di Francesco Lo Piccolo.
A pochi giorni dall’8 marzo, la giornata che celebra le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, si scopre che per molti i diritti delle donne in realtà sono solo parole “a buon mercato”, di quelle che servono a imbrogliare e distorcere i fatti. E che spesso i paladini delle libertà in realtà sono paladini solo della propria. E che dei diritti dell’altro, in questo caso della donna, non importa un bel nulla.
Questo mi sembra che emerga con chiarezza dalla levata di scudi sorta all’indomani della decisione dell’ospedale San Camillo di Roma di assumere due medici non obiettori di coscienza e garantire così l’applicazione del servizio di interruzione volontaria della gravidanza ai sensi della legge 194 del 1978. “Una forzatura abortista” l’ha definita il cardinale Ruini; “una discriminazione e violazione dei diritti dei medici che si professano obiettori” ha detto il presidente dell’Ordine dei medici del Lazio. Ma le cose non stanno affatto così: al cardinale Ruini mi permetterei di ricordare che la 194 non è affatto una legge a favore dell’aborto ma al contrario una legge per limitare l’aborto perché è ammesso solo entro i primi i 90 giorni e di fronte a seri pericoli per la salute fisica o psichica della donna o in previsione di anomalie o malformazioni del concepito; e al presidente dell’Ordine dei medici direi semplicemente che in Italia circa sette ginecologi su dieci non effettuano interruzioni volontarie di gravidanza richiamandosi all’obiezione di coscienza. Chi sono dunque i discriminati?
Ho recuperato un’inchiesta dell’Espresso del 2012, firmata da Maria Novella De Luca: scrive di ospedali dove ci sono cartelli con scritto “Qui non si effettuano più Ivg”, di reparti chiusi, di medici che cacciano donne che chiedono aiuto, di donne che respinte dalle istituzioni tornano al silenzio e al segreto, come quarant’anni fa. E alcune muoiono, altre diventano sterili. Ventimila gli aborti illegali calcolati dal ministero della Sanità con stime mai più aggiornate dal 2008, quarantamila, forse cinquantamila quelli reali. Settantacinquemila gli aborti spontanei nel 2011 dichiarati dall’Istat, ma un terzo di questi frutto probabilmente di interventi “casalinghi” finiti male.
Ma ho fatto altre veloci ricerche. E ho scoperto che sono obiettori (oltre a un buon ottanta per cento di medici) anche il 48,4% degli anestesisti e il 45,8% del personale non medico. E che nel Regno Unito gli obiettori sono il 10% e in Francia il 7%. E che nei consultori ci sono medici obiettori che evitano di parlare con la donna che ha deciso di abortire e non rilasciano la certificazione prevista dalla 194; e che si rifiutano di prescrivere la contraccezione di emergenza (pillola del giorno dopo o dei 5 giorni dopo, la stessa che in Germania o negli Stati Uniti si acquista senza ricetta), o addirittura che fanno resistenza anche nel prescrivere la normale contraccezione ormonale e di inserire la spirale.
Certo diritti sacrosanti quelli di chi si professa obiettore di coscienza, ma i diritti delle donne contano forse meno? E la legge 194 non è forse una legge dello Stato e che va applicata e non affossata?
Davvero a pochi giorni dall’8 marzo mi viene solo da pensare che per i tanti Ruini fioriti in questi anni bui la data dell’8 marzo è solo una festa commerciale e non un giorno che celebra i diritti che hanno le donne.