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Il 35% delle emissioni di andidride carbonica deriva dall’agricoltura globale

In occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione che si celebra oggi il WWF ricorda che l’agricoltura globale concorre al cambiamento climatico con il 35% delle emissioni di anidride carbonica, metano e protossido di azoto: soltanto l’allevamento zootecnico, infatti, contribuisce per il 18% a tutte le emissioni di gas serra. Dall’altro lato, sono proprio i territori riservati alla produzione di cibo quelli più esposti ai cambiamenti climatici indotti proprio dai gas serra. Inoltre, il sistema alimentare mondiale sottrae il 70% dell’utilizzo globale umano di acqua dolce.

Proprio in virtù di questi dati preoccupanti l’obiettivo che il mondo si deve dare, come ha dichiarato il presidente del WWF Italia Donatella Bianchi, è quello di realizzare sistemi alimentari fortemente integrati con la vitalità dei sistemi naturali e della biodiversità e che producano cibo con il minor danno per l’ambiente e il clima. Bisogna pensare all’agricoltura come un’opportunità e non come una minaccia dell’ambiente, come finora è avvenuto.

Recenti studi sulla Human Footprint (la modificazione e trasformazione dei sistemi naturali dovuta alla pressione umana visibile dai satelliti che scrutano il nostro pianeta per questi scopi) evidenziano che il 75% della superficie delle terre emerse è in qualche maniera toccato da una presenza umana misurabile. Escludendo Groenlandia e Antartide, allo stato attuale viene coltivato il 38% delle terre emerse, 60 volte quella occupata da strade ed edifici. L’agricoltura ha già eliminato o trasformato radicalmente il 70% dei pascoli, il 50% delle savane, il 45% delle foreste decidue temperate e il 25% delle foreste tropicali. Dall’ultima era glaciale nessun altro fattore sembra aver avuto un impatto tanto distruttivo sugli ecosistemi. La produzione di cibo influisce sulla CO2 atmosferica sia in maniera indiretta attraverso l’impiego di combustibili fossili per le attività agricole, il trasporto o la refrigerazione degli alimenti, e sia tramite la deforestazione spesso causata dalle espansioni delle coltivazioni. Inoltre, risulta gravoso l’apporto della zootecnia, in particolare quella bovina: alla produzione di carne e derivati è imputato circa un quinto delle emissioni globali di gas serra. Possiamo notare, infatti, che una singola mucca può produrre, a causa della popolazione microbica presente nel rumine, dai 100 ai 500 litri di metano al giorno. Il metano è oltre 20 volte più potente dell’anidride carbonica come provocante dell’effetto serra. La produzione di mangimi e nuovi pascoli hanno effetti devastanti sulla deforestazione come ad esempio quanto avvenuto in America Latina dove il 70% della foresta amazzonica è stata trasformata in pascoli.

 

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Redazione