Imbarazzo, dolore, rabbia, tenerezza: questi i sentimenti che accompagnano la visione del film di Edoardo De Angelis “Indivisibili”. Ne avevamo sentito parlare in occasione della 73ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia; più recentemente nell’edizione 2017 del David di Donatello per le molte candidature raccolte e per gli altrettanti premi attribuiti. Sebbene la produzione italiana non sia sterminata, il film ha fatto propria una tale messe di riconoscimenti da lasciar ben sperare. Le attese non sono andate deluse. (Candidature: miglior film, migliore regia, migliore attrice protagonista, migliore attore non protagonista, migliore autore della fotografia, migliore scenografia, miglior truccatore, miglior acconciatore, miglior montatore, miglior suono, migliori effetti digitali. Premi: migliore sceneggiatura originale – Nicola Guaglianone, Barbara Petronio, Edoardo De Angelis; migliore produttore – Attilio De Razza, Pierpaolo Verga; migliore attrice non protagonista – Antonia Truppo; migliore musicista – Enzo Avitabile; migliore canzone originale: “Abbi pietà di noi” testi e musica di Enzo Avitabile, interpretata da Enzo Avitabile, Angela e Marina Fontana; migliore costumista – Massimo Cantini Parrini).
Siamo a Castelvolturno. Viola e Dasy sono due gemelle siamesi diciottenni che con il loro repertorio di canzoni neomelodiche si esibiscono a battesimi, matrimoni, feste di paese. I loro compensi danno da vivere alla surreale famiglia composta da un padre poeta/musicista e manager delle ragazze, da una madre debole e dai trascorsi poco raccomandabili e da due improbabili zii, di cui uno particolarmente “devoto”. Le ragazze sembrano vivere con relativa serenità la loro particolarissima condizione, consapevoli di essere utilizzate come un “fenomeno da baraccone” ma, in fondo, gratificate dal grande successo “locale” presso ricchi malavitosi e “fedeli” di stravaganti processioni religiose, alle quali partecipano quasi fossero novelle sante.
Ma, quasi per caso Viola e Dasy scoprono di potersi dividere con un’operazione chirurgica neppure troppo complessa e costosa. Questa eventualità rompe il precario equilibrio che le circonda. La condizione fisica, i sentimenti, le aspettative e le speranze conquistano il centro della scena e della narrazione. Le parti si invertono: l’umanità delle ragazze affascina lo spettatore, mentre tutto ciò che le circonda, dalla famiglia al sacerdote/predicatore, dal produttore discografico all’ambiente, si mostra nella sua reale natura di “fenomeno da baraccone”.
I personaggi principali sono tratteggiati a tinte forti ma con grande maestria, senza mai scadere nel macchiettismo; in fondo sono persone sofferenti, dolenti, paradossalmente “vere”. Il padre, il sacerdote o lo stesso discografico, ad esempio, sono figure assolutamente “intollerabili” ma, nella loro miseria umana, risultano “comprensibili” e, addirittura, necessarie nel contesto di degrado sociale e ambientale narrato.
Ma la storia ruota in gran parte attorno alle sorelle siamesi. Le tematiche evocate sono pressocché infinite: il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, la condizione di gemelle e il tema del “doppio”, la contraddizione insanabile tra un legame indissolubile e la necessità di affermarsi individualmente, la scoperta della sessualità e il desiderio di amore, il riscatto sociale, e molte altre ancora.
Naturalmente non ogni passaggio è trattato con la stessa efficacia e, soprattutto nella seconda parte, si avverte qualche cedimento, ma nel complesso il film risulta avvincente e commovente. Ancora una volta, infine, colpisce la capacità degli artisti campani di analizzare la loro terra con durezza, senza sconti, talora indulgendo nella violenza o in particolari bizzarri e mostruosi; ma, allo stesso tempo, sanno comunicare come pochi altri la delicatezza dei sentimenti e l’amore per la terra d’origine. In definitiva, un film da non perdere.
Regia: Edoardo De Angelis
Anno: 2016
Paese: Italia
Durata: 100 minuti