Nella conferenza stampa tenutasi nella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, il Ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno Claudio De Vincenti ha fatto il bilancio di un anno di lavoro illustrando il rendiconto del suo operato per le regioni del Mezzogiorno e gli interventi che prenderanno il via nel corso del 2018.
Con semplici slides ha esposto le Innovazioni dei Patti per lo Sviluppo nel Mezzogiorno (investimenti pubblici per un totale di 28,7 miliardi di euro, tra risorse FESR e FSE) e il Fondo Sviluppo e Coesione (FSC). Tra questi spicca il regime di aiuto Resto al Sud, che a sole 24 ore dall’apertura dello sportello per la presentazione delle domande ha raccolto oltre 1600 richieste di contributo.
Ma andiamo per gradi: nel corso del 2017 gli interventi pubblici attivati nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) hanno raggiunto quota 28,7 miliardi di euro, di cui 19,9 miliardi relativi a progetti a valere sui fondi strutturali europei FESR e FSE e 8,8 miliardi per lavori in corso di esecuzione nell’ambito dei 15 Patti per il Sud.
«Questi Patti», ha sottolineato il ministro, «possono contare su risorse del FSC per oltre 13 miliardi di euro, che fanno da amalgama a una serie di altre fonti di finanziamento in un’unica programmazione, per un totale di oltre 40 miliardi di euro, senza dimenticare l’avanzamento del programma istituzionale di sviluppo per Taranto dove i lavori conclusi ammontano finora a 92 milioni di euro, mentre i lavori in esecuzione valgono 272 milioni».
Relativamente ai contratti istituzionali di sviluppo sulle infrastrutture di trasporto, dei 7,2 miliardi destinati, risultano già spesi 3,2 miliardi e sono stati stanziati ulteriori 4,9 miliardi. Una forte accelerazione è stata registrata a partire dal rafforzamento del credito di imposta per il Mezzogiorno, in vigore da marzo: 14mila le domande presentate, per una richiesta complessiva di 1,5 miliardi, che hanno attivato quasi 4 miliardi di investimenti. La precedente versione del bonus Sud aveva attivato la metà delle operazioni e mobilitato circa un quarto dell’investimento lordo.
Si può quindi asserire che la spesa certificata nel 2017 è stata pari a quasi 6 miliardi di euro, di cui 2,6 miliardi a valere sui fondi europei e 3,2 miliardi sul Fondo Sviluppo e Coesione.
Per quanto attiene, invece, le agevolazioni in programma nel 2018 troviamo subito Resto al Sud, seguito da altre 4 opportunità come le Zone economiche speciali (ZES), la Banca delle terre incolte, il Fondo Pmi per la crescita dimensionale delle imprese nel Mezzogiorno e riserva del 34%.
Nel caso di Resto al Sud, misura agevolativa di autoimprenditorialità per giovani dai 18 ai 35 anni, lo sportello per la presentazione delle domande si è aperto il 15 gennaio 2018 e nelle prime 24 ore Invitalia ha raccolto 1643 richieste di finanziamento.
Ma non finisce qui perchè a giorni è prevista anche la firma del decreto con i criteri per le Zone economiche speciali, cui dovrà seguire il Dpcm specifico per l’istituzione di ciascuna ZES proposta dalle Regioni, mentre Agenzia della Coesione e ANCI sono al lavoro sul manuale operativo per i Comuni per la banca delle terre agricole incolte.
In corso di costituzione da parte di Invitalia anche il Fondo per la crescita dimensionale delle imprese del Mezzogiorno, mentre De Vincenti punta al varo entro febbraio della direttiva che dovrebbe garantire al Sud una riserva minima del 34% della spesa ordinaria in conto capitale delle amministrazioni centrali.
Queste le iniziative di un Governo che in questi ultimi anni ha dedicato al Mezzogiorno importantissimi investimenti contribuendo anche a una crescita superiore a quella del resto del Paese. Ma tutto ciò non basta: se la ripresa indica elementi positivi nell’economia, che ne mostrano la resilienza alla crisi – secondo Svimez – «un biennio in cui lo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno è risultato superiore di quello del resto del Paese non è sicuramente sufficiente a disancorare il Sud da una spirale in cui si rincorrono bassi salari, bassa produttività (il prodotto per addetto è calato cumulativamente nel periodo 2008-2016 del -6% nel Mezzogiorno, del -4,6% nel resto del Paese), bassa competitività , ridotta accumulazione e in definitiva minor benessere».