Il libro offre spunti interessanti per riflettere sulla salute sostenibile e responsabile, partendo dal fenomeno sociale dell’uso spropositato dei medicinali nella nostra società contemporanea.
In effetti, se pensiamo alle abitudini della stragrande maggioranza delle persone, c’è un ricorso diffuso alla “pillola” contro qualsiasi tipo di disturbo: fame, dolori, raffreddori, stress, depressione, ipertensione.
Ecco qua il dato “agghiacciante” riportato sul libro: 12 milioni di italiani fanno uso abituale di psicofarmaci; una persona su due va dal medico per un problema di origine psicosomatica; negli Stati Uniti il decesso per abuso di farmaci è al primo posto nella scala della mortalità.
E’ la cosiddetta filosofia dell’instant satisfaction, di importazione americana, molto pericolosa per la salute. I farmaci sono diventati un’ambigua “soluzione di pronto effetto” contro mali veri o presunti, spesso di origine psicologica.
In questo processo di modernizzazione, è molto cambiato anche il ruolo del medico: non esiste più il professionista capace di osservare con sguardo “largo” il contesto individuale, familiare e ambientale da cui origina la malattia. Il medico è diventato un tecnico della salute, sempre meno interessato e coinvolto nel rapporto con il paziente, sempre più depositario di una visione oggettiva e computerizzata della malattia.
L’autore ci conduce in un viaggio interiore, alla ricerca di noi stessi e della nostra anima, al fine di comprendere al meglio l’origine della malattia fino ad arrivare all’autoguarigione, focalizzando l’attenzione sulla ricerca del proprio talento (il talento della lumaca è di fare la sua “cattedrale”, il talento del ragno è di tessere un guarire senza medicine “opera perfetta”), sulla capacità di osservarsi, sulla volontà di ascoltare se stessi.
Un libro spiazzante e provocatorio che promuove la ricerca della felicità individuale e, in termini di benessere collettivo, della felicità pubblica.