Terzo settore

Haiti: povertà dimenticata

Come segnalato dalla redazione (leggi l’articolo) l’ultimo Dossier della Caritas è dedicato alla povertà nelle aree rurali del mondo, con un focus specifico alla situazione di Haiti.

“Oggi possiamo dire che i potenti si sono dimenticati delle zone periferiche del pianeta. Lo scandalo della povertà esiste in tante zone ma sembra lasciare indifferenti coloro che reggono i destini dei popoli”. Queste drammatiche espressioni che aprono il Dossier spiegano la condizione di tanta parte del pianeta. Ma, come insegna Haiti, per essere periferici non bisogna essere lontani dai Paesi sviluppati, basta non essere un mercato interessante. Così come chi regge i destini del mondo può essere “indifferente” anche quando fa visita alle popolazioni colpite dal terremoto del 2010, se la sua attenzione durata il tempo di un viaggio e di qualche “commossa” dichiarazione.

Al contrario, le riflessioni proposte dal Dossier Caritas aiutano ad abbandonare il solito approccio emergenziale e “pietistico” per cercare soluzioni strutturali;  per sostenere  uno sviluppo “sostenibile” in ambito rurale che tenga conto “dei diversi elementi che di questa sostenibilità sono il fondamento e che devono essere considerati come tra loro strettamente collegati: sostenibilità economica, sociale e ambientale”.

Di seguito proponiamo all’attenzione dei lettori di Felicità Pubblica i capitoli del Dossier dedicati all’analisi dello sviluppo rurale ad Haiti e alle proposte formulate dalla Caritas.

 

La questione

Haiti è una nazione fragile in cui dominano le mancanze come quelle infrastrutturali, le debolezze come quelle istituzionali, le insufficienze come per il bene dell’acqua, le instabilità come quella politica, i disastri come il terremoto e gli uragani, l’iniquità come il divario tra i ricchi e i poveri. Sono elevati i livelli di disboscamento, desertificazione, erosione del suolo, pressione demografica e disoccupazione. Per affrontare tali sfide occorre capire cosa succede, approfondire la conoscenza di tutti i fatti in causa e agire di conseguenza. È un Paese prevalentemente agricolo e legato all’utilizzo della propria terra; quasi il 70%1 degli haitiani è impiegato in tale settore e si tratta per lo più di forme agricole su piccola scala di pura sussistenza. L’economia rurale è talmente ridotta che quasi non permette agli stessi haitiani di sopravvivere, basta pensare che Haiti non produce sufficienti alimenti per far fronte alle esigenze della propria popolazione e si vede costretta a importare più del 50% di ciò che consuma e l’80% di riso, alimento base della cucina haitiana.

Si pensi solo che per il 90% degli agricoltori il raccolto dipende dalla pioggia: solo il 10% delle coltivazioni sono regolarmente irrigate. Il lavoro nei campi sembra essere rimasto legato «agli stessi metodi tramandati di padre in figlio, i quali si passano gli stessi attrezzi di lavoro: il manchet, il sèpètfalcetto. Il lavoro agricolo ancora oggi viene svolto completamente a mano senza l’ausilio di animali o macchine agricole. I genitori mostrano ai figli le tecniche apprese dai loro padri e così di generazione in generazione, senza che vi sia quasi sviluppo».

Visitando le aree rurali del Paese ci si rende davvero conto di come le persone povere che vivono in queste zone siano particolarmente vulnerabili. L’assenza di strumenti e infrastrutture rendono le più banali attività estremamente difficili. Per esempio ci sono persone che per recarsi al mercato o per prendere l’acqua devono camminare ore ed ore, su strade sterrate a volte inagibili, dedicando giornate intere a queste attività.

Trasportano pesi enormi per molti chilometri; qualcuno è fortunato e possiede l’asino che viene caricato di ceste, altri invece devono contare solo sulla propria forza fisica.

I bambini spesso si svegliano all’alba per poter andare a scuola e assistere alle lezioni. Dopo un lungo cammino capita che quando arrivano in classe siano stanchi e spesso senza potersi permettere una piccola merenda. Tornano a casa e aiutano i loro genitori; a volte non vanno a scuola o lasciano gli studi prematuramente proprio per poter aiutare la famiglia. I bambini crescono in fretta ad Haiti e vengono loro affidate molte responsabilità del mondo adulto. Per le bambine generalmente si tratta di andare a prendere l’acqua, lavare i panni, preparare i pasti e accompagnare la mamma al mercato. I maschi invece si occupano del bestiame e aiutano nei campi.

Ad Haiti bisogna sperare di vivere una vita in buona salute: se ci si ammala e si vive in un’area rurale, riuscire a raggiungere una piccola clinica o un ospedale e accedere anche solo a medicine di prima necessità è molto difficile. Oltre al complesso fattore di raggiungere il luogo, c’è da considerare che, per potersi curare, bisogna avere la possibilità economica di acquistare i farmaci di cui si ha bisogno. Due haitiani su tre vivono con meno di due dollari al giorno. Rapporto che sale all’82%5 se si considera solo la popolazione rurale del Paese. Cosa si può comprare con una cifra del genere? Questo spiega anche il motivo per cui si vive molto la quotidianità e a volte si pensa meno al futuro e alla pianificazione; è ben presente l’idea di “oggi ci sono, domani non si sa”. Non a caso spesso quando ci si saluta e ci si dà appuntamento per il giorno dopo, la frase tipica è: “Ci vediamo domani, se il Buon Dio vuole”.

La realtà delle aree rurali è dura, faticosa e aggravata dal degrado ambientale, l’impoverimento dei terreni e l’esaurimento delle risorse. Per evitare che la situazione peggiori è importante che nelle zone rurali vengano sviluppate le infrastrutture, le risorse naturali preservate, le fonti di reddito delle persone diversificate e l’accesso alla scolarizzazione facilitato.

Ripercorrendo la storia haitiana dalle sue origini alla situazione attuale, si denota una grande divisione. Dopo l’indipendenza si erano costituite, di fatto, due società: una dominata da coloro, chiamati grandon, che ottenevano i vantaggi del governo e potevano approfittare del nuovo Stato indipendente, l’altra costituita dalla massa di ex-schiavi. Una società contadina che viveva chiusa e non aveva molte possibilità. Occorre che le attuali società dei ricchi e quelle dei poveri si diano la mano, riconoscendosi “haitiani come unico popolo” per affrontare insieme i reali problemi del Paese.

Le proposte

L’attenzione della comunità internazionale nei riguardi dello sviluppo rurale vede negli ultimi anni una certa ripresa, dopo un periodo di crisi che durava ormai dagli anni Novanta. La prospettiva di uno sviluppo realmente “sostenibile” anche in ambito rurale deve tenere conto dei diversi elementi che di questa sostenibilità sono il fondamento e che devono essere considerati come tra loro strettamente collegati: sostenibilità economica, sociale e ambientale. Tale prospettiva richiede un approccio di tipo multisettoriale e multidisciplinare, nonché la considerazione di molti aspetti presenti nel mondo rurale, sia sotto il profilo dei sistemi produttivi che nella prospettiva più ampia dei sistemi sociali, politici e istituzionali.

Proprio considerando l’insieme dei sistemi di produzione e di vita, emergono numerose contraddizioni. Tra queste: è il mondo rurale a produrre la maggior parte del cibo che viene consumato al mondo (l’80%, secondo la FAO, in aziende “familiari” di piccole dimensioni); ma proprio nel mondo rurale vive la maggior parte delle persone affamate! A partire da questa contraddizione di fondo occorre formulare alcune riflessioni sulle possibili risposte.

L’agricoltura è certamente la principale attività nel mondo rurale (anche se non l’unica). Ed è nel settore agricolo che la maggior parte delle persone sono impiegate: contadini, braccianti, proprietari, mercanti di prodotti agricoli, oppure impegnati nella trasformazione agroalimentare primaria. È proprio a partire dalla forza della capacità di organizzazione e di strutturazione del mondo rurale che può provenire la principale forza di cambiamento, esattamente quello che è avvenuto anche nel mondo rurale italiano, quando le organizzazioni dei produttori si sono organizzate in modo tale da affermare e rivendicare in maniera più chiara i diritti delle comunità radicate nel mondo agricolo e rurale. In un Paese estremamente fragile come Haiti, è lecito attendersi che anche le organizzazioni dei produttori possano mostrare segni di fragilità: questo tuttavia non cambia la necessità di promuovere e riconoscere come legittimo ogni sforzo fondato su un processo associativo e auto-organizzativo all’interno del mondo rurale.

Un ruolo determinante nel mondo rurale è quello giocato dagli attori del settore privato. Il perseguimento di una prospettiva economica è da sempre un elemento fondamentale di cambiamento, ma è necessario che esso sia strettamente collegato ad una considerazione più ampia delle condizioni di vita: è per questo che alcune forme organizzative, come ad esempio quelle cooperative o associative, in molti casi rappresentano al meglio gli interessi comunitari.

Gli imprenditori agricoli locali svolgono un ruolo importante, che deve essere promosso soprattutto nella loro capacità di creare posti di lavoro dignitosi e nel reinvestire i guadagni proprio nel mondo rurale. Al crescere delle dimensioni dell’impresa agricola, è tuttavia facile assistere ad uno “scollamento” dagli interessi del territorio e delle comunità locali; per questo è necessario vigilare sul ruolo del latifondo, o delle grandi imprese, il cui potere di negoziazione è spesso largamente superiore non solo a quello delle comunità rurali, ma spesso a quello delle stesse istituzioni pubbliche. Sono numerose le campagne che, anche in Italia, puntano ad ottenere, sia a livello nazionale che internazionale, la definizione di regole vincolanti nell’effettuazione di investimenti nel mondo rurale, che tutelino l’interesse degli attori più deboli e favoriscano il perseguimento del bene comune.

Nell’accompagnare un cambiamento nel mondo rurale, è importante il ruolo svolto dalle istituzioni pubbliche, responsabili per la definizione di un quadro normativo che non solo favorisca il coinvolgimento soprattutto dei piccoli produttori, ma provveda anche ad attivare opportuni servizi di supporto tecnico all’agricoltura. Le istituzioni e gli apparati governativi hanno anche il mandato di un percorso di inclusione attraverso più investimenti nell’educazione, nella sanità, nelle infrastrutture e nelle comunicazioni. Dotare le zone isolate di servizi primari come elettricità, acqua e strade è basilare per la loro crescita e per evitarne lo spopolamento, con il conseguente sovraffollamento delle città. In questo modo è più semplice agevolare i commerci e le iniziative imprenditoriali per portare presso le popolazioni beni e servizi che mancano o sono difficili da reperire.

Il miglioramento delle condizioni di vita e di produzione richiede anche un contributo delle istituzioni di ricerca agricola e di quelle dedicate alla messa in opera di servizi di finanza e microfinanza. Per quanto riguarda le prime, attenzione deve essere posta soprattutto rispetto a quelle legate al settore pubblico e fortemente partecipate dalle organizzazioni dei produttori. Il miglioramento delle tecniche produttive, nella direzione di una produzione sicura e sostenibile, richiede la capacità di valorizzare la conoscenza spesso già presente a livello locale, che può essere migliorata nella direzione di tecniche affidabili basate sui principi dell’agroecologia.

Il supporto di servizi di finanza e microfinanza è fondamentale soprattutto per evitare l’estrazione del surplus economico dal mondo rurale e fenomeni di “commercializzazione forzosa”, supportando la stabilizzazione dei cicli di domanda e offerta di risorse finanziarie, anche attraverso l’offerta di strumenti di microcredito e microassicurazione.

Occorre infine menzionare il ruolo del sistema associativo e l’organizzazione della cooperazione allo sviluppo: le agenzie internazionali, le ONG, le organizzazioni private e le associazioni che operano nei Paesi poveri attraverso progetti di sviluppo e di emergenza possono, in collaborazione con le istituzioni pubbliche, come per esempio i Ministeri, realizzare progetti di intervento efficaci e sostenibili nel tempo. È importante che tale intervento sia concepito come “temporaneo” e in supporto agli attori locali (sia di base che istituzionali, poiché nessun Paese è mai stato “sviluppato” dall’esterno). È forte la tentazione, soprattutto in situazioni di debolezza delle istituzioni locali, di creare un sistema parallelo e indipendente, che certamente può realizzare delle azioni in maniera efficace ma che rischia poi di rimanere relativamente avulso dal contesto in cui opera.

Ascoltare la voce delle società rurali, migliorare il coordinamento degli aiuti, incrementare politiche e interventi inclusivi per le zone isolate, attraverso l’impegno congiunto di enti locali, società civile, istituzioni, organizzazioni internazionali e ONG, è un modo efficiente ed efficace per avviare processi di cambiamento sostenibili.

Published by
Valerio Roberto Cavallucci