Nel nostro Paese sono circa 524 le realtà del volontariato, dell’associazionismo, del mondo religioso, delle associazioni e delle cooperative sociali impegnate in progetti di riutilizzo di beni immobili, appartamenti, ville e terreni confiscati alla mafia. La Lombardia è la regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie. A rilevarlo è la ricerca “BeneItalia. Economia, welfare, cultura, etica: la generazione di valori nell’uso sociale dei beni confiscati alle mafie” realizzata da Libera e dalla Fondazione Charlemagne Italia onlus, presentata ieri a Roma.
L’indagine è partita dalle esperienze delle realtà del privato sociale che insieme agli enti pubblici gestiscono attualmente i beni confiscati e finalizzati al riutilizzo sociale. Essa nasce con l’intento di censire le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati presenti in Italia; definirne iter burocratico e amministrativo, risorse impegnate ed esigenze; valutarne la capacità di generare valori in termini di ore di volontariato, occupazione creata, servizi resi alla comunità, attività educative e di formazione.
Andando nello specifico della ricerca si legge che il maggior numero delle realtà sociali impegnate in progetti di riutilizzo è rappresentato da associazioni di varia tipologia (284) e cooperative sociali (131) che gestiscono per lo più appartamenti (167) e ville (115). La regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie è la Lombardia con 124 soggetti gestori, segue la Sicilia con 116, la Campania con 78 e la Calabria con 77. Diversi sono i fattori che hanno contribuito alla realizzazione e alla diffusione di queste esperienze quali: progettazione condivisa, trasparenza, volontariato, responsabilità sociale d’impresa e attività di fundraising.
Inoltre, nella seconda fase dell’indagine è stato somministrato ai soggetti gestori un questionario online dal quale è emerso un altro dato importante a proposito dello stato delle condizioni strutturali in cui il bene è stato trasferito alle associazioni: nel 69% dei casi il bene arriva alla fase di riutilizzo in cattivo stato a causa della lunghezza dell’iter tra il sequestro e l’effettivo recupero, per il quale passano circa 10 anni.
Infine, riguardo al tema del capitale umano mobilitato attorno alle esperienze di riutilizzo sociale, la ricerca evidenzia che su un campione autogenerato di 70 soggetti gestori, i numeri parlano di 403 dipendenti, 1421 volontari e 25.368 beneficiari. Le attività principali concernono il volontariato e il Terzo settore (51), l’educazione alla cittadinanza (41), la promozione culturale (38) e il contrasto al disagio sociale (30).