28 ottobre 1886 – Il suo nome in origine era “La Libertà che illumina il mondo”, e con questo appellativo viene inaugurata sull’isolotto di fronte all’isola di Manhattan quella che oggi chiamiamo più semplicemente Statua della Libertà.
Sbaglieremmo però a considerarla una semplice struttura imponente. Essa è molto di più: simbolo di libertà e speranza di un intero Paese e non solo, ma di chiunque nel corso della storia sia stato costretto a fuggire dalla propria Terra per inseguire il cosiddetto “sogno americano”. Spiegato questo, non suona poi tanto strano che la storia di questa statua affondi le sue radici in Europa e, più precisamente, in Francia. Bisogna tornare indietro fino all’era napoleonica, quando il filosofo francese Édouard René de Laboulaye matura l’idea di un monumento capace di celebrare la libertà e la Repubblica in onore degli americani per il loro centenario dell’indipendenza.
L’idea del filosofo si sviluppa in un progetto che viene affidato all’architetto Frédéric Auguste Bartholdi in collaborazione con il famoso collega Gustave Eiffel, l’autore dell’omonima torre parigina. I due riescono nell’impresa di completare l’opera, servendosi di materiali adatti al trasporto, e così la statua salpa – suddivisa in blocchi per un totale di 1.883 casse – verso New York. Ci arriva, sana e salva, accompagnata dall’entusiasmo di tutti i newyorkesi e dei milioni di immigrati.
Occorrono due anni di lavoro, al termine dei quali chi alza gli occhi verso il cielo può ammirare la statua di una donna alta 46 metri vestita di una toga che reca nella mano destra una fiaccola – simbolo della fiamma eterna della libertà – e nella mano sinistra un libro con su scritta la data dell’Indipendenza: 4 luglio 1776.