Aaa cercasi artisti da tutto il mondo per far tornare a vivere la Fabbrica Alta di Schio, in provincia di Vicenza. Questo gigante, realizzato nel 1862 su progetto dell’architetto belga Auguste Vivroux, un tempo era un opificio e rappresenta uno dei simboli dell’industrializzazione italiana. Ma oggi lo stabilimento, che per anni è stato abbandonato, è pronto a tornare a vivere grazie all’innovativo progetto “Deus Ex Fabrica”. Sta giungendo alla sua fase conclusiva, infatti, il percorso di rigenerazione culturale e urbana “FabricAltra”, promosso dal Comune di Schio insieme alla Fondazione Teatro Civico di Schio, con il coordinamento scientifico del Laboratorio di management dell’arte e della cultura dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
L’iniziativa, ideata e curata dal collettivo di artisti professionisti D20, prevede il coinvolgimento di artisti digitali, multimediali, sound artists, compositori provenienti da tutto il mondo affinché, con la loro creatività e tramite i linguaggi dell’arte e le tecnologie digitali, possano tornare ad “accendere” la fabbrica di Schio.
«La Fabbrica Alta di Schio – luogo simbolo della città e del lavoro in questo territorio – diventa così un grande strumento da suonare e far risuonare», spiegano i promotori del progetto, «una pagina da disegnare e dipingere. E le sue “reazioni”, come per un organismo vivente, saranno imprevedibili e sorprendenti: allegra, triste, divertita o divertente, comunque sempre disposta e in attesa di entrare in comunicazione, di essere nuovamente viva e “vicina” alla città e a chi la vorrà ascoltare e guardare».
A tal proposito, fino al 10 febbraio 2018, è stata aperta una call (http://fabricaltra.it/deus_ex_fabrica/; in inglese: http://fabricaltra.it/deus-ex-fabrica-eng/#project) che propone una settimana di residenza online per ogni artista selezionato (oltre a un premio di 200 €). Da febbraio al 21 marzo è previsto un calendario di “sperimentazioni” che vedrà ciascuno dei nove artisti scelti interagire per una settimana da remoto con la struttura: una sofisticata piattaforma tecnologica permetterà loro di creare composizioni uniche e site-specific. Gli artisti potranno dunque interpretare i dati provenienti da sensori posizionati ad hoc, generare visuals sul ledwall della facciata della costruzione e processare in tempo reale il suono di un carillon meccanico azionato tramite computer.
Utilizzando materiali reperiti nelle stanze abbandonate del fabbricato, il collettivo D20 ha costruito infatti una macchina del suono, con martelli che percuotono pezzi di telaio, bracci meccanici che sfregano lamiere, martelletti che picchiettano vecchi trofei ritrovati negli uffici. Inoltre un archivio di suoni, nuovi e di repertorio, catturati e digitalizzati (dei vecchi telai, del lavoro quotidiano nella fabbrica,…) potranno essere usati e manipolati dai compositori come una tavolozza “musicale”. Allo stesso modo, la facciata della fabbrica diventerà un enorme schermo di luci e colori, i cui effetti saranno resi visibili all’artista, durante la sua sperimentazione a distanza, grazie a una webcam puntata sull’edificio.
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