschi allagati e di paludi che un tempo si estendevano a sud sino alla pianura pontina e a nord sino alla maremma.
Alla grande varietà della vegetazione corrisponde un’analoga ricchezza di specie animali.
I numerosi ungulati che vivono allo stato selvatico sono rappresentati principalmente da cinghiali, daini e caprioli, mentre è modesta la presenza del cervo. Insieme agli ungulati la foresta è popolata da numerosi altri mammiferi: la volpe, il riccio, fra i mustelidi la martora, la faina, la puzzola e il tasso, tra i roditori l’istrice e tra i lagomorfi la lepre italica e il coniglio selvatico.
Di particolare interesse zoologico vanno segnalati il cinghiale, che presenta una delle popolazioni più pure tra quelle originarie dell’Italia continentale, il capriolo attribuito alla sottospecie italica (originario del centro-sud Italia e riconosciuto come unità tassonomica distinta dal capriolo europeo) e la lepre italica.
La foresta di Castelporziano rappresenta anche un ottimo rifugio per numerose specie ornitiche, sia stanziali che migratorie. Il querceto centenario offre un ambiente idoneo per picchi di varie specie, ghiandaie e rapaci notturni come la civetta, l’allocco e il barbagianni; fra quelli diurni la poiana, il gheppio e lo sparviero. Fra gli uccelli di passo si segnalano molte specie svernanti come il colombaccio e la beccaccia e, attirati dalle zone umide, molti anatidi, limicoli e trampolieri, mentre nel periodo primaverile l’avifauna si arricchisce di altre specie come il rigogolo, la tortora, il nibbio bruno (nidificante con una colonia numerosa) e molte specie di insettivori.
A Castelporziano è attiva una stazione di inanellamento e analisi dell’avifauna migratoria finalizzata all’identificazione ed allo studio degli uccelli migratori.
Molto significativa è anche la presenza di alcuni rettili, tra cui la tartaruga palustre, alcuni anfibi, numerose specie di insetti e crostacei acquatici (tipici delle “piscine”), altri insetti legati al ciclo di decomposizione del legno morto (soprattutto grandi coleotteri associati agli alberi vetusti) o infeudati sulla vegetazione mediterranea e dei sistemi spiaggia-duna.
Gli allevamenti degli animali domestici costituiscono una componente rilevante del paesaggio tipico della campagna romana. Castelporziano, infatti, assicura la salvaguardia di equini e bovini di razza maremmana, quasi in via di estinzione, allevati allo stato brado ed accuditi da esperti butteri, secondo la tradizione secolare.
La selezione è assiduamente curata, tanto che gli esemplari della Tenuta spesso si classificano ai primi posti nelle principali esposizioni e rassegne di settore.
Le zone coltivate, storicamente lavorate ed indirizzate per assicurare dei raccolti intensivi, sono oggi considerate come parte integrante dell’ambiente e del paesaggio dell’agro romano. I 750 ettari riservati a pascolo e colture non intensive assicurano la produzione di cereali e foraggi, utilizzati per gli allevamenti zootecnici.
Nel corso degli ultimi anni si sono progressivamente intensificate le misure di salvaguardia, al fine di tutelare il valore naturalistico di questo unico vero polmone verde in un territorio densamente antropizzato ed urbanizzato, che ha assunto una rilevanza ambientale sempre crescente.
La Tenuta di Castelporziano, nata come riserva di caccia e riserva agricola, è andata progressivamente perdendo queste specifiche destinazioni.
Già nel 1977 l’attività venatoria è stata vietata, nel 1985 è stata realizzata l’annessione dell’area di Capocotta, circa 1000 ettari, salvata dalla speculazione edilizia, e successivamente, nel 1999, la Tenuta è stata riconosciuta Riserva Naturale dello Stato e assoggettata ad un regime di tutela secondo i criteri propri delle aree naturali protette. In linea con questi obiettivi, è stato realizzato un Museo Naturalistico per favorire gli approfondimenti della didattica e dell’educazione ambientale.
Al fine di tutelare con la massima attenzione i delicati equilibri degli ecosistemi naturali, è stata istituita una Commissione Tecnico Scientifica, della quale sono state chiamati a far parte esperti del mondo accademico e scientifico, con l’incarico di formulare indicazioni e proposte volte a garantire una corretta ed equilibrata gestione del comprensorio.
Già dal 1995 è stato attivato un programma di monitoraggio ambientale, che, con la partecipazione e l’impegno di numerosi enti ed istituti scientifici, consente di monitorare costantemente alcuni parametri ambientali. Vengono rilevati gli agenti inquinanti, la consistenza organica dei suoli, i livelli della falda freatica, le caratteristiche delle acque sotterranee e della salinità, lo stato di conservazione del patrimonio forestale, la consistenza delle popolazioni faunistiche, con censimenti primaverili ed autunnali, anche registrando attraverso le stazioni meteorologiche i valori termo-pluviometrici in relazione ai cambiamenti climatici.
Castelporziano viene segnalata dal mondo scientifico come un’area unica di elevato valore naturalistico per l’alto livello di biodiversità, in considerazione della complessità degli ecosistemi forestali, della notevole ricchezza floristica (circa 1000 specie) e faunistica (oltre 3000 specie) e della presenza delle piscine naturali, ambienti umidi temporanei e permanenti. Tale ricchezza biologica e la presenza di numerose specie e habitat di interesse comunitario hanno consentito l’inserimento di Castelporziano nella rete Natura 2000, definita dalle direttive comunitarie, attraverso l’individuazione di aree SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zona di Protezione Speciale).
Castelporziano e il territorio laurentino
La Tenuta di Castelporziano racchiude parte di un vasto territorio anticamente conosciuto come Laurentino, dalla città di Lavinio – Laurento, legata alle vicende leggendarie dello sbarco di Enea nel Lazio, ed è compreso tra le propaggini dei Colli Albani, la pianura del delta Tiberino ed il mare.
Frequentato dall’uomo già in età preistorica, il territorio, a partire dalla prima età del Ferro (IX sec. a.C.), è occupato da insediamenti di tipo abitativo che dall’età arcaica (VIII – VI sec. a.C.) si stabilizzano con un progressivo processo di formazione urbana, collocandosi prevalentemente su rialzi collinari a controllo delle vie di comunicazione naturali, raggiungendo, come nel caso dell’abitato di Decima, notevole fioritura.
Con il consolidarsi della potenza di Roma (IV – III sec. a.C.) l’intero territorio laurentino si arricchisce di strutture edilizie di tipo rustico, ville e residenze utili all’organizzazione agricola del comprensorio, mentre si vanno delineando in forma definitiva i principali assi viari delle vie Laurentina e Ostiense.
A partire dalla seconda guerra punica e, più intensamente, in età tardo repubblicana (II – I sec. a.C.) iniziano a svilupparsi, presso l’antica linea di costa, insediamenti marittimi costituiti da ville appartenenti a personaggi di spicco dell’aristocrazia romana, edificate in un territorio assai prossimo a Roma, già fortemente connotato dalla presenza della città di Ostia con il suo porto.
In età imperiale si intensifica l’edilizia residenziale di tipo signorile con l’edificazione di numerose ville, tra cui le fonti storiche ricordano quella di proprietà della famiglia imperiale e quella dello scrittore Plinio il Giovane.
Le ville, per ciò che concerne i servizi essenziali, si appoggiano ad un piccolo borgo, il Vicus Augustanus, sorto in età augustea ed attivo fino alla tarda antichità. Il complesso degli insediamenti costieri è messo in comunicazione con Roma attraverso un composito sistema viario costituito oltre che dalle vie Ostiense, Laurentina e dalle loro diramazioni, dalla Via Severiana, antico sentiero lungo costa che, unificato, funge da collegamento tra il sistema portuale Ostiense ed il Latium Vetus costiero.
Con la fine dell’Impero Romano il territorio passa tra i beni della Chiesa ed è noto fin dal V sec. d C. come proprietà della basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Al X sec. d.C. è databile la costruzione del primo centro fortificato sul luogo dell’attuale castello, mentre la proprietà risulta dei monaci di San Saba fino al 1561. Con la soppressione dell’abbazia di San Saba, per disposto di Papa Pio IV, il comprensorio di Castelporziano passa tra i beni dell’Ospedale di Santo Spirito.
Nel 1568 il possedimento è venduto alla famiglia fiorentina del Nero che ne conserva il possesso fino al 1823, anno in cui viene acquistata dal duca Vincenzo Grazioli; nel 1872 la Tenuta viene acquistata dal Ministro delle finanze Quintino Sella per lo Stato Italiano, al fine di destinarla a tenuta di caccia del Re.
Le ville romane
Le ville di età romana edificate nel territorio laurentino appartengono ad una duplice tipologia caratteristica delle residenze extraurbane, complessi di tipo rustico, destinati alla produzione agricola, e ville signorili, intese principalmente come luogo di svago e riposo.
Delle prime vi sono tracce presso la valle di Malafede e sulle alture prospicienti. Delle seconde, che si susseguivano quasi senza soluzione di continuità lungo l’asse costiero della via Severiana, sono in luce presso la costa moderna notevoli resti che testimoniano la loro monumentalità e la ricchezza degli apparati decorativi costituiti da pavimenti a mosaico, pitture e rivestimenti marmorei.
Il Castello ed il Borgo
Dopo la disgregazione dell’organizzazione territoriale conseguente alla caduta dell’Impero Romano e le turbinose vicende storiche dell’età post-classica, in età alto-medievale il territorio circostante Roma è in gran parte latifondo della Chiesa. A quest’epoca risale, per il territorio laurentino, la creazione della Domus Culta Laurentum creata da papa Zaccaria (741 – 752 d.C.) per l’organizzazione agraria, sociale e religiosa del comprensorio.
Con le mutate condizioni politiche generali, a partire dal X – XI secolo sorge il primitivo nucleo del Castello, una torre edificata su strutture di età romana intorno alla quale va progressivamente a formarsi un nucleo edilizio racchiuso all’interno di un recinto fortificato, che nel sec. XIV verrà riconosciuto e citato come Castrum. Nella cartografia seicentesca (Catasto Alessandrino 1660) il Castello è spesso raffigurato come una fortificazione di forma quadrangolare con torrioni angolari, doppio portone di accesso, coronamenti e merlature. Ampiamente rimaneggiato ad opera dei Grazioli (1823 – 1872), attualmente si presenta con un perimetro quasi raddoppiato rispetto all’impianto primitivo. Il piano nobile del castello conserva oggetti d’arredo risalenti al periodo sabaudo provenienti in gran parte dal Quirinale, dalle principali regge preunitarie e dagli acquisti effettuati dai Savoia. Nonostante l’estrema eterogeneità degli arredi del Piano Nobile, si possono individuare come filoni tematici principali la celebrazione della famiglia Savoia e la caccia.
Il museo storico archeologico
Il Museo storico archeologico, allestito nell’ambito del Castello e del borgo, raccoglie oltre duecento oggetti provenienti dagli scavi archeologici effettuati nella Tenuta di Castelporziano a partire dalla seconda metà dell’800. Il percorso museale, articolato in varie sale, presenta una serie di reperti ordinati per contesti monumentali di appartenenza ed esposti per ordine cronologico.
Tra i numerosi materiali si segnalano, per il loro rilevante valore storico documentario ed artistico, una tomba con ricco corredo funerario appartenente alla necropoli dell’abitato di Castel di Decima (VII sec. a.C.) e parte di un soffitto dipinto di età romana proveniente dall’area della villa imperiale di cui sono stati individuati cospicui resti in località Tor Paterno.
Il padiglione delle carrozze
Il padiglione delle carrozze presenta i carri utilizzati dalla corte sabauda per le cacce reali, nonché legni per le passeggiate nei viali della tenuta e mezzi agricoli per il lavoro nei campi. I grandi Break e gli Hunting break erano i carri principali per condurre gli ospiti sui terreni della caccia. Inoltre sono presenti anche carri sportivi, solidi e veloci, come i Phaeton e gli Spider-Phaeton. Ugualmente importanti sono i Break wagonette utilizzati per accompagnare gli ospiti nel sito prescelto per la caccia reale e per addestrare i cavalli. Il carro in mostra fu realizzato da Cesare Sala di Milano nel 1882. Oltre alle carrozze adibite alla caccia molti sono i legni usati dalla regina per recarsi ai siti archeologici: si tratta sia di calessi di varie tipologie che di eleganti Vis-à-vis con i quali le dame accompagnavano la sovrana. Particolarmente importante è l’esemplare esposto per le passeggiate in campagna, “per servizio delle reali principesse” come si legge negli antichi inventari. Presenti anche carri da lavoro nei campi e carretti dove si deponevano le prede uccise durante la battuta.
L’ambiente naturale
La Tenuta Presidenziale di Castelporziano, dista circa 25 Km dal centro di Roma e si estende su una superficie di 60 Km2 (6039 ettari) comprendendo alcune storiche tenute di caccia quali “Trafusa, Trafusina, Riserve Nuove e Capocotta”.
Si estende ormai quasi alla periferia della città fino al litorale romano, comprendendo circa 3,1 Km di spiaggia ancora incontaminata.
Castelporziano è in parte delimitata dalla via Cristoforo Colombo, che collega la capitale ad Ostia, dalla strada statale Pontina e dalla strada statale litoranea Ostia Torvaianica.
A Castelporziano sono presenti la maggior parte degli ecosistemi costieri tipici dell’ambiente mediterraneo. Si incontrano, infatti, procedendo dal mare verso l’entroterra, un tratto di spiaggia ancora integra, dune recenti sabbiose con le tipiche piante pioniere e colonizzatrici che svolgono un’azione attiva di consolidamento delle sabbie, dune antiche stabilizzate con ampie zone umide retrodunali ed aree a macchia bassa ed alta con le tipiche specie sempreverdi ed aromatiche; di seguito si attraversa l’ambiente a lecceta, le pinete di pino domestico, il bosco misto planiziale (bosco misto di pianura) di querce (tipico delle pianure costiere), la sughereta, i pascoli per gli allevamenti del bestiame domestico e le aree per le coltivazioni estensive dei cereali.
La maggior parte dell’estensione è occupata dal bosco planiziale igrofilo (bosco di pianura legato ad ambienti umidi), caratterizzato dalla presenza di querce sempreverdi e caducifoglie e da specie più prettamente igrofile, in prossimità delle zone umide.
È questo uno degli ultimi lembi, ancora di elevata qualità ambientale, di quelle vaste foreste e dei boschi che un tempo, nell’antichità, si estendevano lungo tutta la costa laziale.
La particolarità di Castelporziano è soprattutto legata alla compenetrazione del querceto tipico del clima mediterraneo e del querceto tipico del clima continentale. Tra le querce sempreverdi sono ampiamente diffuse il leccio, la sughera e la quercia crenata, ibrido tra cerro e sughera. Tra le querce caducifoglie si segnala il cerro, la farnia ed il farnetto, mentre nelle zone umide più fresche si rinvengono il pioppo, il frassino ossifillo, l’acero, il carpino bianco e il carpino orientale tipico degli ambienti costieri mediterranei.
Il sottobosco è particolarmente ricco degli arbusti propri della macchia mediterranea con piante aromatiche e in prevalenza sempreverdi: corbezzolo, cisto, erica, ginepro, lentisco, mirto, fillirea, alloro, alaterno e ginestra.
Il bosco (misto planiziale), tra gli ecosistemi più delicati da tutelare, si estende per circa 2300 ettari, gli ambienti a macchia mediterranea, bassa ed alta, ricoprono una superficie di circa 500 ettari, la lecceta occupa un’area di 261 ettari soprattutto nella zona retrodunale e il bosco di sughera interessa un’area di circa 460 ettari. I boschi si alternano a radure e praterie naturali, costituendo associazioni vegetali di grande varietà ambientale.
Le pinete di pino domestico, realizzate con rimboschimenti artificiali, si estendono per circa 750 ettari con finalità di consolidamento delle dune sabbiose ed a protezione dai venti marini nell’area retrodunale, con caratteristiche produttive per la raccolta dei pinoli, con valenza naturalistica associata al leccio ed alla macchia mediterranea e con aspetto monumentale soprattutto per le pinete secolari. Il pino domestico, sebbene di introduzione artificiale, costituisce ormai un elemento fondamentale del paesaggio italiano, introdotto dagli antichi romani anche per la produzione di pinoli, che sono sempre stati oggetto di raccolta nel periodo invernale.
Negli ambienti meno accessibili la foresta è ricca di esemplari vetusti e di alberi monumentali. Un recente censimento ha individuato 29 alberi monumentali tra i più significativi per dimensioni e portamento, appartenenti a 7 specie diverse.
Dal punto di vista biologico ed ecosistemico sono di particolare interesse le “piscine”, specchi di acqua naturale che testimoniano l’antica presenza di ambienti umidi, di boschi allagati e di paludi che un tempo si estendevano a sud sino alla pianura pontina e a nord sino alla maremma.
Alla grande varietà della vegetazione corrisponde un’analoga ricchezza di specie animali.
I numerosi ungulati che vivono allo stato selvatico sono rappresentati principalmente da cinghiali, daini e caprioli, mentre è modesta la presenza del cervo. Insieme agli ungulati la foresta è popolata da numerosi altri mammiferi: la volpe, il riccio, fra i mustelidi la martora, la faina, la puzzola e il tasso, tra i roditori l’istrice e tra i lagomorfi la lepre italica e il coniglio selvatico.
Di particolare interesse zoologico vanno segnalati il cinghiale, che presenta una delle popolazioni più pure tra quelle originarie dell’Italia continentale, il capriolo attribuito alla sottospecie italica (originario del centro-sud Italia e riconosciuto come unità tassonomica distinta dal capriolo europeo) e la lepre italica.
La foresta di Castelporziano rappresenta anche un ottimo rifugio per numerose specie ornitiche, sia stanziali che migratorie. Il querceto centenario offre un ambiente idoneo per picchi di varie specie, ghiandaie e rapaci notturni come la civetta, l’allocco e il barbagianni; fra quelli diurni la poiana, il gheppio e lo sparviero. Fra gli uccelli di passo si segnalano molte specie svernanti come il colombaccio e la beccaccia e, attirati dalle zone umide, molti anatidi, limicoli e trampolieri, mentre nel periodo primaverile l’avifauna si arricchisce di altre specie come il rigogolo, la tortora, il nibbio bruno (nidificante con una colonia numerosa) e molte specie di insettivori.
A Castelporziano è attiva una stazione di inanellamento e analisi dell’avifauna migratoria finalizzata all’identificazione ed allo studio degli uccelli migratori.
Molto significativa è anche la presenza di alcuni rettili, tra cui la tartaruga palustre, alcuni anfibi, numerose specie di insetti e crostacei acquatici (tipici delle “piscine”), altri insetti legati al ciclo di decomposizione del legno morto (soprattutto grandi coleotteri associati agli alberi vetusti) o infeudati sulla vegetazione mediterranea e dei sistemi spiaggia-duna.
Gli allevamenti degli animali domestici costituiscono una componente rilevante del paesaggio tipico della campagna romana. Castelporziano, infatti, assicura la salvaguardia di equini e bovini di razza maremmana, quasi in via di estinzione, allevati allo stato brado ed accuditi da esperti butteri, secondo la tradizione secolare.
La selezione è assiduamente curata, tanto che gli esemplari della Tenuta spesso si classificano ai primi posti nelle principali esposizioni e rassegne di settore.
Le zone coltivate, storicamente lavorate ed indirizzate per assicurare dei raccolti intensivi, sono oggi considerate come parte integrante dell’ambiente e del paesaggio dell’agro romano. I 750 ettari riservati a pascolo e colture non intensive assicurano la produzione di cereali e foraggi, utilizzati per gli allevamenti zootecnici.
Nel corso degli ultimi anni si sono progressivamente intensificate le misure di salvaguardia, al fine di tutelare il valore naturalistico di questo unico vero polmone verde in un territorio densamente antropizzato ed urbanizzato, che ha assunto una rilevanza ambientale sempre crescente.
La Tenuta di Castelporziano, nata come riserva di caccia e riserva agricola, è andata progressivamente perdendo queste specifiche destinazioni.
Già nel 1977 l’attività venatoria è stata vietata, nel 1985 è stata realizzata l’annessione dell’area di Capocotta, circa 1000 ettari, salvata dalla speculazione edilizia, e successivamente, nel 1999, la Tenuta è stata riconosciuta Riserva Naturale dello Stato e assoggettata ad un regime di tutela secondo i criteri propri delle aree naturali protette. In linea con questi obiettivi, è stato realizzato un Museo Naturalistico per favorire gli approfondimenti della didattica e dell’educazione ambientale.
Al fine di tutelare con la massima attenzione i delicati equilibri degli ecosistemi naturali, è stata istituita una Commissione Tecnico Scientifica, della quale sono state chiamati a far parte esperti del mondo accademico e scientifico, con l’incarico di formulare indicazioni e proposte volte a garantire una corretta ed equilibrata gestione del comprensorio.
Già dal 1995 è stato attivato un programma di monitoraggio ambientale, che, con la partecipazione e l’impegno di numerosi enti ed istituti scientifici, consente di monitorare costantemente alcuni parametri ambientali. Vengono rilevati gli agenti inquinanti, la consistenza organica dei suoli, i livelli della falda freatica, le caratteristiche delle acque sotterranee e della salinità, lo stato di conservazione del patrimonio forestale, la consistenza delle popolazioni faunistiche, con censimenti primaverili ed autunnali, anche registrando attraverso le stazioni meteorologiche i valori termo-pluviometrici in relazione ai cambiamenti climatici.
Castelporziano viene segnalata dal mondo scientifico come un’area unica di elevato valore naturalistico per l’alto livello di biodiversità, in considerazione della complessità degli ecosistemi forestali, della notevole ricchezza floristica (circa 1000 specie) e faunistica (oltre 3000 specie) e della presenza delle piscine naturali, ambienti umidi temporanei e permanenti. Tale ricchezza biologica e la presenza di numerose specie e habitat di interesse comunitario hanno consentito l’inserimento di Castelporziano nella rete Natura 2000, definita dalle direttive comunitarie, attraverso l’individuazione di aree SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zona di Protezione Speciale).
Castelporziano e il territorio laurentino
La Tenuta di Castelporziano racchiude parte di un vasto territorio anticamente conosciuto come Laurentino, dalla città di Lavinio – Laurento, legata alle vicende leggendarie dello sbarco di Enea nel Lazio, ed è compreso tra le propaggini dei Colli Albani, la pianura del delta Tiberino ed il mare.
Frequentato dall’uomo già in età preistorica, il territorio, a partire dalla prima età del Ferro (IX sec. a.C.), è occupato da insediamenti di tipo abitativo che dall’età arcaica (VIII – VI sec. a.C.) si stabilizzano con un progressivo processo di formazione urbana, collocandosi prevalentemente su rialzi collinari a controllo delle vie di comunicazione naturali, raggiungendo, come nel caso dell’abitato di Decima, notevole fioritura.
Con il consolidarsi della potenza di Roma (IV – III sec. a.C.) l’intero territorio laurentino si arricchisce di strutture edilizie di tipo rustico, ville e residenze utili all’organizzazione agricola del comprensorio, mentre si vanno delineando in forma definitiva i principali assi viari delle vie Laurentina e Ostiense.
A partire dalla seconda guerra punica e, più intensamente, in età tardo repubblicana (II – I sec. a.C.) iniziano a svilupparsi, presso l’antica linea di costa, insediamenti marittimi costituiti da ville appartenenti a personaggi di spicco dell’aristocrazia romana, edificate in un territorio assai prossimo a Roma, già fortemente connotato dalla presenza della città di Ostia con il suo porto.
In età imperiale si intensifica l’edilizia residenziale di tipo signorile con l’edificazione di numerose ville, tra cui le fonti storiche ricordano quella di proprietà della famiglia imperiale e quella dello scrittore Plinio il Giovane.
Le ville, per ciò che concerne i servizi essenziali, si appoggiano ad un piccolo borgo, il Vicus Augustanus, sorto in età augustea ed attivo fino alla tarda antichità. Il complesso degli insediamenti costieri è messo in comunicazione con Roma attraverso un composito sistema viario costituito oltre che dalle vie Ostiense, Laurentina e dalle loro diramazioni, dalla Via Severiana, antico sentiero lungo costa che, unificato, funge da collegamento tra il sistema portuale Ostiense ed il Latium Vetus costiero.
Con la fine dell’Impero Romano il territorio passa tra i beni della Chiesa ed è noto fin dal V sec. d C. come proprietà della basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Al X sec. d.C. è databile la costruzione del primo centro fortificato sul luogo dell’attuale castello, mentre la proprietà risulta dei monaci di San Saba fino al 1561. Con la soppressione dell’abbazia di San Saba, per disposto di Papa Pio IV, il comprensorio di Castelporziano passa tra i beni dell’Ospedale di Santo Spirito.
Nel 1568 il possedimento è venduto alla famiglia fiorentina del Nero che ne conserva il possesso fino al 1823, anno in cui viene acquistata dal duca Vincenzo Grazioli; nel 1872 la Tenuta viene acquistata dal Ministro delle finanze Quintino Sella per lo Stato Italiano, al fine di destinarla a tenuta di caccia del Re.
Le ville romane
Le ville di età romana edificate nel territorio laurentino appartengono ad una duplice tipologia caratteristica delle residenze extraurbane, complessi di tipo rustico, destinati alla produzione agricola, e ville signorili, intese principalmente come luogo di svago e riposo.
Delle prime vi sono tracce presso la valle di Malafede e sulle alture prospicienti. Delle seconde, che si susseguivano quasi senza soluzione di continuità lungo l’asse costiero della via Severiana, sono in luce presso la costa moderna notevoli resti che testimoniano la loro monumentalità e la ricchezza degli apparati decorativi costituiti da pavimenti a mosaico, pitture e rivestimenti marmorei.
Il Castello ed il Borgo
Dopo la disgregazione dell’organizzazione territoriale conseguente alla caduta dell’Impero Romano e le turbinose vicende storiche dell’età post-classica, in età alto-medievale il territorio circostante Roma è in gran parte latifondo della Chiesa. A quest’epoca risale, per il territorio laurentino, la creazione della Domus Culta Laurentum creata da papa Zaccaria (741 – 752 d.C.) per l’organizzazione agraria, sociale e religiosa del comprensorio.
Con le mutate condizioni politiche generali, a partire dal X – XI secolo sorge il primitivo nucleo del Castello, una torre edificata su strutture di età romana intorno alla quale va progressivamente a formarsi un nucleo edilizio racchiuso all’interno di un recinto fortificato, che nel sec. XIV verrà riconosciuto e citato come Castrum. Nella cartografia seicentesca (Catasto Alessandrino 1660) il Castello è spesso raffigurato come una fortificazione di forma quadrangolare con torrioni angolari, doppio portone di accesso, coronamenti e merlature. Ampiamente rimaneggiato ad opera dei Grazioli (1823 – 1872), attualmente si presenta con un perimetro quasi raddoppiato rispetto all’impianto primitivo. Il piano nobile del castello conserva oggetti d’arredo risalenti al periodo sabaudo provenienti in gran parte dal Quirinale, dalle principali regge preunitarie e dagli acquisti effettuati dai Savoia. Nonostante l’estrema eterogeneità degli arredi del Piano Nobile, si possono individuare come filoni tematici principali la celebrazione della famiglia Savoia e la caccia.
Il museo storico archeologico
Il Museo storico archeologico, allestito nell’ambito del Castello e del borgo, raccoglie oltre duecento oggetti provenienti dagli scavi archeologici effettuati nella Tenuta di Castelporziano a partire dalla seconda metà dell’800. Il percorso museale, articolato in varie sale, presenta una serie di reperti ordinati per contesti monumentali di appartenenza ed esposti per ordine cronologico.
Tra i numerosi materiali si segnalano, per il loro rilevante valore storico documentario ed artistico, una tomba con ricco corredo funerario appartenente alla necropoli dell’abitato di Castel di Decima (VII sec. a.C.) e parte di un soffitto dipinto di età romana proveniente dall’area della villa imperiale di cui sono stati individuati cospicui resti in località Tor Paterno.
Il padiglione delle carrozze
Il padiglione delle carrozze presenta i carri utilizzati dalla corte sabauda per le cacce reali, nonché legni per le passeggiate nei viali della tenuta e mezzi agricoli per il lavoro nei campi. I grandi Break e gli Hunting break erano i carri principali per condurre gli ospiti sui terreni della caccia. Inoltre sono presenti anche carri sportivi, solidi e veloci, come i Phaeton e gli Spider-Phaeton. Ugualmente importanti sono i Break wagonette utilizzati per accompagnare gli ospiti nel sito prescelto per la caccia reale e per addestrare i cavalli. Il carro in mostra fu realizzato da Cesare Sala di Milano nel 1882. Oltre alle carrozze adibite alla caccia molti sono i legni usati dalla regina per recarsi ai siti archeologici: si tratta sia di calessi di varie tipologie che di eleganti Vis-à-vis con i quali le dame accompagnavano la sovrana. Particolarmente importante è l’esemplare esposto per le passeggiate in campagna, “per servizio delle reali principesse” come si legge negli antichi inventari. Presenti anche carri da lavoro nei campi e carretti dove si deponevano le prede uccise durante la battuta.