Danimarca, Svezia e Germania risultano essere tra i Paesi più trasparenti, invece per quanto riguarda l’Italia si classifica al 60esimo posto nell’indice di percezione della corruzione mondiale, restando tra gli Stati peggiori dell’Unione europea.
A rilevarlo è il rapporto “Corruption Perceptions Index 2016” realizzato dalla Transparency International (TI), l’organizzazione internazionale non governativa che si occupa della corruzione, delinea i livelli di corruzione a livello globale.
Dal rapporto si legge che due terzi dei 176 Paesi e territori nell’Indice di quest’anno non raggiungono i livelli minimi di trasparenza, in una scala che va da 0 (altamente corrotto) a 100 (estremamente trasparente). In cima alla classifica troviamo Danimarca, Finlandia e Svezia, intervallati dalla Nuova Zelanda in seconda posizione. L’Italia, arriva solo decine di posizioni dopo, con un punteggio di 47, sotto la media globale di 43, malgrado sia migliorata di 3 punti rispetto al 2015.
La media globale si aggira attorno a uno scarso 43, che tende a designare un livello di corruzione radicata nel settore pubblico di un Paese. I Paesi che raggiungono un livello di corruzione più alta, in cui la corruzione ha conseguenze pesanti nella vita quotidiana delle persone superano di gran lunga i Paesi più trasparenti. Nello specifico, in cima alla classifica troviamo Danimarca, Finlandia e Svezia, intervallati dalla Nuova Zelanda in seconda posizione. L’Italia, arriva soltanto decine di posizioni dopo, con un punteggio di 47, sotto la media globale di 43, malgrado sia migliorata di 3 punti rispetto al 2015.
E’ possibile notare che i Paesi più alti in classifica sono quelli che tendono ad avere più elevati gradi di libertà di stampa, l’accesso alle informazioni sulla spesa pubblica, più forti standard di integrità per i funzionari pubblici, e sistemi giudiziari indipendenti.
Gli esiti di quest’anno evidenziano un nesso tra la corruzione e la disuguaglianza, che si alimentano a vicenda, producendo un circolo vizioso tra distribuzione del potere nella società e diseguale ripartizione della ricchezza. Sono, infatti, i Paesi molto poveri, con grandi disparità tra ricchi e poveri, ad aver conseguito i punteggi più bassi. Inoltre, secondo gli autori della relazione l’interazione della corruzione e della disuguaglianza incrementa anche il populismo. Nel momento in cui i politici tradizionali non riescono a fronteggiare la corruzione, le persone diventano ciniche e tendono più facilmente a rivolgersi ai leader populisti che assicurano di rompere il ciclo della corruzione e del privilegio della classe dirigente.