Per quanto la situazione sia migliorata negli ultimi anni, l’Italia continua ad essere la maglia nera d’Europa quanto a decessi per inquinamento. A ribadire questa triste tendenza è stato il rapporto sulla qualità dell’aria presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile insieme ad Enea e Ferrovie.
Sono 90.000 le morti premature, vale a dire 1500 decessi per milione di abitanti al cospetto dei 1100 della Germania, degli 800 di Francia e Gran Bretagna e dei 600 della Spagna. Un gap decisamente troppo ampio che punta il dito in primis contro l’aria pessima che si respira nelle zone della Pianura Padana, ma non trascura di ricordare che in aree metropolitane come Roma, Napoli, Firenze, Taranto e in diverse zone della Sicilia si respira morte. La responsabilità è certamente da attribuirsi all’inquinamento dei motori ma allo stesso tempo non sono da meno i danni causati dall’industria e dal riscaldamento delle case.
Stiamo parlando di un problema italiano e globale: l’Agenzia Europea dell’Ambiente in Europa stima annualmente 500.000 decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico. Un’enormità che tra le altre cose pesa sul Pil europeo in una percentuale compresa tra il 2 e il 6 per cento. Il punto è che l’Italia è enormemente indietro rispetto a queste cifre già scoraggianti, preda di alte concentrazioni di PM2,5 e polveri sottili fini, così come anche per la concentrazione del biossido di azoto e dell’ozono. Continuiamo a mostrare un andamento negativo quanto a inquinamento e non si segnalano riprese, mentre il 2030 si avvicina e di conseguenza anche l’adempimento ai 17 punti dello sviluppo sostenibile.
Se il traffico stradale continua ad essere il problema principale, i dati del rapporto ci spiegano però che le altre fonti di inquinamento – spesso sottovalutate – sono in realtà un problema serissimo. Nel periodo compreso tra il 1990 e il 2015, basti pensare, il legno utilizzato per i consumi energetici per le abitazioni ha avuto un’impennata clamorosa, dal 13% al 25% con enormi concentrazioni di biomassa legnosa. Il riscaldamento tradizionale (caminetti aperti e stufe manuali) è responsabile del 90% delle emissioni di particolato del settore, contro il 9% di emissioni derivanti da tecnologie diverse come stufe a pellet, caminetti chiusi e stufe a ricarica automatica.
Le soluzioni proposte dal rapporto mirano al cuore del problema. Serve una strategia nazionale per pulire l’aria e per farlo occorre in primo luogo limitare l’uso delle auto private in città, delineare un piano efficace sulle politiche energetiche e, soprattutto, incentivare il trasporto pubblico e condiviso. Ma non basta: è urgente anche reperire fondi per la ricerca e il monitoraggio, riqualificare strutture sia pubbliche che private, intervenire per limitare le biomasse per il riscaldamento domestico, aiutare le industrie a dotarsi di tecnologie meno inquinanti.