L’overshoot day è il giorno che segna l’esaurimento delle risorse che il nostro Pianeta è in grado di rigenerare in 365 giorni, cioè in un anno.
Tale data cambia di anno in anno e viene calcolata dal Global footprint network (Gfn), un’organizzazione internazionale che si occupa di ambiente calcolando l’impronta ecologica, un indicatore complesso per valutare il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle.
Tutte le specie viventi che popolano il Pianeta, siano esse animali o vegetali, vivono in stretta simbiosi e non prendono più di quanto la Terra sia in grado di offrire e, naturalmente, non la danneggiano, anche perché sarebbero le prime a risentirne. Tutte le specie, tranne una: l’uomo.
Dicevamo che la data dell’overshoot cambia ogni anno e purtroppo dagli anni ’70 arriva sempre prima, prospettando un futuro sempre più a tinte fosche per il genere umano ma non solo. La rilevazione di quanto l’essere umano consumasse più di quanto la Terra producesse si è avuta nel 1975 e venne constatato che il limite era il 28 novembre. Tanto per fare esempi recenti, nell’anno 2015 l’overshoot fu il 13 agosto e lo scorso anno l’8 agosto. Quest’anno il 2 agosto.
La data viene calcolata confrontando le esigenze dell’umanità in termini di emissioni di carbonio, di terreni coltivati, sfruttamento delle foreste e degli stock ittici, con la capacità del Pianeta di rigenerare queste risorse e assorbire il carbonio emesso.
Secondo il Gfn attualmente la popolazione mondiale sta consumando l’equivalente di 1,6 pianeti all’anno, cifra che dovrebbe arrivare a 2 pianeti entro il 2030 se si prosegue con lo scempio di consumo. Complici il costante aumento della popolazione mondiale e della fame spasmodica (ma non sempre strettamente necessaria) delle risorse che offre il Pianeta.
Dichiara il presidente del Gnf Mathis Wackernagel: «Il problema principale è che, nonostante l’evidente deficit ambientale, non stiamo prendendo misure per imboccare la giusta direzione. Il problema è anche psicologico, quello che è ovvio per il 98 per cento dei bambini è considerato un rischio minore che non merita la nostra attenzione dai pianificatori economici».
Aggiungendo che smettere di sfruttare una ricchezza che appartiene alle future generazioni sarebbe non solo auspicabile ma anche proficuo, continua: «Questo obiettivo è attuabile con le tecnologie disponibili ed è economicamente vantaggioso dato che i benefici complessivi sono superiori a costi. Si possono stimolare settori emergenti come le energie rinnovabili, riducendo i rischi e i costi connessi a settori imprenditoriali senza futuro perché basati su tecnologie vecchie e inquinanti».