Nel nostro Paese circa l’80% delle imprese con più di 80/100 dipendenti afferma di impegnarsi in iniziative di responsabilità sociale d’impresa, per un investimento globale che ha toccato l’anno scorso la cifra di 1 miliardo e 122 milioni di euro. Sono i dati più elevati percentualmente degli ultimi 15 anni. Questo è quanto emerge dal VII Rapporto di indagine sull’impegno sociale delle aziende in Italia a cura dell’Osservatorio Socialis in collaborazione con Baxter, FS Italiane, Prioritalia e Terna.
Dal rapporto si legge che nella relazione del 2014 le imprese che dichiaravano di impegnarsi nella responsabilità sociale d’impresa erano il 73% del campione. Un dato che aumenta notevolmente nel VII rapporto in quanto ad attuare una strategia di CSR (Corporate Social Responsability) è l’80% delle imprese italiane con oltre 80 dipendenti.
Una volta valicato l’impatto della recente crisi economica, la cifra media investita nel 2015 è in media di 176 mila euro, superiore a quella del 2013 dell’11%. Più imprese attive in CSR producono una crescita del totale investito del 22% rispetto a due anni fa, per un totale di 1 miliardo e 122 milioni di euro. Anche per quanto concerne la previsione attinente al budget dedicato nel 2016 è in aumento, ossia +4% rispetto all’anno scorso.
Sul fronte della scelta del tipo di iniziative di CSR da avviare, essa cambia a seconda dei settori produttivi: il finance privilegia particolarmente benessere interno e cultura; i trasporti sono attivi principalmente sull’ambiente; l’elettronica/informatica/telecomunicazioni è più interessato al clima interno, all’ambiente e alla cultura; la chimica/farmaceutica mira allo sviluppo delle comunità locali e cultura; la meccanica preferisce attività di CSR per i processi e i prodotti sostenibili; il manifatturiero predilige di più attività per i processi e prodotti sostenibili e lo sviluppo delle comunità locali; infine il metallurgico e i servizi rivolgono maggiormente l’attenzione al benessere interno e all’ambiente.
Per quanto riguarda invece il terreno preferito per le proprie attività di responsabilità sociale, a parte l’interno dell’azienda, scelto dall’83% delle aziende, le altre attività di CSR si concentrano in prima battuta sul territorio locale dell’azienda (36%); soltanto il 9% sceglie di intervenire all’estero. Pertanto, con la CSR le aziende ricercano anche un miglioramento nei propri rapporti di vicinato.
L’attenzione al miglioramento d’immagine dell’azienda rimane la prima motivazione per mirare su attività di CSR, anche se va dal 47% dello scorso rapporto al 29% dei dati del 2016; l’interesse per lo sviluppo sostenibile si afferma invece al secondo posto, con il miglioramento del clima interno che scende al 20% dei voti; complessivamente i vantaggi fiscali/economici costituiscono una variabile che influisce abbastanza sulle motivazioni delle aziende, mentre l’obiettivo di fidelizzare i clienti va dall’8% al 17%.
L’incoraggiamento al cambiamento proviene dalle aziende stesse: 20 intervistati su 100, infatti, reputano che i promotori della CSR nel nostro Paese siano le aziende stesse, seguite da consumatori (15%) e Terzo settore (14%); rimane piuttosto residuale e delimitato l’impatto delle istituzioni nazionali: le amministrazioni locali sono indicate da 9 intervistati su 100; le istituzioni nazionali solo da 4 intervistati su 100.
Ciò che invece frena la diffusione della CSR sono la mancanza di incentivi fiscali e l’insufficienza di risorse economiche; il 16% indica anche l’assenza di una cultura manageriale orientata alla CSR e di personale qualificato, mentre il 12% denuncia la carenza di una qualificazione specifica rintracciabile nel personale. Circa il 70% degli intervistati pensa infatti che una specializzazione in CSR e/o sostenibilità ambientale possa costituire un elemento di differenziazione nel curriculum.