Una ragazza come tante, 16 anni e un sogno nel cassetto da realizzare: diventare una grande batterista. Forse ne conoscerete tanti di giovani che studiano musica a questo scopo, ma questa è una storia diversa alla quale non siete abituati. Lei infatti si chiama Nana Ashour e non vive né in Italia né negli Stati Uniti ma a Gaza, dove sapete che infuria una guerra dalla notte dei tempi. Una passione, quella per la musica, nata in Egitto dove la ragazza ha vissuto fino al 2014. Qui ha avuto la possibilità di formarsi, studiare e condividere la sua passione con i coetanei, fino al trasferimento, l’anno successivo, a Gaza dove era ormai determinata a portare avanti il suo sogno che è qualcosa che si sceglie fino a un certo punto. In certi casi non è infatti perfettamente chiaro se sia la persona a inseguire il sogno o viceversa. Ma comunque.
Gaza non era esattamente l’Egitto per Nana Ashour, la Palestina è luogo di fanatismo religioso, vallo a spiegare a una sedicenne che non vuol far nulla di male se non suonare. La comunità che avrebbe dovuto sostenerla l’ha abbandonata in men che non si dica: “Andasse a imparare piuttosto le tradizioni islamiche nelle apposite scuole per donne, che cosa ridicola la musica!”.
C’è una parola, nell’Islam, che è più di un muro e di una cortina di ferro, è un comandamento al quale non è possibile disubbidire. Questa parola è haram e significa semplicemente proibito alle ragazze. Suonare la batteria a Gaza per Nana Ashour era haram.
Tuttavia il mondo è luogo che stupisce, sempre, perché dentro ci vive gente coraggiosa e forse queste perle sono la catena che lo fanno funzionare e lo tengono in vita nonostante tutto. La prima perla incontrata dalla ragazza è stata Fares Anbar, insegnante di musica di 22 anni. Non si ceda mai alla tentazione di credere che nei posti più sfortunati del Pianeta non esistano genitori capaci di amare i propri figli dando loro la possibilità di coltivare i sogni; anche a Gaza esistono questi eroi silenziosi. In quanto adulti sanno aggirare gli ostacoli. E allora discrezione, niente foto o video o concerti dal vivo.
Per Nana una sfortuna e una fortuna, tra l’altro: la sfortuna di suonare le percussioni – sarebbe stato più semplice si fosse trattato di chitarra o violino o pianoforte – e la fortuna di poter contare su genitori che hanno affrontato le critiche della comunità con un sorriso. Tra tutte, per prima, la madre di cui Nana Ashour ha detto: «È insolito per dei genitori di Gaza permettere alla loro figlia di imparare a suonare la batteria o andare da sola in una scuola di musica, ma i miei genitori si fidano di me e apprezzo il loro modo unico di educarmi».
Quali montagne possa scalare la fiducia che ci viene donata è presto detto: Gaza non è New York, non puoi andare in un negozio e comprare tutti i materiali che ti servono e se anche li trovi, i prezzi sono altissimi. Però esiste una cosa che non si può comprare, o ce l’hai o non ce l’hai, ed è la creatività. Così Nana si è guardata intorno e vasi, cucchiai di legno, pentole e padelle sono diventati i suoi strumenti. E si è auto-prodotta.
Non ha ancora realizzato il suo grande sogno, salire su un palco, ma ha fatto qualcosa di incredibile per una sedicenne di Gaza: ha diffuso in rete, da febbraio, un video che è diventato virale e l’ha fatta conoscere a mezzo mondo. La prima ragazza batterista in assoluto a Gaza.
Fatto, questo, che ha spronato altre adolescenti a seguire le sue orme. Il che è come dire che il coraggio si impara, la cultura si diffonde, i muri che non possono essere abbattuti oggi possono quanto meno essere scalfiti e la musica, comunque, dei muri se ne è sempre fregata, ci passa sopra come fa il vento, se è forte.
Quindi, dicevamo, dopo la pubblicazione sui social network del video di Nana, più di quindici ragazze si sono iscritte alla stessa scuola della protagonista della nostra storia vera e, udite udite, ben 4 di loro hanno scelto le percussioni.