di Francesco Lo Piccolo.
Nei giorni scorsi ho firmato la petizione di Antigone e indirizzata al presidente del Consiglio Matteo Renzi perché sia introdotto nel codice penale il reato di tortura. L’ho fatto, come l’hanno fatto altre 54 mila persone, perché la tortura è un orrore da medioevo e perché ancora oggi nessuna legge prevede questo genere di reato nonostante le promesse e gli impegni di tanti, in prima persona del Pd, che nel 2012 aveva promosso la campagna “una firma per tre giuste cause” (introduzione del reato di tortura, abolizione della ex Cirielli e abolizione del reato di immigrazione clandestina).
Anzi, in questi anni invece che fare passi in avanti mi sembra che si facciano passi indietro tanto che oggi nel dibattito in parlamento c’è chi propone assurdità come il concetto di “pluralità”, tipo c’è tortura solo se la violenza su una persona inerme, sottomessa o detenuta, viene compiuta per più di una volta…. “della serie, la prima non conta…la prima si può fare!” Non so se ridere o se piangere. Con questa logica non sarebbe tortura quella subìta dagli ebrei stipati nei vagoni (sono stati stipati una volta sola) o l’incenerimento nei forni (anche lì è stata una volta sola). E pensare che proposte di questo tipo (fatte ad arte perché questo reato non sia previsto) vanno contro gli stessi trattati internazionali: è infatti la stessa Convenzione europea dei diritti dell’uomo firmata a Roma il 4 novembre 1950, e ratificata dall’Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848, che all’articolo 3 scrive: «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti».
Evidentemente un conto sono le parole, un altro i fatti. Non vorrei dirlo, neppure pensarlo, ma evidentemente scrollarci di dosso la necessità della violenza, della punizione, della tortura è più difficile di quanto si creda…quasi un patrimonio da difendere…come se fosse in qualche modo utile…quasi un deterrente. Eppure la prigione di Abu Ghraib non ha sconfitto il terrorismo, e neppure lo faranno le leggi eccezionali in vigore nella Francia di Hollande.
Non so se la petizione avrà buon fine e se finalmente l’Italia avrà una legge contro la tortura, ma se fosse necessario firmerei ancora, come del resto l’avevo fatto nel 2012 quando appunto firmai “per tre giuste cause”. Mi sembra il minimo. Il minimo anche alla luce di quell’orrore che ha coinvolto Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano torturato e ucciso a Il Cairo, e rientrato a casa in una bara, con il volto quasi irriconoscibile anche per sua madre. Sinceramente non so con che faccia il nostro governo possa protestare per la tortura subìta da un proprio cittadino all’estero e chiedere verità e nello stesso tempo non prevedere e non approvare una legge contro la tortura in Italia. Un paradosso, di nuovo la conferma che le parole sono solo parole. E che la verità, nel caso di Regeni, non interessa più di tanto, forse solo per commuovere un po’.
Del resto in quanto a violenze e torture la stessa Italia non ha certo storie passate del tutto limpide o edificanti. Bastano due esempi: il primo nel 2001 quando alla caserma Bolzaneto a Genova centinaia di giovani furono letteralmente torturati per giorni e giorni; il secondo nel 2003 quando agenti della CIA con la complicità dei nostri servizi rapirono a Milano e trasferirono in Egitto (guarda caso!) l’imam Abu Omar, anche lui poi torturato e seviziato. Due esempi che all’Italia sono costati la condanna da parte di Strasburgo. Mi chiedo: forse per questo, per questa nostra incapacità di riconoscere i nostri torti, che non si riesce ad approvare la legge contro la tortura? Anche noi come il famigerato Kurtz di “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad dovremmo aspettare la morte per renderci conto dell’orrore?