Innovazione e responsabilità sociale nelle organizzazioni del settore socio-sanitario – seconda parte

Presentiamo di seguito la comunicazione di Valerio Roberto Cavallucci al Convegno “Competenze e innovazione del sistema socio sanitario: risultati dell’esperienza, prospettive e proposte” tenutosi a Pescara presso la Sala Flaiano dell’Ex Aurum il 17 luglio 2015. Il Convegno costituisce l’Evento finale del progetto Competenze ITC per professionisti della disabilità promosso dalla Regione Abruzzo nell’ambito del PO FSE Abruzzo 2007/2013 e attuati dall’Associazione Temporanea di Scopo composta da Nexus srl ed Evolvo srl. (leggi la prima parte)

Perché affrontare il tema della responsabilità sociale delle imprese e delle organizzazioni proprio nel settore socio-sanitario? Quali i motivi e quale l’urgenza? A me pare ci siano almeno tre buoni motivi perché la RSI trovi ascolto e spazio nel lavoro sociosanitario.

Il primo motivo attiene alla natura delle imprese e delle organizzazioni del settore: molte strutture pubbliche, altrettante cooperative sociali, un numero più limitato ma comunque importante di imprese private. A questo punto mi sembra ci sia un luogo comune da sfatare. Secondo alcuni, infatti, la natura pubblica dell’organizzazione e la caratteristica non lucrativa della stessa – elementi questi che possono presentarsi disgiuntamente ovvero coesistere in un unico soggetto – non rendono necessario dar conto/misurare il proprio operato. Eppure non è così! La natura pubblica non garantisce per se stessa coerenza tra mission e comportamenti, tra obiettivi e performance. Al contrario la natura pubblica dovrebbe implicare maggiore trasparenza, rigore, “disinteresse” e, quindi, minore resistenza a fare i conti in pubblico. Né questa responsabilità può essere elusa “neutralizzando” gli strumenti di rendicontazione sociale, trasformandoli surrettiziamente in “carte dei servizi” o in meri documenti di informazione. In altri termini, la responsabilità sociale ha senso solo se contribuisce a migliorare strategie e performance, per far crescere le comunità professionali, per migliorare la qualità dei servizi e delle relazioni con gli stakeholder. Per altro verso, forse le cooperative sociali più di altri soggetti hanno fatto proprio il tema della RSI. Tuttavia sia nel settore pubblico, sia nella cooperazione persiste l’alibi che natura pubblica e finalità non lucrativa rendano meno importante l’uso continuo e rigoroso dell’accountability, della rendicontazione sociale.

Il secondo motivo riguarda, banalmente, l’attualità. Pur volendo rifuggire ogni rischio di semplificazione e di generalizzazione, da qualche tempo assistiamo al preoccupante ripetersi di episodi di cattiva gestione e di corruzione sia in ambito sanitario che in ambito sociale, con effetti devastanti sulla credibilità degli operatori del settore nell’opinione pubblica. Eppure sia la sanità sia il sociale hanno assolutamente bisogno della piena fiducia degli utenti e questa si può preservare solo ponendo la massima attenzione alla reputazione di organizzazioni, imprese, persone. La reputazione non è questione di marketing o di immagine; è, piuttosto, questione di comunicazione, nell’accezione più alta del termine, sapendo che le più importanti dimensioni della comunicazione sono l’ascolto e la relazione. In questa direzione la RSI può dare un contributo determinante se viene presa sul serio, se diventa parte essenziale della strategia dell’organizzazione.

Il terzo motivo interessa il ruolo degli stakeholder e, in particolare, delle due principali comunità di riferimento, quella degli operatori e quella degli utenti. In tutte le attività i lavoratori rappresentano la prima ricchezza dell’azienda, ma nella sanità e nel sociale la qualità delle comunità professionali finisce con il coincidere con la qualità delle stesse prestazioni. Vale la pena sottolineare che in questi ambiti la struttura organizzativa è tendenzialmente “orizzontale”, favorisce la piena integrazione dei diversi profili professionali e stabilisce relazioni continue e collaborative tra diversi livelli di specializzazione e di responsabilità. Nello stesso tempo la qualità della relazione della comunità professionale con la comunità degli utenti/pazienti rappresenta un elemento costitutivo della presa in carico, dello stesso percorso di cura. Se nell’ambito del consumo responsabile si sta affermando la figura del consum/attore, per quale motivo non dovrebbe accadere un’analoga trasformazione negli ambiti sociale e sanitario, esaltando il ruolo attivo del paziente e dell’utente nel percorso di cura e di assistenza? Anzi si può certamente affermare che nelle strategie individuali di presa in carico e di cura questa acquisizione culturale si è già consolidata. Non altrettanto può dirsi nella definizione delle strategie organizzative dove permangono schematismi e rigidità. Ebbene, la responsabilità sociale può contribuire ad esaltare il ruolo delle comunità professionali e delle comunità di utenti, in un processo sempre aperto di confronto, di apprendimento, di miglioramento dei comportamenti individuali e collettivi.

In conclusione, si tratta di misurare sempre e comunque le proprie performance, di migliorare la propria reputazione, di costruire comunità in continuo apprendimento. A me sembrano tre buoni motivi per lavorare sul tema della responsabilità e della rendicontazione sociale; spero che anche voi siate dello stesso avviso.

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Valerio Roberto Cavallucci