Alzi la mano a chi non è mai capitato, durante un bagno al mare, di non mostrarsi vagamente disgustato o comunque perplesso di fronte alla vista di rifiuti come assorbenti galleggianti, cerotti, blister di farmaci, spesso davvero gli oggetti più impensabili.
Ora va chiarito immediatamente che nella maggioranza dei casi, chi si reca a fare il bagno non porta con sé questi rifiuti per poi abbandonarli in acqua, sarebbe insensato. Da dove arrivano dunque? Molto semplice, dal nostro wc. La distanza che intercorre tra il nostro bagno e il mare è molto minore di ciò che si è portati a credere, per questo circa il 10% dei rifiuti che inquinano le spiagge del nostro Paese – e che riguardano anche i laghi – sono dovuti a comportamenti scorretti che alcuni di noi tengono nell’intimità del proprio bagno.
Certo, va poi considerato il problema, tutto italiano, dei sistemi di depurazione inefficienti capaci di alterare l’ecosistema marino e dare una grossa mano all’inquinamento delle acque. Però, sicuramente, è auspicabile porre un freno al dilagare di tanta sporcizia se, come è vero, noi possiamo fare qualcosa di concreto semplicemente, ad esempio, limitandoci ad usare un bidoncino per i nostri rifiuti piuttosto che il nostro water come pattumiera.
Legambiente e Ogilvy Change ci informano che ben il 9% dei rifiuti trovati in 46 spiagge italiane sono bastoncini per le orecchie. Ne hanno rintracciati ben 7.000 tra il 2016 e il 2017 e, lo capite da soli, si tratta di un numero che ha del surreale. A questi, vanno aggiunti gli assorbenti, i blister di farmaci, i preservativi, le salviette umidificate, i cerotti e i vari bendaggi medici, i mozziconi di sigarette. Ma non è finita, perché – e decisamente questo lascia un po’ perplessi – sono stati trovati anche piccoli animali morti, avanzi di olio, vernici e polveri.
Stiamo parlando di materiali pericolosissimi che non vanno gettati nel water ma smaltiti correttamente seguendo le indicazioni del proprio Comune di residenza, certo comunque non bisogna disfarsene tirando lo sciacquone.
Proprio perché questo tipo di condotta non sembra volersi arrestare, Legambiente e Ogilvy Change, hanno lanciato la campagna #NoRifiutinelWC per provare a spiegare come un semplice gesto quotidiano, magari attuato con nessuna intenzione di nuocere all’ambiente e alla nostra salute ma per semplice disinformazione, possa incidere sul futuro del nostro mare.
Una campagna che si rende più che necessaria se calcoliamo che ogni anno ben 8 milioni di tonnellate di rifiuti confluiscono nei mari, negli oceani, nei fiumi e nei laghi del mondo e la maggioranza di questi, circa l’80%, è fatta del materiale più pericoloso in assoluto: la plastica.
Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, spiega infatti: «Si tratta di rifiuti che creano problemi economici, ambientali e alla fauna marina, ma possono anche finire sulle nostre tavole visto che le microplastiche vengono facilmente ingerite dai pesci. Se poi i sistemi di depurazione non ci sono o sono inefficienti, possiamo e dobbiamo invertire questo trend».