Mancano poche settimane al referendum del 17 aprile sulla possibile abrogazione della norma che consente a coloro che hanno ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.
Felicità Pubblica ha già illustrato le posizioni in campo (leggi l’articolo) ma sembra opportuno tornare ancora sul tema, alla ricerca di posizioni forse meno connotate dal punto di vista politico di quelle espresse dai diversi comitati, ma che possano aiutarci a riflettere e scegliere consapevolmente.
Vorremmo partire, in questo breve itinerario, dalla Chiesa cattolica. Senza dubbio la posizione “ufficiale” della Chiesa, se così si può dire, è contenuta nel comunicato finale del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana che si è tenuto a Genova dal 14 al 16 marzo 2016. “Infine, l’attenzione all’aspetto sociale ha portato i Vescovi a confrontarsi anche sulla questione ambientale e, in particolare, sulla tematica delle trivelle – ossia se consentire o meno agli impianti già esistenti entro la fascia costiera di continuare la coltivazione di petrolio e metano fino all’esaurimento del giacimento, anche oltre la scadenza della concessioni – concordando circa l’importanza che essa sia dibattuta nelle comunità per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco”. Un punto di riferimento certo per le scelte dei cattolici, ossia la recente enciclica Laudato si’, e un metodo di lavoro per giungere a soluzioni appropriate: il dibattito nelle comunità.
Questa posizione è stata ulteriormente chiarita da monsignor Nunzio Galantino, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana.
Nel merito Galantino ha sostenuto che “il problema va affrontato alla luce non solo di quello che dice il Papa ma anche di quello che è stato lungamente discusso dalla Chiesa”. In altri termini papa Francesco ha solo esplicitato e reso ancor più incisive posizioni che sono maturate nel tempo, quanto meno a partire dal magistero di Paolo VI.
Quanto al metodo il Segretario generale della CEI afferma che è necessario approfondire insieme la questione, “non fermarsi al sì o al no, perché manca un sufficiente coinvolgimento delle persone. (…) Gli slogan non funzionano. Bisogna piuttosto coinvolgere la gente a interessarsi alla questione. (…) Il punto, quindi, non è dichiararsi pro o contro alle trivelle, ma l’invito a creare spazi di incontro, di confronto”. E ancora: “Bisogna coinvolgere la gente a interessarsi di più a queste realtà, creando spunti di incontro e confronto su temi che sono di straordinaria importanza”. “Spesso le persone sono state informate a posteriori” e “in Italia manca la capacità di coinvolgere le persone e di stare insieme non per ‘contarci’, ma per capire”.
Si può cogliere, in queste parole, una duplice indicazione: da un lato l’invito esplicito al confronto, all’approfondimento, alla crescita di “un’opinione pubblica informata” in grado di mettere da parte semplificazioni e strumentalizzazioni; dall’altro sembra farsi strada anche l’auspicio di un confronto più intenso, in primo luogo nella comunità dei credenti ma di certo anche nella comunità civile, di cui tutti siamo parte. Forse, la richiesta più pressante è orientata “a costruire comunità”, a prendersi responsabilità comuni per non “dilapidare la terra, l’aria, l’ambiente”, ad assumere decisioni consapevoli solo in funzione del bene comune.
La questione assume un valore assolutamente centrale perché “non si tratta del solo problema delle trivelle, domani ci sarà quello del nucleare, poi altri ancora“.
Ma la posizione “ufficiale” diventa più radicale in un interessante contributo di Paolo Viana, pubblicato su Avvenire il 18 marzo 2016 con il titolo Magistero ambientale, nuovi modelli di sviluppo. Trivelle in mare, la voce della Chiesa.
L’articolo si apre con una citazione dell’enciclica Laudato si’: “Sappiamo che la tecnologia basata sui combustibili fossili deve essere sostituita progressivamente e senza indugio…». Viana sostiene che “basterebbero queste parole (…) per comprendere come mai la Chiesa, in vista del referendum del 17 aprile, si trovi schierata sulle posizioni dei comitati «No triv». La difesa di ‘nostra matre Terra’ è tutt’uno con la condanna dell’economia che ‘uccide’ della Evangelii gaudium. Non è la prima volta che dal magistero sociale della Chiesa discendono delle scelte politiche, ma il messaggio ambientale di Bergoglio – che si innesta sulla tradizione francescana così come è debitore di Paolo VI – travalica la battaglia referendaria. Anzi, è proprio la sua gittata a renderlo indigesto agli ambienti politici ed economici che hanno legato allo sfruttamento degli idrocarburi la strategia energetica nazionale”.
L’analisi di Viana prosegue chiarendo come l’attuale posizione della Chiesa a difesa del creato non discenda solo dalla dottrina ma anche dall’esperienza concreta delle chiese locali e dal loro impegno diretto sui territori. A proposito vengono ricordate le prese di posizione della Conferenza Episcopale dell’Abruzzo e del Molise dal 2008 in avanti. Infine il giornalista si sofferma a lungo nell’analisi di alcuni contributi di Monsignor Bruno Forte, teologo e arcivescovo di Chieti- Vasto.
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