Le famiglie ricche praticano sempre più frequentemente l’investimento di impatto, ossia investimenti in imprese, organizzazioni e fondi che operano con l’obiettivo di generare un impatto sociale positivo e misurabile. A rilevarlo sono i dati dell’indagine “Impact networks and opportunities in advanced economies” realizzata da GIST – Global Impact Solutions Today e pubblicata dal Financial Times, che è stata condotta su 182 intervistati tra family offices e fondazioni di famiglia.
L’indagine da un parte conferma per il 2015 la tendenza rilevata negli anni precedenti ossia che la filantropia e l’investimento d’impatto sono sempre più importanti tra le famiglie ricche. Infatti, dalla ricerca risulta che più dell’80% del campione pratica l’una o l’altro o entrambi. Dall’altra parte invece rispetto agli anni passati si registrano due differenze sostanziali: uno spostamento dell’attenzione degli investitori verso le organizzazioni in fase di crescita e non più di startup e una crescita dell’importanza degli obiettivi sociali rispetto a quelli finanziari. Tuttavia la maggior parte degli investitori dichiara di avere ottenuto rendimenti positivi e non trascurabili (in media intorno al 5%).
Andando nel dettaglio dell’indagine è possibile notare che gli strumenti attraverso cui l’investimento d’impatto si realizza sono: fondi circa 60%, azioni circa 55% più 35% di strumenti ibridi o forme di debito circa 25%.
Per quanto concerne invece i temi d’investimento principali sono: l’istruzione (55%), l’energia e la tecnologia “verdi” (40%) e la salute (35%).
Nel nostro Paese non vi sono informazioni precise sul fenomeno tranne alcuni conosciuti esempi di famiglie che investono con un obiettivo sociale. Ma sono presenti alcuni operatori istituzionali che investono nel debito come Banca Prossima, la banca di Intesa Sanpaolo dedicata al nonprofit, oppure nel capitale di imprese sociali, intese in senso ampio, come fondi e fondazioni che praticano il venture capital sociale e la venture philanthropy.