In migliaia di anni il Circolo Polare Artico si è trasformato in un enorme riserva di carbonio, piante che hanno catturato anidride carbonica e poi sono morte, e non sono riuscite a decomporsi del tutto, a causa delle rigide temperature. Esse si sono quindi conservate nel permafrost, formando, negli anni, diversi strati in cui il carbonio viene conservato, soprattutto in quelli più antichi. Ma lo scioglimento del permafrost fa sempre di più affiorare gli antichi strati di vegetazione, liberando CO2, dannoso per l’inquinamento dell’atmosfera.
Gli ultimi studi in merito in Canada, hanno dato nuove prove della presenza di antico carbonio liberato e messo in circolo nei fiumi e nei laghi artici. Attraverso il metodo del radiocarbonio è stato acclarato che parte abbondante di questo carbonio appartiene a un’epoca preindustriale (circa del 1750). Inoltre è stato evidenziato del gas di circa 2000 anni.
Questi risultati suggeriscono una sorta di cambiamento del normale ciclo del carbonio in questo territorio, probabilmente dovuto al riscaldamento globale. Ma non tutti gli scienziati sono d’accordo.
Il carbonio “antico” o “moderno” è etichettato tale a seconda dell’ambiente artico dal quale emerge, non si può definire vecchio se non ha tra i 5 e i 10 mila anni.
Questa distinzione viene fatta perché esiste la crioturbinazione, un fenomeno che consiste nel rimescolamento degli strati del suolo dovuto ai processi di congelamento e disgelo. Quindi non è ancora certo che il suolo artico stia liberando quantità smisurate di antico carbonio ma comunque siamo sempre in allerta.