Terzo e ultimo approfondimento dedicato all’esame delle Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del Terzo settore e alle cooperative sociali emanate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione con la Determinazione n. 32 del 20 gennaio 2016.
Ci soffermiamo oggi sui requisiti dell’erogatore del servizio: requisiti di moralità, adozione della carta dei servizi, definizione del modello di organizzazione.
La chiarezza e l’essenzialità del testo non consentono preventive illustrazioni o commenti. Tuttavia vale la pena soffermarsi su una brevissima riflessione conclusiva. Le Linee guida dell’ANAC, pur non apportando novità “sostanziali” tuttavia tratteggiano un nuovo sistema di relazioni tra la Pubblica Amministrazione e i soggetti erogatori di servizi appartenenti al Terzo settore. Le chiavi di lettura di questo rinnovato rapporto sembrano essere due: competenza e rigore.
Per la Pubblica Amministrazione si tratta di riassumere a pieno le funzioni di programmazione e di gestione/controllo delle procedure di affidamento. Nel primo caso è necessario saper leggere i bisogni reali delle comunità di riferimento ed essere in grado di definire le priorità nel fornire adeguate risposte. Nel secondo caso, invece, il rispetto delle regole, di tutte le regole, torna al centro della scena. La particolarità del settore e dei suoi protagonisti non può giustificare “forzature” nell’interpretazione delle norme.
Per quanto riguarda i soggetti del Terso settore si rende necessario da un lato assicurare la qualità dei servizi, a garanzia dei cittadini utenti, e dall’altro acquisire maturità organizzativa e gestionale.
In altri termini si chiede un salto di qualità in un quadro di comportamenti amministrativi certi e omogenei. Qualcuno potrà sostenere che in questo modo si “ingessa” un ambito che per sua natura ha bisogno di elasticità, perché costantemente chiamato a rispondere a mille diverse sollecitazioni. Forse è un rischio da correre per evitare che l’elasticità scada in discrezionalità e, talvolta, in arbitrio, con il disastroso esito di consentire forme di collusione e corruzione e determinare, da ultimo, un generale processo di delegittimazione. In realtà margini di elasticità sono già presenti nelle norme, e altri potranno essere introdotti. Ma è necessario saperli utilizzare correttamente e, per far questo, sono indispensabili competenze amministrative e manageriali.
I requisiti dell’erogatore del servizio
I requisiti di moralità
Le amministrazioni aggiudicatrici devono affidare la gestione dei servizi sociali a soggetti che offrono serie garanzie di moralità professionale, anche per gli affidamenti in deroga al Codice dei Contratti. A tale proposito potrebbero essere utilizzati, come parametri di riferimento, i requisiti di moralità individuati dall’art. 38 dello stesso. Infatti, costituisce ormai ius receptum il principio secondo cui tutti i soggetti che a qualunque titolo concorrono all’esecuzione di appalti pubblici devono essere in possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del Codice. Il possesso di inderogabili requisiti di moralità rappresenta un fondamentale principio di ordine pubblico ed economico che trova applicazione anche nelle gare dirette all’affidamento della concessione di servizi e nelle gare riguardanti appalti in tutto o in parte esclusi dall’applicazione del Codice rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 27.
Con particolare riferimento alle cooperative sociali di tipo B finalizzate al reinserimento lavorativo di detenuti, si evidenzia che in forza dell’art. 20 della l. n. 354 del 1975, così come integrato dalla l. n. 193 del 2000, per la costituzione e lo svolgimento di rapporti di lavoro, nonché per l’assunzione della qualità di socio nelle cooperative sociali di cui alla l. 8 novembre 1991 n. 381, non si applicano le incapacità derivanti da condanne penali o civili. Il legislatore ha inteso, quindi, limitare gli effetti interdittivi scaturenti dalle condanne civili e penali per rendere pienamente applicabile la disciplina volta al reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. La deroga è, però, prevista esclusivamente in favore dei soci e dei lavoratori delle cooperative ed è finalizzata a consentire il relativo reinserimento lavorativo. Pertanto, la disciplina prevista all’art. 38, comma 1, lett. b) e c) trova piena applicazione nei confronti degli amministratori, dei procuratori e dei direttori tecnici.
Le amministrazioni aggiudicatrici hanno, inoltre, facoltà di richiedere, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, requisiti minimi di idoneità tecnica ed economica (anche diversi da quelli previsti dal Codice), al fine di garantire un determinato livello di affidabilità dell’aggiudicatario sul piano economico – finanziario e tecnico – organizzativo; in tali ipotesi, tuttavia, non trova applicazione l’art. 48 e si procede alla verifica del possesso di detti requisiti in forza dell’art. 71 e con le modalità previste dall’art. 43 del d.p.r. n. 445/2000.
L’adozione della carta dei servizi
Condizione necessaria per l’autorizzazione e l’accreditamento, ai sensi dell’art. 13, l. 328/2000, è che l’impresa del Terzo settore adotti una propria carta dei servizi. Tale carta, ovviamente, è differente da quella che i Comuni devono adottare ai sensi del d.p.r. 3 maggio 2001 (i cui contenuti sono stati indicati nel paragrafo 4), ma i soggetti erogatori devono basarsi sui principi contenuti in quest’ultima per la sua predisposizione; la carta rappresenta, infatti, l’impegno assunto dai soggetti erogatori nei confronti dei Comuni, che li accreditano, e degli utenti. Questi ultimi devono essere prontamente edotti sui propri diritti e sulla qualità della prestazione erogata.
Il mancato rispetto degli standard previsti nella carta dei servizi dovrebbe rappresentare una causa di decadenza dell’accreditamento stesso.
Nella scelta del soggetto esterno che gestisce, in accreditamento, servizi sociali, l’amministrazione affidante può procedere, ai sensi del d.p.r. citato, nel seguente modo:
Questa procedura, che rappresenta a tutti gli effetti la base per un affidamento ai sensi del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, può essere seguita per tutte le altre modalità di affidamento della gestione di servizi sociali.
In tal modo, in linea con la normativa vigente in materia di servizi pubblici, la predisposizione della carta dei servizi rappresenta un elemento essenziale di valutazione nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa e il mancato rispetto delle previsioni contenute nella stessa è fonte di responsabilità contrattuale che può essere sanzionata con penali e, in casi di particolare gravità, anche con la risoluzione del contratto.
La carta dei servizi rappresenta, quindi, un efficace strumento di garanzia della qualità delle prestazioni, vincolando l’ente erogatore al rispetto di livelli minimi delle prestazioni e legittimando l’utente a pretendere il rispetto degli standard predefiniti. L’utente è, infatti, titolare di diritti soggettivi in relazione alla qualità del servizio (tutelati mediante la previsione di indennizzi automatici forfettari) e talvolta interessi legittimi alla corretta organizzazione dello stesso (azionabili come interessi collettivi). Nella carta dei servizi devono essere definiti i criteri per l’accesso ai servizi, le modalità del relativo funzionamento, le condizioni per facilitare le valutazioni del servizio da parte degli utenti e le procedure per assicurare la tutela degli stessi beneficiari. Al fine di tutelare le posizioni soggettive e rendere immediatamente esigibili i diritti riconosciuti, la carta dei servizi deve prevedere la possibilità per gli utenti di attivare ricorsi, reclami e segnalazioni nei confronti dei responsabili preposti alla gestione dei servizi.
Il rispetto delle prescrizioni del d.lgs. 231/2001
Sempre nell’ottica di garantire l’affidabilità del soggetto erogatore e di assicurare che la prestazione affidata venga svolta nel rispetto della legalità, le stazioni appaltanti devono verificare l’osservanza, da parte degli organismi no-profit, delle disposizioni di cui al d.lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della l. 29 settembre 2000, n. 300), applicabile agli stessi in ragione, sia del tenore letterale delle relative previsioni (rivolte agli enti forniti di personalità giuridica, alle associazioni anche prive di personalità giuridica e alle società private concessionarie di un pubblico servizio) sia della natura dei servizi erogati.
Gli enti no-profit devono dotarsi di un modello di organizzazione che preveda:
Inoltre, devono procedere alla nomina di un organismo deputato alla vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del modello e all’aggiornamento dello stesso (cui attribuire autonomi poteri di iniziativa e di controllo), oltre a prevedere ed attuare adeguate forme di controllo sull’operato dell’organismo medesimo.