Speravamo di non dover mai più sentir parlare di camere a gas. E invece è proprio dalla Germania che è arrivata una notizia che in questi giorni ha scioccato l’Europa intera: animali e persone sarebbero state utilizzate come cavie umane per testare i gas di scarico delle auto diesel dei colossi tedeschi, come Volkswagen, Bmw e Daimler.
Certo, il paragone con i campi di concentramento forse è un po’ troppo duro e irrispettoso nei confronti di chi settant’anni fa non aveva scelto affatto di entrare in quelle camere a gas. E soprattutto, a differenza delle cavie umane, non era più uscito da quell’inferno. Così come le motivazioni in questo caso non fanno appello alla volontà di “ripulire” la razza.
Ma anche in questo caso, il fine non giustifica i mezzi utilizzati. L’obiettivo ufficiale dei test sarebbe stato quello di esaminare e documentare l’impatto dei trasporti sulle persone e sull’ambiente senza pregiudizi, ma in molti ritengono che gli esperimenti fossero volti a promuovere l’idea del “diesel pulito”.
Una pura manovra di marketing, dunque, avrebbe giustificato l’intossicazione volontaria di scimmiette e di persone che hanno scelto di sottoporsi a quei test, sicuramente pericolosi per la salute, per motivi economici.
Angela Merkel ha condannato gli esperimenti affermando che “questi test sugli animali e perfino sulle persone non trovano alcuna giustificazione sul piano etico. L’indignazione di tante persone è assolutamente comprensibile”. Come darle torto. Leggere che venticinque cavie umane, sane, sono state sottoposte a dei controlli presso la clinica universitaria di Aquisgrana dopo che avevano respirato biossido di azoto per tre ore al giorno per quattro settimane consecutive, fa decisamente rabbrividire. Così come offende, leggere che le scimmiette venivano distratte davanti ai cartoni animati.
Ma lasciamo da parte per un attimo questo vergognoso episodio per andare un po’ più il là con la riflessione. Cosa succede nel resto d’Europa, a cominciare dall’Italia, dove presumiamo che non esista alcun esperimento simile? Accade esattamente la stessa cosa, solo in maniera più ampia e collettiva, e per giunta senza alcun rimborso spese.
Mi riferisco al fatto che le nostre città sono sempre più inquinate, lo smog ci attanaglia e basta affidarsi alla cronaca delle ultime ore per capire che viviamo in un mondo dove veniamo avvelenati costantemente, e in silenzio, ogni giorno.
“La Commissione europea ha lanciato un ultimatum per sollecitare interventi contro l’eccessivo inquinamento dell’aria ai governi di Italia, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Dovranno presentare a Bruxelles piani con misure adeguate entro la settimana prossima, dopo non aver rispettato i ripetuti richiami comunitari sugli sfondamenti dei limiti massimi per molti anni”, scrive il Corriere della Sera, aggiungendo che: “La Commissione europea stima, a causa dell’eccessivo inquinamento atmosferico, circa 400 mila morti premature all’anno in Europa e numeri ancora più alti per le malattie respiratorie e cardiovascolari. Il costo per i servizi sanitari degli Stati è quantificato in una ventina di miliardi di euro annui”.
Se poi vogliamo analizzare la situazione nel nostro Paese, ci pensa Legambiente – con il suo ultimo rapporto Mal’aria 2018 – a ricordarci che nell’anno appena passato sono state “39 le città fuorilegge con livelli di inquinamento atmosferico da polveri sottili alle stelle”. Di queste, ben cinque hanno addirittura oltrepassato la soglia di 100 giorni di smog oltre i limiti: Torino guida la classifica con il record negativo di 112 giorni di livelli di inquinamento atmosferico oltre i limiti, seguita da Cremona, Alessandria, Padova, Pavia. E non se la passano bene neanche Asti, Milano, Venezia, Frosinone, Lodi e Vicenza.
Quello che, in fondo, ci raccontano questi numeri è che siamo un po’ tutti cavie umane: respiriamo aria inquinata tutti i giorni per tutto il giorno (e non tre ore al giorno per 4 settimane come nei test) e non c’è nessuno che davvero provi a fare qualcosa per fermare questo avvelenamento collettivo.
Riflettiamoci!
Il direttore
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