“La monnezza è oro, dottò”. E’ passato un quarto di secolo da quando Nunzio Perrella, primo boss di camorra pentito a raccontare i traffici illeciti di rifiuti, pronunciò questa frase ai pm. Poche parole che racchiudevano, però, tutta l’importanza ricoperta dal business dei rifiuti per le organizzazioni criminali.
Dopo tanti anni, purtroppo, la gestione dei rifiuti in Italia resta ancora in molte parti dello Stivale un’emergenza sulla quale fare soldi “facili”, o almeno provarci, per chi ha fatto dell’illegalità il proprio stile di vita e la propria fonte di guadagno.
Il problema è all’ordine del giorno, soprattutto dopo il rogo che nei giorni scorsi ha avvolto un capannone abbandonato, almeno sulla carta, in cui negli ultimi mesi erano stati stoccati rifiuti in maniera illegale a Corteolona, nel pavese. I rilievi degli organismi competenti hanno subito messo in luce un livello molto alto di diossine sprigionate nell’aria a causa delle fiamme e dell’alta colonna di fumo nero che si è innalzata dal capannone distrutto, costringendo i sindaci della zona a invitare i cittadini a non uscire di casa e a rivolgersi immediatamente ai medici in caso di difficoltà respiratorie.
Ad andare a fuoco è stata, dunque, una delle tante discariche abusive presenti in Lombardia, sulle quali le inchieste delle Dda hanno svelato a più riprese gli interessi della criminalità organizzata. Tra i casi più recenti ed egualmente poco chiari: quello del 5 settembre scorso, quando andò a fuoco lo stabilimento della ditta “Eredi Bertè” a Mortara, quello del 25 luglio a Bruzzano, a Milano, e quello di ottobre a Cinisello Balsamo (Milano).
Appena pochi giorni dopo, un altro drammatico incendio è divampato all’interno di alcuni capannoni di un’azienda che opera nel settore del riciclo rifiuti, la Fg Riciclaggi di Cairo Montenotte, in provincia di Savona, generando anche in questo caso un “allarme nube tossica” e spingendo gli amministratori a emettere ordinanze di chiusura delle scuole. E anche in questo caso, c’è il sospetto che dietro le fiamme ci sia una matrice dolosa.
In tutti i casi, a farne le spese sono stati i cittadini, soprattutto i più indifesi come anziani, malati e bambini, costretti a respirare, loro malgrado, aria avvelenata da persone senza scrupoli. Ma indipendentemente dalle responsabilità dei singoli episodi, questi attentati contro l’ambiente e la salute umana si possono evitare?
Viene da pensare di sì se dopo che il guaio è successo spunta spesso la denuncia o la segnalazione di qualcuno – cittadini, giornalisti, amministratori, ecc – che aveva notato qualcosa di anomalo.
E’ il caso, ad esempio, del capannone di Corteolona dove i residenti avevano visto e segnalato uno strano via vai di camion che scaricavano rifiuti, al punto che la Forestale aveva installato anche delle telecamere di videosorveglianza per fare chiarezza nei mesi scorsi.
Ma come spesso accade la chiarezza anche in questo caso non è arrivata prima delle fiamme che hanno ridotto i rifiuti in una nube tossica, con buona pace dei residenti. Lungi da me il voler attaccare l’opera della magistratura che, come sappiamo, non può agire di “pancia” e deve necessariamente attendere che i tempi siano maturi prima di intervenire.
Ma probabilmente se le amministrazioni locali, con il prezioso ausilio delle polizie municipali, si prendessero la briga di controllare cosa viene stoccato (soprattutto illecitamente) sul proprio territorio, verificassero cosa accade nei capannoni abbandonati, mettessero davanti gli interessi delle future generazioni o più semplicemente perseguissero con più costanza anche i reati ambientali più “piccoli” – chi abbandona materassi o pneumatici in strade di campagna non è meno criminale degli altri – sarebbe già un primo passo, e l’ambiente e i cittadini ringrazierebbero.
Perché se la monnezza è oro, la salute di più!
Il direttore
Vignetta di copertina: Freccia.