Riprendiamo la riflessione avviata la settimana scorsa per soffermarci sui riferimenti normativi del project finance in Italia. L’occasione ci è fornita dalla Relazione che accompagna la determinazione ANAC n. 10 del 23 settembre 2015, Linee guida per l’affidamento delle concessioni di lavori pubblici e di servizi. Infatti, come è consuetudine, l’ANAC fa precede l’emanazione delle proprie disposizioni di maggiore rilievo, da approfondimenti giuridico-amministrativi, valutazioni di casi studio e da serrate consultazioni di esperti e stakeholder, cui si fornisce l’opportunità di proporre osservazioni e indicazioni sulla bozza del provvedimento.
Nella Relazione dell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) un capitolo viene dedicato, appunto, alla ricostruzione del quadro normativo. Come è noto le regole di base del project finance sono oggi fornite dal Codice degli appalti ma l’introduzione di questo istituto risale alla legge 18 novembre 1998, n. 415 (cd. legge “Merloni ter”). Numerosi sono i provvedimenti normativi che, per aspetti specifici, sono intervenuti nella materia, apportando talora indicazioni tra loro contraddittorie e di difficile interpretazione. Un capitolo della Relazione AIR ricostruisce in modo sintetico, ma con sufficiente organicità, l’intera evoluzione dell’intervento normativo. Le Linee guida, di contro, si fanno carico di fornire organicità e unitarietà all’intera materia.
Il quadro normativo di riferimento
Tra i principali interventi in materia di partenariato pubblico privato (di seguito, “Ppp”) deve annoverarsi il «Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni», COM (2004) 327 definitivo, emanato dalla Commissione Europea il 30 aprile 2004.
In tale sede la Commissione, dopo aver precisato che il termine “partenariato pubblico privato” «si riferisce in generale a forme di cooperazione tra le autorità pubbliche ed il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio», ha individuato le caratteristiche principali del Ppp nei seguenti elementi: a) la durata relativamente lunga della cooperazione tra il partner pubblico ed il partner privato in relazione a vari aspetti di un progetto da realizzare; b) la modalità di finanziamento del progetto, garantito da parte del settore privato, talvolta tramite relazioni complesse tra diversi soggetti, sebbene spesso quote di finanziamento pubblico, a volte assai notevoli, possono aggiungersi ai finanziamenti privati; c) il ruolo importante dell’operatore economico, che partecipa a varie fasi del progetto (progettazione, realizzazione, attuazione, finanziamento), mentre il partner pubblico si concentra principalmente sulla definizione degli obiettivi da raggiungere in termini d’interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi, e garantisce il controllo del rispetto di questi obiettivi; d) la ripartizione dei rischi tra il partner pubblico ed il partner privato, sul quale sono trasferiti rischi di solito a carico del settore pubblico, sebbene non necessariamente il partner privato deve assumersi tutti i rischi legati all’operazione o la parte più rilevante degli stessi. La ripartizione precisa dei rischi si effettua caso per caso, in funzione della capacità delle parti in questione di valutare, controllare e gestire gli stessi.
In Italia il decreto legislativo 11 settembre 2008, n. 152 (cd. “Terzo Decreto Correttivo”) ha introdotto all’art. 3 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, di seguito denominato “Codice”) il comma 15-ter, che definisce i contratti di partenariato pubblico privato come i «contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti». Si tratta, in sostanza, di modelli di partenership tra organismi pubblici e settore privato per il conseguimento efficace di obiettivi di politiche pubbliche grazie alla condivisione del rischio, alla concentrazione di competenze del privato ovvero a forme aggiuntive di capitale. Rientrano nei contratti di Ppp, a titolo esemplificativo, la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità, le società miste e gli affidamenti di lavori o servizi mediante finanza di progetto.
La finanza di progetto è stata introdotta nell’ordinamento giuridico italiano dalla legge 18 novembre 1998, n. 415 (cd. legge “Merloni ter”) che aggiunse gli articoli 37-bis e ss. alla legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro sui lavori pubblici) ed è attualmente disciplinata dagli artt. 153 e seguenti del Codice, oggetto di più modifiche ad opera sia del decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 113 (cd. “Secondo Decreto Correttivo”), che del già citato decreto Terzo Decreto Correttivo. Il Codice, sebbene disciplini l’istituto principalmente nei suoi aspetti procedurali, non fornisce una definizione di finanza di progetto.
Autorevole dottrina riferisce tale denominazione ad una operazione di finanziamento di un particolare progetto, nella quale il finanziatore è soddisfatto di considerare, sin dallo stadio iniziale, il flusso di cassa e gli utili del progetto in oggetto come la sorgente di fondi che consentirà il rimborso del prestito e le relative attività come garanzia reale del prestito.
Nel 2010 è intervenuto sulla materia anche il D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, recante il Regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici (di seguito, “Regolamento”), che all’art. 278 ha definitivamente chiarito l’applicabilità della disciplina della finanza di progetto, in quanto compatibile, anche ai servizi. Il Regolamento disciplina le modalità attraverso cui gli operatori privati possono formulare all’amministrazione aggiudicatrice proposte finalizzate all’affidamento in project financing di concessioni di servizi.
I più recenti interventi normativi
In considerazione della perdurante crisi economico-finanziaria, le forme di partenariato pubblico-privato, tra cui il project finance, configurandosi come preziosi strumenti sia per il rilancio dell’economica e degli investimenti pubblici (soprattutto infrastrutturali) che per il miglioramento dei conti pubblici (per la possibilità di contabilizzazione off balance), sono promosse ed incoraggiate oltre che dall’Europa anche dal Governo italiano, come dimostrano i più recenti interventi normativi di seguito descritti.
DECRETO SVILUPPO
Il decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70 (cd. “Decreto Sviluppo”), convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha modificato sotto diversi profili l’art. 153 del Codice. Al comma 9 ha previsto che l’asseverazione dei piani economici e finanziari non sia più di competenza esclusiva delle banche ma che possa essere garantita anche da società di servizi costituite dalla banca stessa ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966. Al comma 19 ha modificato il modello di project finance ad iniziativa totalmente privata, tramite cui si possono proporre alla pubblica amministrazione interventi di realizzazione in concessione di lavori pubblici non inseriti nella programmazione triennale, assicurando al promotore il diritto di prelazione.
LEGGE DI STABILITÀ 2012
La legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012) ha previsto il finanziamento delle infrastrutture mediante defiscalizzazione, ovvero che il contributo pubblico a fondo perduto per le società di progetto costituite ai sensi dell’art. 156 del Codice può compensare totalmente o parzialmente le imposte sui redditi, l’IRAP e l’IVA generate durante il periodo di concessione.
DECRETO SALVA ITALIA
Il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cd. “Decreto Salva Italia”) ha modificato l’art. 143 del Codice introducendo la possibilità per le nuove concessioni di estendere la gestione del concessionario anche in via anticipata alle opere già realizzate, a patto che siano direttamente connesse a quelle oggetto della concessione o da ricomprendere nella stessa. Tanto viene previsto allo scopo di generare un cash flow per il concessionario prima che l’opera sia in gestione o addirittura ancora in costruzione. Al comma 5, viene poi prevista la cessione di immobili al concessionario privato come forma alternativa di contributo pubblico. Per le nuove concessioni di importo superiore al miliardo di euro, viene estesa la durata massima dell’affidamento a 50 anni al fine di assicurare il rientro del capitale investito e l’equilibrio del piano economico-finanziario. All’art. 175, comma 20, è stata introdotta la procedura di gara a fase unica anche per le grandi infrastrutture.
DECRETO LIBERALIZZAZIONI
Il decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1 (cd. “decreto liberalizzazioni”), al fine di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità, conferisce alle società di progetto di cui all’articolo 156 del Codice nonché alle società titolari di un contratto di partenariato pubblico privato ai sensi dell’articolo 3, comma 15-ter, del Codice la facoltà di emettere obbligazioni e titoli di debito, anche in deroga ai limiti di cui agli articoli 2412 e 2483 del codice civile.
Prevede, inoltre, un alleggerimento ed un’integrazione della disciplina del promotore per le infrastrutture strategiche modificando l’art. 175 comma 14.
Al fine di porre rimedio alla grave situazione di emergenza dovuta all’eccessivo affollamento delle carceri, introduce la possibilità di ricorrere in via prioritaria al project financing per la costruzione di nuovi istituti penitenziari.
Introduce all’art. 3, comma 15-bis, la definizione del “contratto di disponibilità”, disciplinato all’art. 160-ter del Codice, la cui peculiarità risiede nel fatto che, benché l’opera da realizzare sia destinata allo svolgimento di un pubblico servizio, una volta realizzata, rimane, ordinariamente, di proprietà privata ed è posta a disposizione dell’Amministrazione che ha bandito la gara, la quale versa un “canone di disponibilità” all’affidatario.
Il decreto in parola apporta, poi, all’art. 143 le seguenti modificazioni: al comma 5 prevede che «Le amministrazioni aggiudicatrici, previa analisi di convenienza economica, possono prevedere nel piano economico finanziario e nella convenzione, a titolo di prezzo, la cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili nella loro disponibilità o allo scopo espropriati la cui utilizzazione ovvero valorizzazione sia necessaria all’equilibrio economico-finanziario della concessione. Le modalità di utilizzazione ovvero di valorizzazione dei beni immobili sono definite dall’amministrazione aggiudicatrice unitamente all’approvazione ai sensi dell’articolo 97 del progetto posto a base di gara, e costituiscono uno dei presupposti che determinano l’equilibrio economico-finanziario della concessione. Nel caso di gara indetta ai sensi dell’articolo 153, le predette modalità di utilizzazione ovvero di valorizzazione sono definite dall’amministrazione aggiudicatrice nell’ambito dello studio di fattibilità». Al comma 7, aggiunge che «Le offerte devono dare conto del preliminare coinvolgimento di uno o più istituti finanziatori nel progetto». All’articolo 144, dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3- bis. I bandi e i relativi allegati, ivi compresi, a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico finanziario, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità dell’opera». All’articolo 159, comma 1, lettera a) prevede che in caso di subentro di una nuova impresa «la concessione è affidata, avendo comunque riguardo alla situazione concreta del progetto ed allo stato di avanzamento dello stesso alla data del subentro».
Inoltre, modifica l’art. 177, comma 2, del Codice, prevedendo che per l’affidamento di concessioni sarà possibile porre a base di gara oltre al progetto preliminare anche il progetto definitivo.
DECRETO CRESCI ITALIA
Il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (cd. “Decreto Cresci Italia”) convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, prevede agevolazioni fiscali, contemplate nel novellato art. 157 del Codice. In particolare, l’aliquota dei project bond è fissata al 12,5%, analogamente ai titoli del debito pubblico; si stabilisce la completa deducibilità degli interessi passivi, l’applicazione delle imposte di registro ipotecarie e catastali in misura fissa (pari a 168 euro); si prevede la possibilità di emettere obbligazioni, anche ai fini del rifinanziamento del debito precedentemente contratto per la realizzazione dell’infrastruttura o delle opere connesse al servizio di pubblica utilità nonché senza garanzia ipotecaria, purché siano sottoscritte da investitori qualificati, ovvero da tutti i soggetti autorizzati ad operare sui mercati finanziari.
All’art. 153 del Codice viene previsto l’obbligo delle pubbliche amministrazioni di indire una Conferenza preliminare di servizi con il compito di esprimersi sulla base dello studio di fattibilità o, per le procedure che lo prevedono, sulla base del progetto preliminare posto a base di gara. Inoltre, per garantire i necessari requisiti di esperienza e competenza, lo studio di fattibilità deve ora essere redatto da personale interno all’amministrazione solo se in possesso dei molteplici requisiti soggettivi necessari alla sua predisposizione, in caso contrario, le amministrazioni possono affidare la realizzazione degli studi di fattibilità a soggetti esterni individuati con gara.
DECRETO DEL FARE
Il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (cd. “Decreto del fare”), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 all’articolo 19 contiene la modifica dell’art. 143, comma 5, del Codice, per la quale alla consegna dei lavori è previsto l’obbligo del concedente di dichiarare la legittimità, efficacia e validità di tutti gli atti (autorizzazioni, licenze, abilitazioni, nulla osta permessi) di cui dispone.
Anche il comma 8 dell’articolo 143 è modificato, prevedendo la possibilità che la revisione del piano economico-finanziario si realizzi anche a seguito di novità legislative o regolamentari che possono incidere sul piano economico e finanziario, previa verifica del CIPE, sentito il Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Di conseguenza viene introdotto il comma 8-bis con cui è precisato che la convenzione definisce i presupposti e le condizioni di base del piano economico finanziario le cui variazioni non imputabili al concessionario, qualora determinino una modifica dell’equilibrio del piano, comportano la sua revisione. La convenzione si occupa della definizione dell’equilibrio economico finanziario con riferimento ad indicatori di redditività e di capacità di rimborso del debito, nonché della procedura di verifica e della cadenza temporale degli adempimenti connessi.
Con la modifica introdotta all’art. 144 del Codice, per le concessioni da affidarsi con la procedura ristretta, si prevede la possibilità di stabilire nel bando che l’amministrazione aggiudicatrice possa indire, prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, una consultazione preliminare con gli operatori economici invitati a presentare le offerte, al fine di verificare l’insussistenza di criticità del progetto posto a base di gara sotto il profilo della finanziabilità. L’amministrazione può provvedere, a seguito della consultazione, ad adeguare gli atti di gara aggiornando il termine di presentazione delle offerte, che non può essere inferiore a trenta giorni decorrenti dalla relativa comunicazione agli interessati. Non può essere oggetto di consultazione l’importo delle misure di defiscalizzazione di cui all’articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e all’articolo 33 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, nonché l’importo dei contributi pubblici, ove previsti.
All’art. 144 sono, poi, inseriti i due nuovi commi 3-ter e 3-quater in cui si prevede che il bando per le concessioni può stabilire che l’offerta sia corredata dalla dichiarazione sottoscritta da uno o più istituti finanziatori di manifestazione di interesse a finanziare l’operazione, anche in considerazione dei contenuti dello schema di contratto e del piano economico-finanziario. Inoltre l’amministrazione aggiudicatrice prevede nel bando di gara che il contratto di concessione stabilisca la risoluzione del rapporto in caso di mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento o della sottoscrizione o collocamento delle obbligazioni di progetto di cui all’articolo 157, entro un congruo termine fissato dal bando medesimo, comunque non superiore a ventiquattro mesi, decorrente dalla data di approvazione del progetto definitivo. Resta salva la facoltà del concessionario di reperire la liquidità necessaria alla realizzazione dell’investimento attraverso altre forme di finanziamento previste dalla normativa vigente, purché sottoscritte entro lo stesso termine. Nel caso di risoluzione del rapporto, il concessionario non avrà diritto ad alcun rimborso delle spese sostenute, ivi incluse quelle relative alla progettazione definitiva. In caso di parziale finanziamento del progetto, per uno stralcio che sia da ritenersi tecnicamente ed economicamente funzionale, il contratto di concessione rimane valido per la parte che lo regola. Le stesse indicazioni si applicano in quanto compatibili alla finanza di progetto (art. 153 del codice) e alla disciplina delle infrastrutture (art. 174 del codice).
LA DIRETTIVA EUROPEA 2014/23/UE
Agli inizi del 2014 si è concluso il lungo iter approvativo delle tre nuove direttive europee in materia di appalti pubblici e concessioni, il cui testo finale è stato adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, rispettivamente, il 15 gennaio e l’11 febbraio 2014. Esse sono entrate in vigore a decorrere dal 17 aprile 2014 e dovranno essere recepite entro il 18 aprile 2016 dai singoli Stati membri.
Nell’ambito della nuova direttiva europea 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione assumono particolare rilievo, anche ai fini delle presenti Linee Guida, gli aspetti relativi alle modalità di aggiudicazione dei contratti, alla determinazione del relativo valore, oltre che alla disciplina dell’allocazione dei rischi.
La nuova direttiva prevede, infatti, che deve «essere lasciato alle amministrazioni aggiudicatrici ed agli enti aggiudicatori un’ampia flessibilità nel definire e organizzare la procedura di selezione del concessionario», introducendo così in materia di concessioni un innovativo principio di “libertà procedurale”. È possibile, quindi, attendersi significative rivisitazioni dell’attuale disciplina delle modalità di aggiudicazione delle concessioni e della finanza di progetto.
La nuova direttiva stabilisce, inoltre, che «il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’Iva, stimato dall’Amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori o servizi». In tal modo, è stato chiarito che ai fini del calcolo del valore di una concessione occorre computare tutti i flussi di cassa dalla stessa generati, non potendosi considerare esclusivamente il valore dell’opera oggetto di concessione.
In tema di allocazione dei rischi tra amministrazione e concessionario, la direttiva esplicita che elemento indefettibile per la qualificazione del contratto come “concessione” è il trasferimento al concessionario del “rischio operativo” legato alla gestione dell’opera.