La sharing economy sta vivendo un periodo di grande boom. E’ quanto emerge in questi giorni a Milano dove è in corso Sharitaly, il principale festival italiano dedicato all’economia collaborativa e giunto quest’anno alla sua quarta edizione.
In particolare a fotografare la crescita di questa nuova e innovativa forma di economia sono due studi presentati proprio in occasione della manifestazione milanese: “Mappatura delle piattaforme collaborative” e “Report sulle piattaforme di crowdfunding“. Entrambi i documenti sono stati curati da Marta Mainieri di Collaboriamo e Ivana Pais dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
La buona notizia che ne emerge è che la sharing economy non solo cresce, ma è sempre più alto il numero dei mercati in grado di coglierne la potenzialità. Se in un primo momento, infatti, l’economia della collaborazione era particolarmente diffusa soprattutto nei settori dei trasporti e dell’ospitalità, oggi abbraccia anche il turismo, il welfare, la finanza, la cultura, il lavoro e perfino la scienza.
Quanto ai numeri, nel 2016 le piattaforme italiane di sharing economy (comprese quelle internazionali con sede in Italia) sono arrivate a quota 138, mentre sono 68 quelle di crowdfunding. Rispetto alle 187 complessive del 2015, l’incremento è del 10%.
A mantenere la testa della classifica sono ancora quelle relative ai trasporti (il 18%), seguite da quelle dedicate ai servizi alla persona (16,6%), ai servizi alle imprese (8,7%), alla cultura (9,4%), mentre rimane sostanzialmente invariato il settore del turismo (12%). Nonostante l’incremento dell’offerta, emerge inoltre che la domanda ha ancora molti margini di crescita. Il 51% delle piattaforme di sharing conta, infatti, un numero di utenti inferiore a 5mila. In compenso, l’11% ne registra però oltre 100mila, un numero che inizia a permettere alle piattaforme di innescare circoli virtuosi.
Discorso simile va fatto per le piattaforme di crowdfunding: il 49% ha un numero di donatori inferiore a 500 mentre appena il 9% supera i 50mila. Eppure un sensibile aumento c’è stato rispetto al 2015 quando il 20% delle piattaforme sharing raggiungeva più di 30mila utenti, contrariamente ad oggi che sono il 31%. Nel 2015 solo il 35% delle piattaforme di crowdfunding, inoltre, raggiungeva più di 1.000 finanziatori/donatori, mentre adesso si arriva all’82%. Mediamente, gli utenti utilizzano le piattaforme sharing per l’83% via internet e per il 17% via app; le piattaforme crowd per il 91% via internet e per il 9% via app.
«Quello che stiamo osservando è che i processi collaborativi si stanno diffondendo con velocità e maturità differenti nei diversi mercati», spiega Marta Mainieri di Collaboriamo. «A partire dai settori più consolidati come il turismo e i trasporti, si sta verificando un progressivo allargamento della sharing economy verso nuove aree potenziali di business, che includono servizi alle imprese e alle persone, ma anche finanzia, cultura, abitare collaborativo».
A confermare l’importanza della sharing economy è anche Ivana Pais dell’Università Cattolica di Milano. «L’economia collaborativa non è un settore o un modello di business, è un approccio che mette in discussione i rapporti consolidati tra economia e società», aggiunge. «In questo momento le piattaforme italiane sono ancora immature ma mostrano una forte attenzione alla dimensione relazionale. E le nostre ricerche hanno permesso di indagare le specificità dei casi di successo, dove l’utilizzo delle piattaforme rafforza il capitale sociale degli utenti».