Responsabilità sociale

Il glossario della responsabilità sociale

L’approfondimento odierno intende completare l’omaggio reso ai CSRnatives, pubblicando alcune delle 30 parole chiave del loro glossario della responsabilità sociale. La scelta delle “parole” di seguito riportate è assolutamente arbitraria e qualsiasi omissione va imputata solo a chi scrive.

Vale la pena sottolineare, ancora una volta, la chiarezza e la semplicità della descrizione e, allo stesso tempo, il rigore dell’esposizione. Anche la selezione delle espressioni e dei termini testimonia la chiara consapevolezza che la CSR rappresenta una scelta di campo per le imprese e per le organizzazioni che la fanno propria. Non è un caso, quindi, che il glossario si soffermi sulla fiducia e sulla reputazione, sulla carta dei valori e sul codice etico. Ma l’attenzione a un approccio “autentico” alla CSR è messo in risalto a pieno nella descrizione della pratica del greenwashing. È proprio vero che l’ambientalismo “di facciata”, e in verità non solo quello, “crea innumerevoli danni” perché inganna il pubblico. Potremmo forse aggiungere che tende a costruire una falsa e immeritata reputazione e, ancor prima, che tradisce la fiducia degli stakeholder. Inoltre rischia di pregiudicare la credibilità di chi opera correttamente e accetta di buon grado anche i maggiori oneri che la responsabilità sociale comporta. Di nuovo hanno ragione i nostri amici CSRnatives quando affermano che “con questa pratica viene meno il senso proprio della CSR, ovvero trasparenza e fiducia nell’azienda agli occhi dei portatori di interesse”. Ne discende che sta proprio a loro – futuri CSR manager – praticare approcci autentici e smascherare comportamenti opportunisti. E così, tra le attitudini richieste a questi professionisti potremmo sommessamente aggiungere il rigore o, se la parola non disturba la sensibilità di qualcuno, la “radicalità”.

Inoltre suggerisco di estendere lo sguardo dall’ambito delle imprese al più vasto mondo delle organizzazioni. In tal modo da un lato potremmo valorizzare splendide esperienze maturate da associazioni, fondazioni, università, scuole, aziende sanitarie, enti locali e dall’altro evitare una visione esclusivamente “aziendalista”. Ancora un suggerimento. Alla lettera G del glossario, insieme o separatamente al riferimento al Global Reporting Initiative, non può mancare un richiamo all’esperienza del GBS, Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale. Chi si occupa, in Italia, di responsabilità sociale ha un debito di riconoscenza nei confronti del prezioso lavoro di ricerca e di approfondimento degli studiosi che, quasi 20 anni fa, hanno dato vita all’Associazione.

Accountability – L’accountability può essere definita come l’esigenza di rendere conto alla società o alle parti interessate, dei comportamenti che un’organizzazione adotta nell’ambito della sua attività. Relazionarsi all’esterno in modo trasparente ed esaustivo migliora la capacità di raggiungere la propria mission, portando anche alla crescita del senso di appartenenza e alla diffusione della cultura nel pubblico. Rafforza inoltre il rapporto fiduciario con gli stakeholder e rende possibile un dialogo costante che implica il diritto di domandare spiegazioni riguardo a condotte e azioni e il dovere di fornire tali spiegazioni. Se la CSR è caratterizzata dalla trasparenza di azioni e risultati, allora l’accountability diviene lo strumento necessario per la sua piena realizzazione.

Bilancio di sostenibilità – Il bilancio di sostenibilità è lo strumento di comunicazione che mostra come la strategia di un’organizzazione, la governance e le performance sociali, ambientali ed economiche che ne derivano portino alla creazione di valore. Il bilancio di sostenibilità mostra quindi che il valore dell’organizzazione è il frutto della combinazione di una complessa serie di fattori: le relazioni con i dipendenti, con i clienti, con i partner, con il territorio in cui opera e così via. L’obiettivo ultimo è quello di accrescere la trasparenza verso tutti i portatori di interesse dell’organizzazione: dalle banche ai fornitori, dai dipendenti alla comunità locale.

Carta dei valori – La Carta dei valori è un documento redatto dall’impresa che nasce come senso di espressione dell’identità aziendale. Riassume i principi condivisi, il sistema di valori fondamentali e gli orientamenti concreti che guidano le scelte dell’organizzazione. La Carta dei valori è basata sui principi della correttezza, dell’etica, della trasparenza e della coerenza.

Catena di fornitura sostenibile – Una catena di fornitura è sostenibile quando in tutte le fasi della realizzazione del prodotto o del servizio si tiene conto dell’impatto sociale e ambientale generato. La società civile solleva l’aspettativa che le imprese agiscano in modo responsabile non soltanto in relazione alla loro attività, ma anche all’operato delle aziende da cui acquistano beni e servizi. Per questo molte organizzazioni hanno introdotto specifici “codici di condotta”, con cui chiedono ai propri fornitori di aderire a standard elevati di sostenibilità ambientale e sociale. Qualora i piccoli produttori non riescano a sostenere internamente il costo di tale adeguamento o non possiedano le conoscenze necessarie, l’impresa-cliente è chiamata ad accompagnarli verso l’adozione di comportamenti e pratiche più responsabili.

Codice etico – Il Codice etico è uno strumento ad applicazione volontaria sempre più diffuso. Contiene una serie di norme e principi generali, etici e morali, che chi lavora in nome e per conto dell’azienda deve rispettare. Il Codice analizza sia i comportamenti interni all’impresa, sia quelli esterni, ad esempio con fornitori e clienti. Generalmente il Codice prevede sanzioni in caso di violazione delle norme in esso contenute. L’adozione del Codice etico impegna l’impresa a un maggior senso di responsabilità, qualità e serietà.

Coesione sociale – Inizialmente impiegata in ambito sociologico per indicare il complesso di relazioni e valori affini che generano un determinato grado di unione, consenso e solidarietà all’interno di una collettività, la definizione di coesione sociale è stata per oltre un secolo oggetto di discussione e confronto tra prospettive differenti. La difficoltà nel fornire una definizione univoca è collegata alla sua multidimensionalità, al suo essere dipendente da fattori materiali ed emozionali. Oggi il tema è centrale anche nell’ambito delle politiche sociali dell’Unione Europea, in quanto considerato misura della capacità di una società di assicurare il benessere di tutti i suoi membri, di ridurre il più possibile le disparità e di evitare la polarizzazione.

Cultura d’impresa – La cultura d’impresa è rappresentata dall’insieme di valori, linguaggi e simboli che caratterizzano l’impresa. Per essere davvero efficace deve essere condivisa da ogni settore dell’azienda. La cultura d’impresa caratterizza tutta la comunicazione: sia quella interna, sia quella esterna verso gli altri stakeholder. La cultura d’impresa delle organizzazioni impegnate sul fronte della CSR si fonda sul valore della trasparenza e dell’impegno sostenibile, attuato sia nella catena produttiva, sia nei rapporti con i lavoratori e con i cittadini del territorio in cui opera e con le istituzioni.

Fiducia – Questo termine assume alcune peculiarità a seconda dell’ambiente in cui si posiziona. La fiducia è l’ultimo passo di un percorso di azioni e di parole precedenti che permettono a due o più individui, in forma mutuale, di confidare nelle capacità dell’altro. Una volta accordata la fiducia si innesta un meccanismo per cui l’altro individuo è chiamato a rispondere delle proprie azioni in trasparenza. Avviene allo stesso modo nei confronti di un’azienda, di un ente, di un istituto, laddove il consumatore/cliente percepisce l’impegno, la trasparenza e la serietà dall’altra parte. Per l’azienda è fondamentale instaurare questo rapporto di fiducia e di conseguente fidelizzazione del cliente per rendere più solida la propria posizione su un mercato sempre più competitivo e di garantirsi nuovi clienti. La fiducia permette altresì all’azienda di migliorare la propria immagine nei confronti degli altri stakeholder e, in particolare, degli istituti di credito.

Finanza responsabile – La finanza responsabile si fonda sulle nozioni di etica, solidarietà e trasparenza ed è esercitata dalle istituzioni finanziarie che mettono in campo (accanto a quelli finanziari) criteri d’ordine morale, ambientale e sociale nella decisione di finanziare (o rifiutare) investimenti e nella gestione del portafoglio dei clienti. La finanza responsabile comprende l’investimento socialmente responsabile (ISR) e la finanza solidale. Nel primo si applicano – per la valutazione dell’investimento – criteri di ESG (environment, social and governance) in aggiunta all’analisi finanziaria. La finanza solidale, invece, dà la possibilità ai clienti di scegliere prodotti finanziari in cui parte degli utili sono a beneficio di cause sociali.

Greenwashing – Il greenwashing è una pratica scorretta posta in essere dall’impresa che simula caratteristiche che non le appartengono circa la sostenibilità ed eticità dei suoi comportamenti produttivi. Il termine deriva dall’unione di due parole inglesi “verde” e “lavaggio”, per indicare appunto la tendenza dell’impresa a “colorare di verde” la propria immagine. Questo ambientalismo di facciata crea innumerevoli danni, non solo perché nella pratica tali aziende operano in maniera incompatibile con la sostenibilità ambientale ma anche perché ingannano il pubblico. Comportamenti catalogabili sotto tale definizione potrebbero essere l’omessa informazione sui processi meno virtuosi dell’azienda, la vaghezza nella descrizione di un prodotto, l’affermazione della natura green di un prodotto non correlandola a dati verificabili. Con questa pratica viene meno il senso proprio della CSR, ovvero trasparenza e fiducia nell’azienda agli occhi dei portatori di interesse.

GRI – Nel corso degli anni le aziende hanno deciso di utilizzare strumenti più comparabili per misurare il proprio impegno in campo sociale e ambientale. Uno dei sistemi che si è affermato è lo standard Global Report, che ha origine nel 1997 dall’azione di un’organizzazione internazionale non profit con sede ad Amsterdam. Lo scopo è quello di promuovere indicatori condivisi, validi per multinazionali, medie e piccole imprese, altre organizzazioni che operano sul mercato. Sulla base di questi indicatori vengono conteggiati i costi sociali, ambientali e dello Stato e i benefici derivanti dalle attività delle imprese. Si evince facilmente come in un cammino verso la sostenibilità i benefici debbano superare i costi. L’utilizzo di questi indicatori permette agli stakeholder di verificare, attraverso dati misurabili, l’impegno delle organizzazioni a raggiungere obiettivi sostenibili in maniera trasparente e reale.

Innovazione sociale – Con innovazione sociale si intende un insieme di tentativi di ridefinire dal basso – attraverso pratiche creative, sperimentali e condivise che danno vita a nuovi prodotti e a nuovi servizi – le modalità attraverso cui dare risposte ai bisogni sociali. Contemporaneamente, la peculiarità del termine sta nel suo significato di creare rapporti o collaborazioni sociali fornendo un beneficio alla società. L’innovazione sociale si fonda su alcuni principi: nasce dalla collaborazione e dalla creazione di nuovi rapporti; interessa anche e soprattutto l’innovazione economica e tecnologica; è volta a produrre valore sociale e non valore di mercato. L’innovazione sociale è un processo bottom-up, parte infatti dai bisogni per arrivare alla soluzione dei problemi.

Report integrato – Il report integrato è un documento di rendicontazione redatto su base volontaria, mediante il quale l’impresa comunica ai propri stakeholder le azioni economicamente, socialmente ed ecologicamente rilevanti realizzate nello svolgimento della propria attività. Questo tipo di bilancio è concepito nella logica dell’Integrated thinking e tende a evidenziare la connessione tra la generazione di profitto, lo sviluppo delle comunità locali e il rispetto del patrimonio naturale, quali dimensioni correlate di valore per l’impresa. La comunicazione con i portatori di interesse – nella forma unitaria della narrazione – deve essere improntata ai seguenti principi: leggibilità, grazie a un linguaggio semplice e accessibile a tutti; trasparenza, evitando ambiguità e fornendo dati ed esempi; sistematicità, in una prospettiva di dialogo continuo nel tempo con gli stakeholder.

Reputazione – La reputazione è l’opinione che si ha di un individuo o di un’organizzazione, risultante dall’insieme di aspettative, percezioni e valutazioni sviluppate nel tempo dai vari componenti della società. In quanto elemento spontaneo e diffuso nelle dinamiche sociali, la reputazione agisce su vari livelli e in diversi settori: dal rapporto tra individui alle relazioni internazionali. In ambito aziendale la corporate reputation ha assunto un ruolo di primo piano con la rivoluzione digitale: le informazioni circolano in modo più rapido e capillare, il loro monitoraggio è complesso e il consumatore assume un ruolo sempre più attivo. È per questo che un calo di credibilità può avere effetti potenzialmente disastrosi per un’impresa.

Stakeholder – Originariamente il termine significava “possessore di bastone”; oggi significa “portatore d’interesse”. Per governare le relazioni con gli stakeholder, l’impresa deve individuarli e classificarli in base al potere che esprimono, alla loro legittimità e all’attualità dell’interesse difeso. Gli stakeholder possono essere articolati in primari (finanziatori, clienti, dipendenti, fornitori etc.) e secondari (amministrazioni pubbliche, comunità, organizzazioni non profit, media etc.). Gli stakeholder secondari sono distinti da quelli primari perché non hanno delle relazioni commerciali con l’impresa. La sicurezza sul lavoro, i prodotti sostenibili, le buone relazioni con i fornitori, il corretto comportamento fiscale sono alcuni esempi degli interessi che gli stakeholder possono nutrire nei confronti dell’impresa.

Stakeholder engagement – Per stakeholder engagement si intendono tutte quelle azioni messe in atto dalle singole imprese per coinvolgere maggiormente i molteplici portatori di interesse, al fine di soddisfarne aspettative ed esigenze, creando di conseguenza valore condiviso per tutti. In un’epoca di sharing economy in cui le parole d’ordine sono dialogo e condivisione, le imprese cominciano a sviluppare una consapevolezza sempre maggiore circa il coinvolgimento, la collaborazione e l’ascolto di tutti gli stakeholder anche nella stessa ridefinizione della mission d’impresa. Il lavoro di stakeholder engagement aiuta a migliorare l’intera gestione raggiungendo una dinamica operativa responsabile, volontaria, grazie a cui si possono gestire i cambiamenti in maniera del tutto differente e strategicamente sostenibile.

Volontariato d’impresa – In Italia, il volontariato d’impresa è una pratica recente e fa parte delle attività proposte ai lavoratori dalle aziende che hanno una politica strutturata di responsabilità sociale d’impresa. La sua origine è anglosassone. Il punto focale prevede sovente una relazione collaborativa tra l’azienda e la comunità circostante, per permettere, attraverso l’operato dei propri dipendenti, di portare un contributo ai cittadini residenti. In questo processo vanno segnalati tre elementi principali: il primo, come suggerisce il termine stesso, è il carattere della volontarietà alla quale i lavoratori sono chiamati, poiché è una libera scelta del singolo di partecipare o meno; il secondo è un arricchimento personale del quale tutti beneficiano; il terzo, la possibilità di collaborare con la comunità locale.

Welfare aziendale – Il termine indica l’insieme di facilitazioni destinate ai lavoratori, volte ad accrescere il loro benessere sia sul luogo di lavoro sia nella vita privata. Queste agevolazioni promosse dalle aziende, di natura monetaria e non, beneficiano i dipendenti in vari aspetti: ad esempio, contributi economici per il mantenimento familiare, assistenza e tutela della salute, proposte per il tempo libero e beni e servizi messi a disposizione durante le ore di lavoro. L’azienda decide di investire sull’individuo permettendogli di vivere in un ambiente più soddisfacente, così da ridurre i costi e migliorare la performance del lavoratore. Così facendo, il dipendente si fidelizza maggiormente e ha più stimoli ad affinare sempre più le proprie competenze. Il punto focale di questo sistema si concentra sull’attenzione e sulla valorizzazione del singolo, in un perfetto binomio di solida e duratura collaborazione tra lavoratore e azienda.

Published by
Valerio Roberto Cavallucci